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Monza/Lecce

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2011

Tribunale di Brescia,dott. Elda GERACI, sent. del 24 gennaio 2011 n. 189


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI BRESCIA
Seconda sezione civile


Il Tribunale di Brescia in composizione monocratica in persona della dott.ssa Elda Geraci, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n.19598 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2005 promossa
DA: F. Dino s.a.s. di F. Bruno & C. con gli avv.ti Barbara Fanti e Antonio Tanza

ATTRICE

CONTRO

Banco di Brescia S. Paolo CAB s.p.a. con gli avv.ti Francesca Bazoli e Pierpaolo Camadini

CONVENUTA

CONCLUSIONI

Per l'attrice: (…)
Per la convenuta: (…)

Motivi in fatto e in diritto

Con riferimento al rapporto bancario consistente in apertura di credito con affidamento mediante scopertura su c/c n.5814/91 del 25.10.1978, girocontato sul c/c n.4371 del 8.2.1991 e c/c n.4956 del 22.12.1992 (docc. 1,2,3), l'attrice lamenta: a) la nullità della clausola di determinazione dell'interesse ultralegale mediante rinvio al c.d. 'uso piazza' apposta ai contratti di conto corrente 5814 e 4371 e, quanto al contratto di conto corrente 4956, la violazione dell'art.117, comma 4, del T.U.B.; b) l'illegittimità della pattuizione ed applicazione della capitalizzazione trimestrale dell'interesse composto (art.7 dei contratti); c) l'illegittimità della commissione di massimo scoperto; ; d) la non corretta determinazione della valuta; e) la nullità e l'inefficacia di pretese della banca per interessi, spese, commissioni e competenze per contrarietà al disposto di cui alla legge 7 marzo 1996 n.108 in quanto eccedente il c.d. tasso soglia nel periodo trimestrale di riferimento.
Alla luce delle contestazioni che precedono, l'attrice chiede la condanna della banca convenuta alla restituzione di somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre interessi e rivalutazione.
Si è costituito il Banco di Brescia S.Paolo CAB s.p.a. per eccepire la prescrizione delle azioni esercitate e, nel merito, per chiederne il rigetto. La causa è stata istruita a mezzo c.t.u. affidata al dott. Filippo Chessa che in data 18.6.2008 ha depositato la relazione peritale.

L'eccezione di prescrizione.

Innanzitutto deve escludersi l'inammissibilità dell'eccezione in esame in ragione del rilievo attoreo per cui la convenuta si è costituita all'udienza del 30.3.2006. Il giudizio, promosso con atto di citazione notificato in data 19.12.2005, è soggetto al regime processuale di cui alla legge n.353/1990 e succ. mod. e, quindi, ad esso si applica Part.167 c.p.c. nella formulazione precedente la riforma di cui alla legge n.80/2005, entrata in vigore 1'1.3.2006, che ha inserito `le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio' tra le attività che, a pena di decadenza, devono essere svolte dal convenuto con comparsa di costituzione e risposta da depositare almeno venti giorni prima dell'udienza o dieci in caso di abbreviazione dei termini. Nel regime processuale antecedente la riforma del 2005, il termine per le eccezioni processuali e di merito è quello assegnato dal giudice ai sensi del II comma dell'art.180 c.p.c. - non inferiore a venti giorni prima dell'udienza di trattazione ex art.183 c.p.c.. Poiché nel caso in esame l'eccezione di prescrizione è stata proposta al momento della costituzione della convenuta all'udienza ex art. 180 I comma c.p.c. è evidente che nessuna decadenza è maturata al riguardo. In tema di azione per la ripetizione di somme indebitamente trattenute dalla banca si applica il termine decennale di cui all'art. 2946 c.c. e sul tema della decorrenza del termine è intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la recente sentenza n.24418/2011, che ha statuito che il termine di prescrizione decennale per il reclamo delle somme trattenute dalla banca indebitamente a titolo di interessi su un'apertura di credito in conto corrente decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, trattandosi di un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico, anche se articolato in una pluralità di atti esecutivi, sicché è solo con la chiusura del conto che si stabiliscono definitivamente i crediti e i debiti delle parti tra loro.
Alla luce di tale principio si rileva che il rapporto di conto corrente n.5814/91, acceso in data 25.10.1978, (doc. n.1 per l'attrice) - sul quale, come da c.t.u., sono stati addebitati interessi passivi e spese dei rapporti collaterali n.802 52681 e n.802 2230 - risulta essere cessato, come da estratti conto allegati agli atti, al 9.11.1983. Essendo decorsi oltre 10 anni tra la data di instaurazione del giudizio e la data di cessazione del rapporto e non essendo intervenuto alcun atto interruttivo in pendenza del termine di prescrizione, ogni pretesa inerente detto conto è ormai prescritta.
La tesi dell'attrice, secondo cui il saldo del conto corrente 5814/91 sarebbe stato girocontato, e quindi non sarebbe mai stato chiuso, sul conto n.4371 è priva di pregio, non essendo confortata da alcun riscontro e considerato che il conto 4371 è stato aperto 1'8.2.1991 e, quindi, a distanza di oltre sette anni dalla chiusura dell'altro.
Non è invece decorso il termine di prescrizione dell'azione di ripetizione afferente il conto 4371; detto rapporto, sul quale, come da c.t.u., si sono riversati gli interessi passivi del rapporto collaterale n.617047 (per utilizzo effetti salvo buon fine), è cessato al 24.11.1998 di talchè, alla data di proposizione della domanda, non si è compiuto il termine decennale.

Gli interessi ultralegali

Come si è scritto parte attrice lamenta l'illegittimità degli addebiti per interessi ultralegali mediante rinvio al c.d. uso piazza, applicati al rapporto di conto corrente. Il contratto di conto corrente n.4371 sottoscritto dal correntista in data 8.2.1991 all'art. 7, prevede un tasso di interesse debitore determinato con rinvio alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza. E' noto come la legge sulla trasparenza bancaria n.154/92 prima e poi l'art.117 TUB n.385/93 hanno imposto l'obbligo della forma scritta per i contratti bancari, prevedendo la nullità delle clausole di rinvio agli usi piazza, nonché meccanismi di sostituzione in caso di mancata indicazione delle condizioni del rapporto e/o di rinvio agli usi. Peraltro, già sotto la disciplina previgente, valida per i contratti sorti anteriormente (quale è quello per cui è causa, stipulato nel 1991), la determinazione per iscritto degli interessi passivi era imposta dall'art.1284 comma 3 c.c. e la clausola di rinvio alle 'condizioni abitualmente praticate sulla piazza' era ritenuta nulla per inosservanza del combinato disposto degli artt.1284 comma 3 c.c. e 1346 c.c., non essendo 'determinabile' l'oggetto della pattuizione, ossia la misura degli interessi passivi, per l'assenza di un reale cartello bancario e per consequenziale mancanza di criteri certi, univoci e predeterminati di individuazione delle condizioni abitualmente praticate sulla piazza (cfr. Cass. n.14684/2003; Cass. n.13823/2002; Cass. n.4490/2002). Pertanto, avuto riguardo alla disciplina del tempo ovvero alla norma generale di cui all'art. 1284 c.c., deve ritenersi la nullità della clausola del contratto in esame di rinvio alle condizioni di interesse praticate usualmente sulla piazza a causa della eccessiva genericità ed indeterminatezza, tale da impedire al correntista di stabilire con immediatezza il tasso d'interesse applicato nei suoi confronti gravandolo, di contro, di un onere di informazione certamente di non facile assolvimento. Dalla nullità della clausola di determinazione degli interessi in misura ultralegale in base agli usi su piazza, deriva che gli interessi sono dovuti in misura legale e quindi sono dovuti al tasso legale codicistico ex art.1284 c.c.. Ugualmente non consente l'individuazione dei tassi di interesse applicati, né delle altre condizioni di prezzo praticate il contratto di conto corrente n.4956 al quale, trattandosi di contratto stipulato il 22.12.1992 e quindi successivamente all'entrata in vigore della legge la legge sulla trasparenza bancaria n.154/92, devono quindi sostituirsi i tassi convenzionali applicati dall'istituto di credito con i tassi BOT ex art.117 comma 7 del d.lgs. 1.9.1993 n.385.

Capitalizzazione

In secondo luogo, parte attrice lamenta l'applicazione da parte della banca alle partite debitorie della capitalizzazione trimestrale. Con riguardo alla questione dell'anatocismo trimestrale, ritiene questo tribunale di aderire all'indirizzo ormai consolidato della Suprema Corte che, con riferimento ai contratti di conto corrente di corrispondenza stipulati in data anteriore al 22 aprile 2000, valuta del tutto illegittimo l'anatocismo trimestrale degli interessi debitori applicato dagli istituti di credito (v. Cass. S.U. n.21095/2004 e Cass. n.10127/2005), in quanto fondato su un uso negoziale, contrariamente a quanto previsto dall'art. 1283 c.c. che consente la deroga alla disciplina ivi dettata solo in forza di veri e propri usi normativi. In particolare le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la nota sentenza n.21095/2004 hanno dato ampia e condivisibile motivazione alla conclusione suddetta, escludendo pure che la fondazione di un uso normativo possa essere riconducibile in qualche modo alla stessa giurisprudenza del ventennio antecedente al revirement giurisprudenziale del 1999. L'iter seguito dalle Sezioni Unite può così essere ricostruito: I) né le norme del c.c. del 1865 né quelle del codice di commercio del 1882 possono costituire fondamento normativo di un uso che costituisca eccezione alla regola di cui all'art. 1283 c.c. né a maggior ragione possono ritenersi normativamente fondate le raccolte di usi e consuetudini bancarie anteriori al 1942 a meno che siano recepite o fondate su una norma vigente; II) neppure le Norme Bancarie Uniformi (N.B.U.) né gli accordi di cartello bancario possono costituire usi normativamente fondati dappoiché le prime sono incontestabilmente mere raccolte di usi negoziali e le seconde ex art. 32 1.b. 1938 sono da considerarsi accordi volontari e liberi privi della opinio iuris ac necessitatis; III) il parallelo tra la normativa del conto di corrispondenza ordinario - ove agli artt. 1823, 1825, 1831 e 1833 c.c. è prevista la capitalizzazione degli interessi - e quella del conto corrente bancario è errato trattandosi di due tipi contrattuali diversi in quanto: - le rimesse annotate sul primo sono inesigibili ed indisponibili sino alla chiusura del conto, essendo destinate alla compensazione con eventuali futuri crediti di controparte, mentre nel secondo il credito disponibile nel conto è sempre quello disponibile sulla base del saldo giornaliero; - nel conto corrente ordinario, le singole rimesse mantengono la loro individualità; nel conto corrente bancario, invece, perdono la loro individualità nel senso che non danno luogo a rapporti di credito/debito autonomi tra loro ingenerando semplici variazioni del saldo disponibile (in tal senso v., da ultimo, Cass. 22 marzo 2005 n. 6187). Riconosciuta, pertanto, la nullità della clausola contrattuale che prevede l'anatocismo trimestrale, ne consegue, ai sensi dell'art.1419 c.c., la nullità parziale e non già dell'intero contratto. Inoltre, affermata la nullità della clausola regolante la capitalizzazione trimestrale, non vi è possibilità di inserzione automatica di clausole prevedenti capitalizzazioni di diversa periodicità in quanto l'anatocismo è permesso dalla legge, ma soltanto a determinate condizioni e, in mancanza di valida pattuizione tra le parti, esso rimane non pattuito tra le medesime. Il principio ha trovato avallo nella già menzionata recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione che ha affermato che, dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art.1283 c.c. (il quale osterebbe anche ad un'eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale) gli interessi a debito debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna.

Soluti retentio

Al fine di paralizzare la domanda attorea, la convenuta ha eccepito l'irripetibilità delle somme corrisposte da parte attrice a titolo di interessi anatocistici, in misura ultralegale non validamente pattuita, in quanto pagamento spontaneo di obbligazione naturale ex art.2034 c.c., da cui la legittimità della soluti retentio e l'inammissibilità di qualsivoglia pretesa in tema.
L'eccezione è priva di pregio: perché sia applicabile l'art.2034, I comma, c.c. deve esservi adempimento spontaneo di un dovere morale o sociale. Orbene, considerato che l'annotazione in conto di interessi anatocistici ed ultralegali non pattuiti è avvenuta di esclusiva iniziativa della banca e in difetto di autorizzazione da parte del cliente, risolvendosi in clausole predisposte unilateralmente da un solo contraente ed imposte all'altro, non è ravvisabile il requisito della spontaneità e quindi un elemento costitutivo della fattispecie invocata.

Valute

Infine, per quanto concerne la decorrenza delle valute, il contratto non prevede alcuna espressa pattuizione, limitandosi al rinvio alle 'norme che regolano i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi' e, come da verifica effettuata dal c.t.u., dall'esame dei documenti versati in giudizio non è neppure possibile rilevare la corrispondenza delle valute applicate alle condizioni pubblicizzate nel corso della durata del rapporto per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi. Ricorrendo pertanto la nullità della clausola per indeterminatezza, ex art.1418 cc, in combinato disposto con l'art.1346 cc, del tutto corretto il criterio utilizzato dal c.t.u. della 'data dell'operazione' risultante dall'estratto conto in luogo del criterio della 'data di valuta'.


Alla luce di tutti i rilievi che precedono, e passando ad esaminare le annotazioni registrate in conto come verificate dal c.t.u., deve farsi proprio il conteggio relativo al conto corrente 4371 - effettuato, con ricalcolo degli interessi, al tasso sopra indicato, mediante metodo della capitalizzazione semplice per tutta la durata del rapporto e senza addebito di alcuna commissione di massimo scoperto - alla stregua del quale risulta un saldo a favore del correntista pari ad €48.094,09.
La banca convenuta deve quindi essere condannata al pagamento della predetta somma in favore dell'attrice, oltre interessi dal giorno della domanda al saldo ex art.2033 c.c..

Le spese di lite sono compensate tra le parti in ragione della metà, considerato il parziale accoglimento della domanda attorea, ponendo la restante metà, ridotti gli onorari a valori medi, a carico della convenuta.

p.q.m.

il Tribunale di Brescia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione o domanda respinta, così provvede:
- dichiara l'illegittimità degli addebiti effettuati sul conto corrente n.4371 acceso in data 8.2.1991 da F. Dino s.a.s. di F. Bruno & C. presso il Banco di Brescia San Paolo CAB s.p.a., a titolo di interessi ultralegali e anatocismo, commissioni di massimo scoperto, nonché per applicazione delle valute, per il complessivo importo di €48.094,09 e per l'effetto condanna il Banco di Brescia San Paolo CAB s.p.a. al pagamento in favore di F. Dino s.a.s. di F. Bruno & C. della predetta somma di € 48.094,09, oltre interessi dalla data della domanda al saldo;
-compensa tra le parti le spese del giudizio in ragione della metà e condanna la convenuta al pagamento in favore di parte attrice della restante metà che liquida in di cui € 2.000,00 per diritti, € 4.000,00 per onorari, € 150,00 per spese, oltre spese generali su diritti ed onorari, iva e cpa, con distrazione in favore del difensore antistatario;
- pone le spese di c.t.u, come liquidate con provvedimento in data 19.6.2008, a carico solidale delle parti.
Così deciso in Brescia, il 24 gennaio 2011

Il Giudice
dott. Elda GERACI



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