Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Galatina/Lecce

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2009

III
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI LECCE

SEZIONE DISTACCATA DI GALATINA

in persona del Giudice Onorario Dott.ssa Merj Giuri ha pronunciato ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. la seguente


SENTENZA N. 4/09

nella causa civile iscritta al n. 73/C/2006 del ruolo generale del contenzioso civile delle cause dell'anno 2006, avente per oggetto "Anatocismo", trattata e passata in decisione all'udienza del 27.01.2009


TRA

MURCIANO EUGENIO , rappresentato e difeso dall'Avv. Antonio Tanza, mandato in atti

VIOLA ALESSANDRO, rappresentato e difeso dall'Avv. Antonio Tanza, mandato in atti

ATTORI


MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.a. in persona del legale rappresentante p.t. rappresentato e difeso dall'Avv. Francesco San Martino, mandato in atti


CONVENUTO




SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 22.03.2006, MURCIANO EUGENIO e VIOLA ALESSANDRO convenivano in giudizio - innanzi a questo Tribunale - il Monte dei Paschi di Siena Spa (di seguito MPS), per accertare e dichiarare la nullità della clausola relativa alla determinazione degli interessi convenzionali passivi in misura ultralegale, attraverso l'utilizzo del con il rinvio al cd. "uso piazza"; accertare e dichiarare la nullità della clausola relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi; dichiarare l'illegittimità degli addebiti per c.m.s., per cd. "giorni valuta, per commissioni e per spese non pattuiti; e per l'effetto condannare la banca convenuta, previa determinazione sulla base della documentazione acquisita - dell'esatto dare avere, alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate, oltre rivalutazione ed interessi legali.
Gli attori esponevano di aver concluso con il MPS, presso la filiale di Galatina un rapporto bancario consistente in apertura di credito con affidamento mediante scopertura su c/c n. 071260/26 regolato, fino alla sua estinzione, avvenuta il 31.10.2000 (con un saldo presunto per gli attori di euro "zero"), seguendo il criterio della capitalizzazione trimestrale delle competenze, in violazione del divieto di anatocismo, con l'applicazione della commissione di massimo scoperto, sempre per lo stesso periodo e con gli interessi determinati secondo "l'uso piazza" con conseguente indebito arricchimento dell'istituto di credito convenuto.
Si costituiva in giudizio il MPS, con comparsa del 13.07.2006, chiedendo il rigetto integrale delle domande formulate in citazione e la condanna degli attori alla rifusione delle spese di lite.
Nella prima udienza, verificata la regolare costituzione della parti, si concedevano i termini ex art. 183 c.p.c..
Con ordinanza resa fuori udienza del 05.06.07 veniva ammessa CTU contabile per la determinazione dell'esatto ammontare dei reciproci rapporti di dare avere.
All'udienza del 30.06.2008, ritenuta la causa matura per la decisione, si rinviava all'udienza del 26.11.2008 per la discussione orale con concessione alle parti di termine fino al 26.10.2008 per il deposito di note conclusionali e fino al 14.11.2008 per repliche.
Per ragioni d'ufficio l'udienza del 26.11.2008 veniva posticipata alla data odierna, in cui aveva luogo la discussione orale della causa, al termine della quale veniva emessa sentenza con lettura del dispositivo e della motivazione contestuale.


MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda attore è fondata e merita accoglimento nei termini di seguito indicati.

1) Infondatezza dell'eccezione di prescrizione.

Sul punto rileva sottolineare che il rapporto di c/c acceso dagli attori presso la banca è stato estinto il 31.10.2000, data da cui deve farsi decorrere il termine prescrizionale decennale. All'uopo si richiama l'orientamento della Suprema Corte a cui questo giudice ritiene di aderire (Cass., 2262/84; Cass. 4389/99; Cass. 465/96; Cass. 10127/05; Cass. 10692/07) il quale chiarisce che: "il momento iniziale del termine prescrizionale decennale per il reclamo delle somme indebitamente trattenute dalla banca a titolo di interessi decorre dalla chiusura definitiva del rapporto".

2) Inefficacia del saggio di interessi in misura ultralegali (clausola "uso piazza") utilizzata nel c/c n. 071260/26.

Come risulta dal contratto prodotto agli atti, al rapporto bancario oggetto del presente giudizio sono stati applicati interessi passivi il cui saggio è stato determinato facendo riferimento al cd. "uso piazza" (art. 7 del contratto datato 26.04.1990).
Nel merito va rilevata la fondatezza della nullità della suddetta clausola, secondo la quale gli interessi dovuti dal correntista all'azienda di credito, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni pratiche usualmente dalle aziende di credito sulla piazza.
Premesso che l'art. 4 della legge 154/92 ha introdotto il divieto di rinvio agli usi per la determinazione del saggio di interesse, occorre tuttavia affrontare il problema della validità di tale clausola ove rientri in contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 154/92, come lo è il contratto di conto corrente oggetto del presente giudizio.
In proposito va osservato che la giurisprudenza si è da tempo orientata nel senso di ritenere tali clausole nulle per contrasto con la previsione di cui all'art. 1346 c.c. poiché riferendosi genericamente agli interessi usualmente praticati su piazza non distinguono fra le varie categorie di essi e dunque non consentono di stabilire a quale previsione le parti abbiano in concreto inteso riferirsi (Cass. 1 2 2002 n. 1287; Cass. 18 4 2001 n. 5675; Cass. 19 7 2000 n. 9465; Cass. 8 5 1998 n. 4696; Cass. 23 6 1998 n. 6247; Cass. 9 12 1997 n. 12456; Cass. 10 11 1997 n. 11042; Cass. 29 11 1996 n. 10657).
Ragion per cui, sia prima che dopo l'entrata in vigore della L. n. 154/92, le clausole in oggetto devono considerarsi inefficaci, con la conseguenza che al contratto, privato della clausola nulla, si applicano gli interessi calcolati: a) ex art. 1284 c.c. fino all'entrata in vigore della L. n. 154/92 (ovvero fino al 8 7 1992); b) ex art. 5 L. n. 154/92 (e poi ex art. 117 L. n. 385/93) dopo l'entrata in vigore di tale legge.

3) Nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi per violazione dell'art. 1283 c.c.

In ordine alla questione della capitalizzazione degli interessi, merita condivisione l'orientamento da tempo espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la clausola di un contratto bancario che preveda la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente è invalida in quanto basata su di un uso negoziale e non su un uso normativo (difettando il requisito soggettivo dell'opinio iuris che non può formarsi in capo ad una sola parte dei consociati e cioè dei banchieri) come invece esige l'art. 1283 c.c.. Accertata la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale ex art. 1419 c.c., in luogo di quella, dovrà trovare applicazione quella annuale (cfr, Cass. S.U. 4 11 2004 n. 21095; Cass. 18 9 2003 n. 13739; Cass. 20 8 2003 n. 12222; Cass. 20 2 2003 n. 2593; Cass. 13 6 2002 n. 8442; Cass. 28 32002 n. 4498; Cass. 28 3 2002 n. 4490; Cass. 1 2 2002 n. 1281; Cass. 4 52001 n. 6263; Cass. 11 11 1999 n. 12507; Cass. 30 3 1999 n. 3096; Cass. 163 1999 n. 2374).
Indirizzo già da tempo seguito da questo Tribunale.

4) Illegittimità della commissione di massimo scoperto e spese non pattuite.

Con riguardo alla commissione di massimo scoperto ed alle spese non pattuite, le stesse non possono essere riconosciute in assenza di esplicita convenzione (Cass., 14.05.2005, n. 10127; Cass. n. 4095/2005). Sul punto, e dalla documentazione prodotta dalle parti, emerge che non vi è stata, tra la correntista e la banca, alcuna pattuizione. Pertanto correttamente il CTU le ha escluse dal suo conteggio allegato 6, pp. 29/allegato 2, p. 13 perizia);

5) Illegittimità dei giorni di valuta.

Lo stesso dicasi per i giorni di valuta, che come emerge dalla documentazione in atti la banca ha applicato in assenza di espressa pattuizione per ciò che concerne i criteri ed i parametri di calcolo. Gli stessi non possono, infatti essere computati, dovendosi ritenere precluso il ricorso alla arbitraria determinazione unilaterale da parte della banca (tra le altre Cass. 25.02.2005, n. 4095).

6) Sui tassi sostitutivi ex L. n. 154/1992.

Con riferimento ai tassi sostitutivi previsti dall'art. 5 della L. 154/1992 si condivide la tesi secondo la quale per il periodo successivo al 9/7/92 vadano applicati gli interessi sulla base dei criteri stabiliti, in ultimo, dall'art. 117 comma 7 lettera a D.Lgs. 385/93. In tal caso il tasso di riferimento dovrà essere quello relativo all'anno precedente all'entrata in vigore della legge (per i contratti conclusi prima di questa), ovvero quello relativo all'anno precedente alla data di stipulazione del contratto, se successivo.
Il tasso da applicare sarà quello nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive (intendendo per operazioni attive quelle che producono interessi a credito della banca), il tasso dei buoni del tesoro (minimo o massimo) dovrà essere applicato solo se più favorevole al correntista.

7) Con riferimento al calcolo del tasso effettivo globale trimestrale (TEG).

Il CTU nel calcolare il TEG ai fini della verifica dei cd. "tassi soglia" introdotti dalla L. 108/96, ha evidenziato solo un trimestre (dall'01.04.2000 al 30.06.2000) in cui vi sarebbe stato sforamento: la banca avrebbe infatti applicato il 20,576% a fronte di un tasso soglia del 14, 30%. Come tuttavia evidenziato dal CTP della Banca, il CTU ha commesso un errore materiale nel riportare i tassi debitori della banca, in quanto avrebbe indicato i tassi debitori del I e II semestre e non solo del II. Tale errore, che non veniva contestato da controparte, non ha comunque inciso sugli altri calcoli, avendo il CTU provveduto a fare dei conteggi separati per il TEG. Ragion per cui, preso atto dell'errore, si è ritenuto di non dover aggravare il processo di ulteriori spese con una integrazione della CTU, come richiesta dalla difesa della Banca.

Tenuto conto di ciò ed in virtù di quanto accertato dal CTU alla data del 31.10.2000 (data di chiusura del rapporto) il credito vantato dagli attori sul c/c n. 071260/26 era pari ad Euro 9.932,52, importo determinato dalla differenza tra:
- Euro 12.583,71 corrispondente al saldo movimenti in linea capitale a credito cliente con rettifica valute ed eliminazione delle competenza non pattuite (allegato 6, pp. 29/allegato 2, p. 13 perizia);
- Euro 2.651,19 (lire 5.133.418), ovvero gli interessi dovuti dal correntista alla banca e calcolati nella misura legale fino al 9/7/92 (data di entrata in vigore della legge 17/2/1992 n. 154 di cui gli artt. 4 e 5 sono confluiti negli artt. 117 e 118 TUB D.Lvo 385/93) e, successivamente, nella misura stabilita dall'att. 117 comma 7 lettera a D.Lgs. 385/93 (allegato 7, pag. 1 della perizia).
Tanto premesso la banca convenuta deve complessivamente agli attori la somma di euro 9.932,52 cui vanno aggiunti gli interessi semplici ulteriormente maturati dal 31.10.2000 al soddisfo.
La domanda va dunque accolta per quanto di ragione.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
Le spese per la CTU vanno poste definitivamente a carico della banca convenuta.


P.Q.M.

definitivamente pronunciando nel presente giudizio, ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così dispone:
1) in accoglimento alla domanda attorea, dichiara la nullità parziale del contratto di c/c n. 071260/26 acceso da MURCIANO EUGENIO e VIOLA ALESSANDRO presso il Monte dei Paschi di Siena spa in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, all'applicazione dell'interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, all'applicazione della provvigione di massimo scoperto e delle spese non pattuite;
2) dichiara che MURCIANO EUGENIO e VIOLA ALESSANDRO sono creditori nei confronti della banca convenuta della somma di Euro 9.932,52 computata alla data del 31.10.2000;
3) per l'effetto condanna la banca convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla restituzione di tale somma in favore dell'attrice, oltre interessi legali a decorrere dal 31.10.2000 e sino all'effettivo soddisfo.
4) condanna la banca convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla refusione delle spese di lite sostenute dall'attore che liquida in complessivi Euro 3.500,00 (di cui Euro 1200,00 per diritti ed Euro 2.400,00 per onorari), oltre spese generali, iva e cap come per legge, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario; oltre al rimborso per le spese della CTU eventualmente anticipate dall'attore.


Galatina, 27.01.2009


Il Giudice On. Dott.ssa Merj Giuri

IV

TRIBUNALE DI LECCE
Seconda sezione civile

SENTENZA n. 11/2009

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Lecce in persona del G.U. Dr.ssa Grazia Errede ha pronunciato la seguente


SENTENZA n. 11/09

Nella causa iscritta al n.4704/03 R.G. promossa da

A.SA.TAB. Associazione Salentina Tabacchicultori, corrente in Monteroni di Lecce, in persona del legale rappresentante pt., elettivamente domiciliata in Lecce presso lo studio dell'Avv. Antonio Tanza che la rappresenta e difende giusta procura in atti

Attrice

Contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA, con sede in Siena, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Lecce presso lo studio dell'Avv. Rita Capaldo Pellegrino che la rappresenta e difende giusta procura in atti

Convenuta


All'udienza all'uopo fissata i procuratori di entrambe le parti precisavano le proprie conclusioni riportandosi ai rispettivi scritti difensivi e chiedendo l'integrale accoglimento delle richieste in essi formulate.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 19.7.2003 l'Associazione attrice esponeva di intrattenere con la Banca MPS, fin dal 31.12.1992, un rapporto bancario di apertura di credito con affidamento mediante scopertura su conto corrente ordinario n.602195.61. Precisava che il rapporto alla data indicata era stato solo rinegoziato, in quanto verosimilmente sorto nel 1986 con il CPS confluito, per effetto delle varie incorporazioni degli istituti bancari, nella Banca convenuta. Adducendo che al 31.12.2002 l'estratto di c/c indicava un saldo negativo di curo 19.742,16 l'attrice contestava quindi la misura del credito della banca deducendo: 1) nullità della clausola relativa all'applicazione degli interessi "uso piazza" per indeterminatezza e indeterminabilità; 2) nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi non ricorrendo alcun uso normativo; 3) indebita applicazione della capitalizzazione sulla commissione di massimo scoperto per inesistenza di accordo contrattuale a riguardo; 4) erronea determinazione, a svantaggio dell'attore, dei giorni di valuta; 5) inesattezza del tasso effettivo globale applicato. Chiedeva pertanto dichiararsi la nullità parziale del contratto di apertura di credito e rideterminarsi l'esatto dare avere tra le parti contrattuali, condannando, nell'ipotesi di indebito pagamento dì somme da parte attrice, la banca alla restituzione delle somme eventualmente riscosse oltre interessi legali dalla data della riscossione, con vittoria di spese e distrazione a favore del procuratore antistatario.

Costituendosi in giudizio la Banca convenuta contestava integralmente le avverse richieste ed argomentazioni, deducendo l'esistenza di un accordo scritto sugli interessi che rinviava per la rispettiva determinazione a quelli usualmente praticati dalle aziende di credito, e tale accordo doveva ritenersi valido e legittimo anche in considerazione della mancata contestazione nei termini degli estratti conto portanti - tra l'altro - gli interessi computati dalla Banca . Assumeva altresì essere parimenti legittima la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi sul rilievo che, nella pratica bancaria, ricorresse quell' "uso contrario" che, giusto il disposto dell'art. 1283 c.c., consentiva il ricorso all'anatocismo, come pure asseriva la legittimità dell'applicazione della commissione di massimo scoperto e l'infondatezza delle questioni riguardanti la valuta. Concludeva chiedendo il rigetto della domanda attrice, con vittoria di spese.

Istruito il giudizio con la produzione documentale delle parti e consulenza tecnica contabile d'ufficio, all'udienza del 13.2.2008 la causa veniva trattenuta in decisione con termini di legge per deposito e scambio di conclusionali e repliche.


MOTIVI DELLA DECISIONE

Non è contestato in atti l'esistenza del rapporto bancario tra le parti del tipo legale indicato in citazione. La mancata produzione da parte della Banca del contratto consente di fare riferimento in questa sede (non essendovi sul punto contestazione formale) al fac-simile di formulario al cui art. 7 co. 3 non veniva prevista né la indicazione in cifre del tasso d'interesse né la indicazione della commissione di massimo scoperto, rinviandosi sul punto alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza. Del pari, nello stesso articolo (co. 2) si prevedeva la produzione degli interessi sugli interessi in via trimestrale con la capitalizzazione degli stessi e delle competenze.

Ed allora, quanto alla validità della clausola relativa agli interessi cd. "uso piazza" di cui all'art. 7 del regolamento contrattuale, val la pena di ricordare il noto ed oramai consolidato orientamento nomofilattico - da cui non si ha motivo di discostarsi - secondo il quale "La convenzione relativa alla determinazione degli interessi è validamente stipulata, in ossequio al disposto di cui all'art.1284 co. 3 c.c., quando il relativo tasso risulti determinabile e controllabile in base a criteri in essa oggettivamente indicati e richiamati. Una clausola contenente un generico riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza può pertanto ritenersi univoca se coordinata alla esistenza di vincolanti discipline fissate su larga scala nazionale con accordi di cartello, ma non anche quando tali accordi contengano riferimenti a diverse tipologie di tassi e non consentano, per la loro genericità, di stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso fare concreto riferimento. Nel caso di rinvii agli lisi di piazza, pertanto, è necessario accertare, con riferimento al singolo rapporto dedotto, secondo la disciplina del tempo, se l'elemento estrinseco di riferimento permetta una sicura determinabilità della prestazione di interessi, pur nella variabilità dei tassi nel tempo, senza successive valutazioni discrezionali da parte della banca" (Cass. sent. 4696 dell' 8.5.98; conf. Cass. sent. 6247 del 23.6.98). Tale essendo il paradigma ermeneutico di riferimento, nel caso di specie si osserva che la banca convenuta non ha fornito prova a riguardo della certezza della misura del tasso, non preoccupandosi di offrire una reale spiegazione in ordine alla loro modalità di formazione e rilevamento; per di più, dall'indagine peritale in atti (cfr. relativo elaborato) emerge come la stessa Banca d'Italia, elaborando le rilevazioni effettuate sul mercato con riferimento ad operazioni analoghe a quella in esame e limitandosi a registrare una media individuata all'interno di una fascia di tassi nel cui ambito gli istituti creditizi si muovono con assoluta discrezionalità, concludeva per l'assenza di una prassi univoca e l'inesistenza di un tasso d'uso. Ne consegue che uno degli elementi fondamentali (il tasso convenzionale di interesse sui conti debitori) nella determinazione del saldo finale indicato dalla banca viene sostanzialmente a mancare per indeterminatezza dell'oggetto e conseguente nullità della clausola contrattuale (artt. 1418 - 1346 c.c.). Inoltre, premesso che i contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della legge n. 154 del 1992 - quale quello dedotto in giudizio - sono interessati dalla nuova disciplina solo a partire dalla data di entrata in vigore della stessa, con riferimento alla clausola contrattuale in esame (quella relativa alla determinazione degli interessi "uso piazza") troverà applicazione il disposto dell'art. 1284 co. 3 c.c. con decorrenza dall'inizio del rapporto e sino alla data in cui è entrata in vigore la nuova disciplina. Successivamente a tale data le clausole nulle vanno sostituite sulla base dei criteri stabiliti dalla legge n. 145/92 prima e dal T.U. 385 del 1993 dopo. In particolare, sebbene l'art. 117 T.U. faccia riferimento ai tassi dei buoni del tesoro emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, la norma va necessariamente applicata in riferimento ai tassi dell'anno precedente l' entrata in vigore della legge, non rispondendo alla ratio della nuova disciplina il rinvio al tasso praticato al momento della stipula di un contratto, poiché verosimilmente risalente nel tempo.

Con riferimento all'anatocismo, devesi rilevare anche d'ufficio la nullità della relativa clausola di previsione inserita all'art.7 del contratto bancario in atti, risultando ormai pacifico il principio di diritto secondo il quale "La clausola di un contratto bancario che preveda la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente deve reputarsi nulla in quanto basata su un uso negoziale (ex art. 1340 c.c.) e non su un uso normativo (ex artt. 1 e 8 delle preleggi al c.c.) come esige l'art. 1283 c.c., laddove prevede che l'anatocismo non possa ammettersi (salve le ipotesi della domanda giudiziale e della convenzione successiva alla scadenza degli interessi) in mancanza di usi contrari" . L'inserimento della clausola nel contratto. in conformità alle cosiddette norme bancarie uniformi predisposte dall'ABI non esclude la suddetta nullità, poiché a tali norme deve riconoscersi soltanto il carattere di usi negoziali, non quello di usi normativi (Cass. sent.12507 dell' 11.11.99).

Com'è noto la Cassazione, mutando il precedente indirizzo, ha escluso l'esistenza di un uso normativo in deroga al divieto di anatocismo di cui all'ari 1283 c.c. : "La previsione contrattuale della capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, in quanto basata su un uso negoziale e non su una vera e propria nonna consuetudinaria è nulla, in quanto anteriore alla scadenza degli interessi" (Cass. sent. 2374 del 16.3.99). Peraltro, poco dopo l'affermazione di tale principio lo stesso legislatore è intervenuto introducendo, con l'art. 25 del D.lgs. n. 342/99, al primo comma dell'art. 120 TU due nuove disposizioni. Con la prima (che ha introdotto il 2° comma dell'art. 120) ha attribuito al CICR il potere di stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria (con delibera dei 9.2.2000 il CICR ha provveduto all'incombente riconoscendo la possibilità di capitalizzazione degli interessi creditori e debitori simmetrici). Con la seconda, che ha introdotto il co. 3° dell'art. 120 TU, ha stabilito che "Le clausole relative alla produzione di interessi su interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2°, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera che stabilirà altresì le modalità ed i tempi dell'adeguamento. In difetto di adeguamento le clausola divengono inefficaci e l'inefficacia può essere fatta valere solo dal cliente". Su tale ultima previsione è tuttavia intervenuta la Corte Costituzionale con la pronuncia n. 425/2000, dichiarandone la incostituzionalità nella parte in cui stabiliva la validità ed efficacia delle clausole relative alla capitalizzazione degli interessi passivi contenute nei contratti anteriori al D.lgs. 422/99 e fino all'entrata in vigore della delibera CICR (22.4.00) che ha stabilito le modalità ed i criteri per la produzione di interessi su interessi. Di recente, le Sezioni Unite della Suprema Corte con la nota pronuncia n. 21095 del 7 ottobre - 4 novembre 2004 hanno definitivamente escluso la possibilità di formazione di un uso negoziale che possa derogare al divieto di anatocismo. La clausola di applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi risulta affetta da nullità siccome non supportata da usi normativi ed inidonea a derogare la disposizione imperativa di cui all'art. 1283 c.c. Non può ritenersi vigente nel nostro ordinamento un uso normativo che autorizzi gli istituti di credito a procedere alla capitalizzazione trimestrale, poiché un uso di tal portata non risulta essere stato esistente nel nostro ordinamento in epoca anteriore o coeva al 1942, ed inoltre le norme bancarie uniformi emesse dall'ABI non sono fonti di produzione del diritto ma solamente scherni contrattuali uniformi che l'associazione delle imprese di credito propone ai suoi associati. Di fronte alla pratica generalizzata degli istituti di credito di inserire nei contratti bancari (peraltro stipulati con moduli prestampati predisposti dalle banche) la capitalizzazione trimestrale degli interessi, l'atteggiamento mentale dei clienti non è quello di accettazione di una pattuizione ritenuta conforme ad un precetto giuridico, ma piuttosto quella di una sorta di adesione necessaria (secondo la regola del prendere o lasciare) ad una clausola imposta dal contraente più forte. Né tali condizioni possono essere contrastate dal rilievo della mancata contestazione da parte del cliente debitore degli estratti di conto corrente inviati poiché detta contestazione afferisce al profilo contabile degli addebiti e degli accrediti, ma non si estende alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori dai quali le partite inserite nel conto derivano, né l'approvazione o la mancata impugnazione del conto comportano che il debito fondato su un negozio nullo, annullabile o inefficace resti definitivamente incontestabile (cfr. Cass. sent.10186 del 26.7.2001).

Come rilevato in giurisprudenza, inoltre, l'uso normativo postula la contestuale ricorrenza di due requisiti, rispettivamente di carattere oggettivo e soggettivo consistenti nella uniforme e costante ripetizione di una determinata condotta accompagnata dalla consapevolezza di osservare una norma giuridica, sicché l'uso - come la norma - deve possedere i requisiti della generalità e dell'astrattezza. In tale contesto, poco rileva che la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente alla banca trovi generale riscontro nei loro rapporti, posto che l'applicazione della capitalizzazione stessa discende dalla previsione contenuta negli schemi contrattuali predisposti dalle banche in base a norme bancarie uniformi aventi natura patrizia: la prassi così instaurata si collega al modo di operare di uno dei soggetti del rapporto - la banca - cui il cliente non può di fatto sottrarsi. Tale ricostruzione porta ad escludere che l'osservanza della prassi sia accompagnata dalla convinzione di attuare una regola volta a disciplinare giuridicamente determinate situazioni: in sostanza, nell'ambito dei rapporti bancari il cliente stipula sulla base delle condizioni generali fissate dalla banca, ed il fatto stesso che si avverta la necessità di inserire la clausola anatocistica tra quelle condizioni ne valorizza la natura negoziale, non normativa.

L'esclusione dell'uso normativo comporta la declaratoria di nullità della clausola, in quanto questa imponendo una capitalizzazione trimestrale anteriore alla scadenza degli interessi si pone in contrasto con la norma inderogabile dell'art. 1283 c.c.

Una volta ritenuta la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, reputa questo giudice di dover aderire - condividendosene appieno le argomentazioni - a quell'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale non è possibile sostituire l'anatocismo trimestrale con quello annuale, posto che, come correttamente osservato "Atteso che la contrarietà a norma imperativa di cui all'art. 1283 c.c. involge l'intero contenuto della clausola (e non solo quindi la parte di essa relativa alla periodicità della capitalizzazione), è la pattuizione in contratto dell'anatocismo ad essere nulla, onde secondo i principi generali trattasi di contratto nullo ab origine privo di qualsiasi pattuizione di capitalizzazione, trimestrale come annuale come di diversa periodicità. Non vi è possibilità di sostituzione legale o di inserzione automatica di clausole prevedenti capitalizzazioni di diversa periodicità, in quanto l'anatocismo è consentito dal sistema soltanto in presenza di determinate condizioni, in mancanza delle quali esso rimane giuridicamente non pattuito tra le parti" (Trib. Pescara 3.6.2005, giudice dr. Falco; Trib. Mantova 21.1.2005, giudice dr. Bernardi). Quanto alle commissioni di massimo scoperto, dall'esame del contratto non risulta prevista alcuna pattuizione a riguardo, sicché nulla è dovuto per il relativo titolo trattandosi peraltro di ulteriore voce di addebito nulla per mancanza di causa poiché sostanziantesi in un ulteriore e non pattuito aggravio di interessi corrispettivi rispetto a quelli convenzionalmente pattuiti per l'utilizzazione dell'apertura di credito (sul punto cfr. Trib. Lecce, 11.5.2005, Pensa c/ MPS GCB s.p.a.). Del pari, non risulta contrattualmente convenuto il pagamento di altri oneri accessori, sicché nulla è dovuto alla banca a tale titolo.

Alla luce di quanto precede, tenuto conto della nullità della clausola "uso piazza", di quella anatocistica, escluso l'ammontare delle commissioni di massimo scoperto e delle ulteriori spese accessorie, occorre prendere in considerazione il conteggio che determina l'ammontare del debito sulla base della sorte capitale e degli interessi calcolati in regime di saggio legale tempo per tempo vigente dell'interesse debitore, sicché alla stregua dell'indagine demandata al CTU - improntata ai corretti parametri della disciplina contabile - si perviene ad un credito in favore dell'attore, sulla base del primo conteggio elaborato ed indicato in relazione (sulla base di capitalizzazione semplice), di euro 130.946,26 alla data del 29.6.2004. Peraltro, a riguardo dell'eccezione di prescrizione sollevata da parte convenuta, il giudicante non può che evidenziarne l'infondatezza in linea con il consolidato orientamento nomofilattico secondo il quale "il momento iniziale del termine prescrizionale decennale per il reclamo della somme indebitamente trattenute dalla banca a titolo di interessi su un'apertura di credito in conto corrente decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, trattandosi di contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico, anche se articolato in una serie di atti esecutivi, sicché è solo con la chiusura del conto che si stabiliscono definitivamente e crediti ed i debiti delle parti tra loro" (Cass. 9.4.84 sent. 2262). Nel caso di specie, il termine prescrizionale non risulta ancora decorso. Dalla data del 29.6.2004 spettano altresì all'attore gli interessi semplici sulla somma oggetto del credito, al cui complessivo pagamento la banca deve essere condannata.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.


PQM

Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da A.SA.TAB. Associazione Salentina Tabacchicultori contro Banca Monte dei Paschi di Siena la accoglie e per l'effetto dichiara la nullità parziale del contratto intercorrente tra le parti. Condanna la banca convenuta a corrispondere in favore dell'Associazione attrice la somma di euro euro 130.946,26 (centotrentamilanovecentoquarantasei/26), oltre agli interessi legali dal 29.6.2004 al soddisfo.

Condanna l'Istituto dì credito a pagare in favore dell'attore le spese di giudizio che si liquidano in euro 4.277,00 per diritti, euro 8.500,00 per onorario, oltre spese forfettarie, iva e cap come per legge, nonché spese esenti ex art. 15 dpr 633/72 come in atti e spese di consulenza per intero.


Lecce, 18.12.2008
il G.U. Dr.ssa Grazia Errede
Depositata il 14.01.2009



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