Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Sent. 2006 Taranto/Roma

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2006

XVII
TRIBUNALE DI TARANTO
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano

Il Tribunale di Taranto, terza sezione civile, in persona del Giudice Unico dott. Ettore SCISCI, ha pronunziato la seguente

SENTENZA n. 1246/2006

Nella causa civile iscritta al n. 3717/95 del ruolo generale

Tra

M.D.M. Snc di MICCOLI Antonio & C., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio MALAGNINO ed Antonio TANZA,

attore

MICCOLI Antonio, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio MALAGNINO ed Antonio TANZA,

Chiamato in causa

MICCOLI Pietro, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio MALAGNINO ed Antonio TANZA,

Chiamato in causa

DI COSTE Cesaria, rappresentata e difesa dall'avv. Antonio MALAGNINO ed Antonio TANZA,

Chiamata in Causa

MICCOLI Vito Antonio, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio MALAGNINO ed Antonio TANZA,

Chiamato in causa

Contro

BANCA MONTE DEI PASCHI di SIENA S.P.A., rin persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Cristina GIGANTE;

(sentenza in via di registrazione)

(....) giurisprudenziale della S.C. presente all'epoca di introduzione delle stesse, come ancora nelle more del giudizio - è completamente contrario a quello invece solo successivamente manifestatosi ed ormai attualmente del tutto consolidato nel senso della nullità delle varie clausole contrattuali di cui si è detto - appare sussistere giusto motivo per dichiarare compensate per metà le rimanenti spese processuali tutte della snc MDM e di MICCOLI Antonio, DI COSTE Cesaria, MICCOLI Antonio Pietro e MICCOLI Antonio Vito, inerenti le cause riunite e liquidate ex actis per l'intero - tenuto anche conto dell'attività svolta - in complessivi Euro 6.764,58 (di cui euro 775,84 per spese, al netto di CTU; euro 1.923,33 per diritti; euro 3.400,00 per onorari ed euro 665,41 per rimborso spese generali), condannandosi la Spa Monte dei Paschi di Siena al pagamento della rimanente metà delle stesse, ammontante ad euro 3.382,29 con distrazione in favore degli Avv.ti Antonio MALAGNINO ed Antonio TANZA, dichiaratisine anticipatari.

PQM

il Tribunale di Taranto, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando nelle cause civili riunite nn. 3717/1995 e 1052/1996, concernenti rispettivamente domanda proposta, con citazione del 04 dicembre 1995, dalla Snc MDM di MICCOLI Antonio & C. nei confronti della Banca del Salento Spa, nonchè opposizione formulata da MICCOLI Antonio e DI COSTE Cesaria avverso il Decreto Ingiuntivo pronunziato dal Tribunale di Taranto il 7 marzo 1996 in danno degli stessi su ricorso della Spa Banca del Salento per lire 84.874.965, oltre accessori, nell'ambito di processo in cui si è avuta la chiamata in causa di MICCOLI Antonio, DI COSTE Cesaria, MICCOLI Antonio Vito e MICCOLI Antonio Pietro e riassunto nei confronti della Spa Monte dei PAschi di Siena, ogni diversa istanza reietta, così provvede:
1)
RIGETTA la domanda di pagamento proposta in monitorio dalla Spa Banca del Salento nei confronti di MICCOLI Antonio, DI COSTE Cesaria e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo pronunziato dal Tribunale di Taranto il 7 marzo 1996 in danno degli stessi, per la somma di lire 84.874.965 oltre accessori, con spese e competenze tutte a carico definitivo della società ingiungente.
2) ACCOGLIE la domanda proposta dalla snc MDM di Miccoli Antonio &c. nei confronti della Spa Banca del Salento e condanna la Spa Monte dei Paschi di Siena al pagamento in favore di detta Snc MDM della somma di Euro 36.682,48 oltre interessi legali, con capitalizzazione annuale, dal 1° gennaio 1996 al soddisfo.
3)
ACCOGLIE la domanda riconvenzionale proposta da MICCOLI Antonio nei confrondti della Spa Banca del Salento e condanna la Spa Monte dei Paschi di Siena al pagamento in favore del Miccoli della somma di Euro 25.161,62 oltre interessi legali, con capitalizzazione annuale, dal 26 aprile 1996 al soddisfo.
4) Pone in via definitiva le spese della CTU tecnico contabile per il 50% a carico solidale della snc MDM e di MICCOLI Antonio, DI COSTE Cesaria, MICCOLI Antonio Vito e MICCOLI Antonio Pietro, e per l'altro 50% a carico della Spa Monte dei Paschi di Siena.
5) Dichiara compensate per metà le rimanenti spese processuali tutte della snc MDM e di MICCOLI Antonio, DI COSTE Cesaria, MICCOLI Antonio Vito e MICCOLI Antonio Pietro, inerenti le cause riunite e liquidate ex actis per l'intero in comlessivi euro 6.764,58, e condanna la Spa Monte dei Paschi di SSiena al pagamento della rimante metà delle stesse, ammonmtanti ad euro 3.382,29 con distrazione in favore degli Avv.ti Antonio MALAGNINO ed Antonio TANZA, procuratori anticipatari.
Così deciso in Taranto il 28 gennaio 2006
Il Giudice
Dott. E. SCISCI
Depositata il 15 maggio 2006



TRIBUNALE CIVIE DI ROMA
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo Italiano


Il Tribunale di Roma, undicesima Sezione, in persona del Giudice Unico Dott. Rosa Maria DELL’ERBA, ha emesso la seguente:

SENTENZA N. 12956 / 06

Nella causa civile di prima istanza iscritta al n° 75617 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2000, posta in deliberazione all’udienza del 24/11/2005, con i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica e vertente

Tra

CROGNALI GUIDO, BORCHIO SANDRA E CROBOR SRL in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentati e difesi dagli Avv.ti Romano Cerquetti ed Antonio Tanza ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Cerquetti in Roma Piazza Adriana n° 15 giusta delega a margine dell’atto di citazione

ATTORI

Contro

BANCA DI ROMA SPA in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’Avv. Michele Ranchino ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma Via C. Colombo n° 177 giusta procura per atto del Notaio Zappone del 2/11/1993 rep.43055 in atti

CONVENUTA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 16/11/2000 Crognali Guido, Borchio Sandra e Crobor sri convenivano in giudizio Banca di Roma spa deducendo che fin dal 19/4/1988 Crobor srl aveva intrattenuto con l’allora Cassa di Risparmio di Roma filiale di Castelnuovo di Porto un rapporto bancario consistente in un’apertura di credito con affidamento per £ 300.000.000, mediante scopertura di conto corrente n° 518/53, garantita da fideiussione omnibus degli attori Crognali e Borchio; che dopo il 1996, a seguito di una situazione di crisi della Crobor la Cassa di Risparmio di Roma, con nota del 11/9/1996, aveva revocato le linee di credito concesse, chiedendo la restituzione del saldo debitore di £ 327.507.309; che questa comunicazione era stata inviata per errore a tale Borchio Paola, persona del tutto estranea alla Crobor e ciò aveva determinato il diffondersi in ambito locale del convincimento che Crobor versasse in serie difficoltà economico finanziarie ed i fornitori avevano cessato di fornire la merce alle usuali condizioni, esigendone il pagamento allo scarico; che tale situazione aveva provocato un danno pari a £ 300.000000; che Crobor aveva perso altresì la possibilità di diventare agente della ditta Pettinicchio, la quale aveva interrotto le trattative iniziate in proposito; che considerato anche il danno all’immagine commerciale il pregiudizio ammontava a complessive £ 1.500.000.000 ; che in data 22/10/1992 Crobor aveva concluso un contratto di mutuo con la convenuta per la durata di 10 anni e per l’ammontare di £ 350.000.000, da rimborsarsi in venti rate semestrali posticipate al tasso di interesse nominale annuo del 19,25%, con facoltà della banca di aumentarne la misura ex art. 3 dell’atto di erogazione e quietanza; che la clausola dell’art. 7 del contratto di conto corrente era nulla per indeterminatezza dell’oggetto facendo riferimento per il tasso debitore ai così detti “usi su piazza” , tanto che il tasso pattuito del 20,25% era stato ampiamente derogato nel corso del rapporto; che pure illegittima era la clausola contrattuale che prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi in violazione dell’ art. 1283 c.c.; che nulla era dovuto a titolo di commissione di massimo scoperto, mai pattuita né le parti avevano concordato nulla circa i giorni di valuta; che inoltre la banca aveva preteso costi tali da determinare la nullità delle relative clausole per contrasto con norme di ordine pubblico; che la banca aveva segnalato alla Centrale Rischi la Crobor rappresentando una situazione di insolvenza non accertata e per importi nor documentati; che il modello di contratto di conto corrente predisposto dall’ABI e adottato dalla banca era incompatibile con le norme degli art. 85 e 86 del Trattato CE e pertanto le relative norme erano nulle ai sensi dell’art. 1418 c.c.; che gli interessi pretesi dalla banca sulla somma mutuata erano superiori al tasso soglia prescritto dalla legge 108/96 ; che pertanto la clausola relativa agli interessi era nulla ex art 1815 comma 2 c.c., con la conseguenza che gli interessi non erano dovuti; che la banca nel coro del rapporto aveva violato gli obblighi di buona fede imposti dagli art. 1175 e 1376 c.c. Premesso quanto sopra gli attori chiedevano in via preliminare la sospensione del giudizio ex art 177 del Trattato Ce per la decisione su quesiti attinenti alla conformità delle norme bancarie uniformi applicate nel caso in esame agli art 85 e 86 del Trattato ed in via principale di dichiarare la nullità parziale del contratto di apertura di credito in conto corrente oggetto dei rapporti fra le parti in relazione alla determinazione di interessi ultralegali, dell’ anatocismo trimestrale, delle provvigioni di massimo scoperto, dei costi, delle competenze e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese e di determinare in conseguenza l’esatto dare e avere fra le parti; di determinare il costo effettivo annuo del rapporto bancario; di condannare la convenuta a restituire le somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre agli interessi legali a favore degli attori; di dichiarare l’invalidità di ogni altra obbligazione connessa all’impugnato rapporto bancario; di condannare la convenuta al risarcimento dei danno provocato: dall’illegittima trasmissione della comunicazione di revoca a soggetto diverso dai destinatari, nonché a seguito dell’illegittima segnalazione del rischio a sofferenza alla Centrale Rischi presso la Banca d’Italia, danno quantificato in complessive £ 1.500.000.000; di dichiarare la nullità ed inefficacia del contratto di mutuo ex art. 1418 c.c. e della clausola di determinazione del tasso ultralegale per contrasto con la legge 108/96, ovvero l’annullamento del contratto ex art 1427 e 1439 c.c. per violazione del principio di buona fede nella conclusione ed esecuzione del contratto. Si costituiva Banca di Roma S.p.A. che contestava la domanda e ne chiedeva il rigetto, deducendo che le contestazioni erano tardive in quanto gli estratti conto, periodicamente inviati alla correntista, non erano stati mai contestati e pertanto dovevano ritenersi approvati ex art. 8 del contratto di conto corrente e 1832 e 1857 c.c. ; che il rinvio agli usi su piazza per la determinazione degli interessi previsto dalla norma dell’ art. 7 del contratto era stato considerato legittimo dalla Cassazione, poiché il tasso può ben essere ricostruito per relationem in base ai cd accordi di cartello nazionale ed il tasso era stato comunque reso noto mediante gli appositi avvisi alla clientela esposti nei locali della banca aperti al pubblico; che la capitalizzazione trimestrale degli interessi non era illegittima poiché effettivamente rispondente ad un uso normativo; che la segnalazione alla Centrale Rischi era stata legittimamente eseguita a fronte dell’insolvenza della debitrice principale ed il danno dedotto non era stato provato nell’an e nel quantum; che quanto al contratto di mutuo, il tasso era stato convenzionalmente stabilito dalle parti prima dell’entrata in vigore della legge 108/96, dovendosi avere riguardo, nella valutazione del conformità a tale legge del tasso stesso al momento della conclusione del contratto e non al momento della corresponsione degli interessi. La causa, istruita con produzioni documentali, previa esecuzione di una consulenza tecnica d’ufficio, era assunta in decisione all’udienza del 24/11/2005.

MOTIVI DELLA DECISIONE

(...)

Và pure respinta l’eccezione di nullità della citazione, proposta per la prima volta dalla convenuta nella comparsa di costituzione ex art 163 c.p.c. con specifico riferimento ai fatti dedotti a sostegno della nullità della clausola contrattuale che prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi. Invero gli attori hanno soddisfatto il requisito di cui all’art. 163 n° 4 c.p.c., spiegando che la clausola è da ritenersi nulla per contrasto con l’art. 1283 c.c. e chiedendo di ordinate alla banca l’esibizione degli estratti conto bancari ex art 210 c.p.c., nonché CTU contabile al fine di quantificare le somme illegittimamente pretese dalla banca a tale titolo. Nè l’attore era tenuto a contestare singole operazioni contabili avendo esteso la sua doglianza a tutto il rapporto.
(...)

Nel merito occorre subito precisare che la dedotta mancata contestazione degli estratti conto inviati alla cliente non le preclude affatto la successiva contestazione della quantificazione del credito operata dalla banca, atteso che la giurisprudenza ha chiarito come l’estratto conto bancario sia un mero documento contabile e le operazioni bancarie in esso riassunte e menzionate, a differenza del conto corrente ordinario, non diano luogo alla costituzione di autonomi rapporti di credito o debito reciproci tra il cliente e la banca, ma rappresentino l’esecuzione di un unico negozio da cui deriva il credito ed il debito della banca verso il cliente ( Cfr. Cass. Civ. n° 5876/91, n° 10185/94, n° 4140/95). Pertanto la mancata tempestiva contestazione dell’estratto conto trasmesso dalla banca al cliente rende inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti solo sotto il profilo meramente contabile, ma non sotto quelli della validità e dell’efficacia dei rapporti obbligatori dai quali le partite inserite nel conto derivano ( Cass. civ. n° 673 6/95 e n° 1978/96).

Quanto alla capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, prevista dall’art 7 delle condizioni generali di contratto, si osserva che la clausola è invalida in quanto basata su un uso negoziale e non su un uso normativo (difettando il requisito soggettivo dell’opino juris che non può formarsi in capo ad una sola parte dei consociati e cioè dei banchieri) come invece esige l’art 1283 c.c. — nullo perchè anteriore alla scadenza degli interessi (Cfr. Cass civ. ti0 2374, 3096, 3845, l257/99. 4490, 8442/00,2593/03). Questo Giudicante non condivide il diverso orientamento espresso dal Tribunale di Roma con le sentenze del 26/5/1999 e 14/4/1999 in F.I.,II,c 2371 e 2371, 1999. richiamato da Banca di Roma S.p.A. nella comparsa conclusionale che si fonda sui seguenti assunti : 1) la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi nei conti correnti bancari prescinde dall’art 1283 c.c. poiché essa è la conseguenza delle periodiche chiusure del conto corrente convenute nei contratti o negli usi: 2) l’art 1823 co2 prevede che il saldo del conto è esigibile alla scadenza pattuita e che se non stato richiesto il pagamento, il saldo finale si pone come prima rimessa di un nuovo rapporto ed il contratto si intende rinnovato; 3) l’art 1831 c.c. nell’ ambito del conto corrente ordinario è applicabile, pur in assenza di specifico richiamo ad opera dell’art. 1957 c.c. al conto corrente bancario 4) la capitalizzazione è stata già riconosciuta dal legislatore in quanto se ne parla all’ art. 8 della L. 154/92; 5) il differente regime tra conti debitori e conti creditori trova giustificazione sulla base del rischio assunto dalla banca per i primi. A detto orientamento si possono agevolmente muovere le seguenti obiezioni: 1) essendo il conto corrente bancario un contratto attraverso il quale la banca si obbliga in favore del cliente ad effettuare riscossioni e pagamenti, questi ultimi nei limiti della disponibilità del conto, svolgendo quindi una funzione di gestione delle somme ed anche un servizio di cassa, non possono trasporsi le norme sul conto corrente ordinario al conto corrente bancario, al di fuori delle norme espressamente richiamate dall’art. 1857 c.c. per le differenze strutturali dei due contratti; 2) l’intento della pattuizione relativa alla chiusura del conto ogni tre mesi è comunque quello di eludere l’applicazione dell’art. 1283 c.c. 3) l’art 8 L. 154/92 non è stato riprodotto integralmente nel TU. n° 385/93; 4) la previsione di cui all’art 1283 co2 c.c. nel conto corrente ordinario, implica che il saldo costituisce la prima rimessa di un nuovo conto non già dello stesso, mentre per il conto corrente bancario anche i saldi passivi sono immediatamente esigibili, salvo siano ricollegati ad operazioni bancarie che ne blocchino temporaneamente la disponibilità ( Cfr. Cass. Civ. n° 4022/85); 5) l’art 1853 c.c. in tema di conto corrente bancario consente salvo patto contrario, la compensazione tra banca e correntista dei saldi attivi e passivi anche di più conti di corrispondenza allo stesso cliente intestati ed anche quando i rapporti siano ancora in corso, proprio perchè non si applica alle operazioni bancarie in conto corrente l’art 1823 c.c. sulla inesigibilità dei crediti sino alla chiusura del conto ( Cfr. Cass. civ. n° 6558/97); 6 ) negli affidamenti in conto corrente il costo del mantenimento di una disponibilità di somma di denaro e del conseguente rischio di non restituzione è assolto dalla commissione di massimo coperto.
Alla declaratoria di nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi consegue la necessità di determinare il credito della banca scegliendo tra tre pssibi1i soluzioni. In particolare la Corte d’Appello di Torino e di Milano con le sentenze n° 64 del 21/1/2002 e n° 1142/ 2003 hanno stabilito che và negato ogni diritto della banca anche all’anatocismo annuale e gli interessi dovuti sugli importi capitali a debito potranno quindi produrre interessi solo a far tempo dalla domanda giudiziale, in quanto non vi è possibilità alcuna di sostituzione legale o di inserzione automatica di clausole prevedenti capitalizzazioni di diversa periodicità e non essendo l’anatocismo previsto, ma soltanto permesso dalla legge a determinate condizioni, in mancanza di valida pattuizione tra le parti, esso rimane non pattuito tra le stesse (C.App. di Milano no i 142103). Si potrebbe poi ipotizzare una capitalizzazione semestrale sulla scorta della sentenza della Cassazione n° 23 74/99 in cui è stato sostenuto che nel vigore del codice civile del 1865 vi era un uso normativo in tal senso. Tuttavia l’orientamento prevalente della giurisprudenza di merito, cui il Giudicante ritiene di aderire è quello della capitalizzazione annuale (vedi T. Milano 4/7/2002, T. Roma 8/11/2002, T. Torino 14/11/2002 in G. Me. 2003, 242, T. Roma 28/11/2002, T. Reggio Calabria 28/6/2002 in G. Me. 2003,901, T. Torino 16/12/2002 in G.L. 2003, 501). Tale soluzione è preferibile per i seguenti motivi: 1) corrisponde al criterio di capitalizzazione applicato dalla banca a favore del cliente; 2) tale cadenza di capitalizzazione degli interessi appare conforme secondo una certa dottrina alla cadenza temporale ex lege degli interessi, ricavabile dal disposto dell’art 1284 co1 c.c. Per il ricorso a detta soluzione è necessario applicare il meccanismo integrativo ex lege della clausola nulla di cui all’art 1374 c.c. , in base al quale (vedasi anche art. 1339 e 1419 comma 2 c.c.) le clausole contrattuali contrarie a norme imperative sono colpite da nullità e vengono di diritto automaticamente sostituite da queste. Occorre poi rinvenire nella disciplina generale una fonte normativa idonea a supportare il meccanismo della suddetta capitalizzazione annuale che sembra potersi individuare proprio nell’ art. 1284 comma 1 c.c.

( ... )

Nulla sarà dovuto a titolo di commissione di massimo scoperto e spese, poiché non risulta che le partì abbiano concluso alcun accordo in merito ed i relativi importi sono stati applicati unilateralmente ed illegittimamente dalla banca.

Quanto alle valute il CTU sulla scorta di considerazioni condivisibili, in quanto logiche e coerenti, ha ritenuto di non dovere effettuare alcuna rettifica di valuta per la coincidenza accertata fra la valuta e la data contabile di alcune operazioni ovvero in altri casi per l’insufficienza della documentazione contabi1e a disposizione (vedi pag. 7 e 8 dell’elaborato in data 2/3/2004).

( ... )
Sussistono motivi di equità per compensare fra le parti le spese di lite. Le spese di CTU, liquidate come da decreto del 10/3/2004, sono poste dèfinitivamente a carico della Banca convenuta.

PQM

il Tribunale di Roma, in persona del Giudice Unico, definitivamente pronunciando, ogni còntraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
1) in parziale accoglimento della domanda, accerta che il credito di Banca di Roma Spa nei confronti degli attori è pari a complessivi € 33.333,91 e respinge ogni altra domanda;
2) compensa fra le parti le spese di lite ad eccezione delle spese di liquida come in motivazione che pone definitivamente a carico della convenuta
Roma il 22/5/O6
Depositato in Cancelleria il 7 giugno2006

Il Giudice
Rosa Maria DELL’ERBA

il cancelliere
Pierpaolo Masi


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