Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Torino / Lanciano

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2010

III
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano

Il Tribunale di Torino, in composizione monocratica;
ha pronunciato seguente

SENTENZA n. 450/2010

nella causa civile n. 31047/2005 R.G. promossa da:
AUTOMOBILI M.R. s.u.r.l. (già Automobili Acquaviva sri), in persona del legale rappr. pro tempore, con sede in Lecce, rappr. e difesa dagli Avv.ti Antonio Tanza, Marina Romano e Lucia Monacis e presso lo studio di quest'ultima elett.dom.ta in Torino per delega 10.10.2005 a margine dell'atto di citazione

-attrice-

contro

INTESA SANPAOLO spa (già San Paolo lini spa) , con sede in Torino, in persona del legale rappr. pro tempore, in Torino elett.dom.to presso lo studio dell'Avv. Prof. Gino Cavalli, che la rappr. e difende per delega 12.1.2006 in calce alla copia notificata dell'atto di citazione

-convenuta-

Conclusioni delle parti: (...)

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve essere esaminata, in via preliminare, l'eccezione di prescrizione del diritto azionato dall'attrice, sollevata da parte convenuta sotto il duplice profilo che la prima richiesta di rimborso da parte dell'attrice era pervenuta alla banca con la notificazione dell'atto introduttivo del presente giudizio, in data 28.10.2005, per cui l'azione di restituzione di interessi che si assumono indebitamente corrisposti alla banca era da ritenersi in parte prescritta e poteva essere esaminata solo in riferimento al decennio anteriore a tale data; dell'avvenuto decorso del termine quinquennale previsto dall'art. 2948, n.4, C.C., trattandosi di domanda di rimborso di interessi o di somme pagate periodicamente ad anno o in termini più brevi.
Quanto alla decorrenza del termine prescrizionale, la convenuta individua il dies a quo nella data del pagamento degli interessi anatocistici che si assumono illegittimamente corrisposti; afferma inoltre la banca convenuta che la prescrizione decennale ex art. 2946 C.C. -ove ritenuta applicabile- deve comunque essere limitata al decennio anteriore alla notificazione della domanda giudiziale, dunque dal 28.10.1995 sino all'estinzione del conto corrente.
Osserva il Tribunale che la domanda proposta dall'attrice è qualificabile come azione di indebito oggettivo, avente ad oggetto la ripetizione di somme che si assumono illegittimamente incassate dalla banca convenuta, conseguente alla declaratoria di nullità del titolo contrattuale in base al quale sono avvenuti i pagamenti .
Il credito attinente alla ripetizione di somme indebitamente trattenute dalla banca per interessi calcolati in misura ultralegale senza valida pattuizione è soggetto al principio di carattere generale di prescrizione ordinaria decennale, non già al termine quinquennale, invocato dalla difesa di parte convenuta, che opera in riferimento alla sola corresponsione di interessi e di ciò che deve essere pagato periodicamente ad anno o in termini più brevi.
Quanto all'individuazione dell'iniziale decorrenza del termine decennale di prescrizione, va richiamato l'insegnamento della giurisprudenza di merito e di legittimità (per tutte, Cass.14.5.2005, n.10127, con richiami di precedenti conformi) che si fonda sulla qualificazione giuridica del contratto di conto corrente bancario come contratto unitario, che dà luogo ad un unico rapporto giuridico articolato in una pluralità di singoli atti esecutivi ed operazioni contabili, con la conseguenza che le partite attive e passive diventano definitive ed esigibili al momento della chiusura del conto, momento dal quale inizia a decorrere il termine per l'esercizio dell'azione.
Poiché, nel caso in esame, le operazioni di chiusura del conto corrente intercorso tra le parti sono state effettuate in data 19.9.2003, si deve affermare che il credito azionato dall'attrice con atto di citazione notificato in data 28.10.2005 (avente efficacia interruttiva della prescrizione dell'azione di ripetizione di indebito ex art.2033 C.C.) non prescritto e che spetta all'attrice il diritto di ripetere ogni somma indebitamente corrisposta nel corso dell'intero rapporto di conto corrente, anche se risalente ad epoca ultradecennale rispetto alla data di notificazione dell'atto di citazione, entro i limiti delle produzioni di estratti conto e documenti che, a tal fine, il correntista ha l'onere di offrire (per questi criteri, cfr. Cass., 14.5.2005, n.10127; 10.5.2007, n.10692).
Nel caso in esame, avendo l'attrice prodotto estratti conto a far tempo dal 31.12.1990, ne consegue che i conteggi volti a determinare l'effetto anatocistico devono essere eseguiti in riferimento a tutto il periodo contrattuale documentato, diversamente da come richiesto dal quesito giudiziale demandato al C.T.U. (riferito al decennio anteriore all'introduzione del giudizio); sotto questo profilo, dovrà essere disposto supplemento di C.T.U., con rimessione della causa in istruttoria. L'indicato carattere unitario del rapporto di conto corrente bancario comporta, d'altra parte, l'inapplicabilità dell'art.1194 C.C., che, pur contenendo criteri di imputazione dei pagamenti di carattere generale, presuppone comunque la preesistenza di un credito certo, liquido ed esigibile, non individuabile nel rapporto di conto corrente bancario (per effetto della suindicata unicità del regolamento negoziale, nell'ambito del quale avvengono le reciproche rimesse) se non alla chiusura del conto stesso; credito, distinguibile per linea capitale ed interessi, cui poter applicare il criterio in esame. La conseguenza pratica dell'inapplicabilità della regola prevista dall'art.1194 C.C., che va affermata, è la necessità di rielaborare, sotto questo aspetto, il conteggio contabile, poiché il quesito formulato dal precedente G.1. richiamava invece il citato art.1194 C.C. Sempre in via preliminare, la convenuta ha eccepito l'intervenuta decadenza dell'attrice - e la conseguente inammissibilità della domanda dal diritto di contestazione ed impugnazione delle risultanze degli estratti conto. L'eccezione è infondata, atteso che l'approvazione del conto, ai sensi degli artt.1832 e 1857 C.C., è limitata all'esattezza delle registrazioni sotto l'aspetto contabile, ma non si estende alla validità ed efficacia delle clausole del rapporto obbligatorio sottostante, da cui derivano i rapporti . negoziali registrati nel conto. Al fine di contrastare la fondatezza della domanda attorea, volta al ricalcolo degli interessi passivi al tasso legale anziché a quello convenzionale ultralegale, in base all'affermata nullità dell'art.7 del contratto di conto corrente, la banca convenuta ha sostenuto la legittimità del rinvio, contenuto nella citata clausola, alle condizioni praticate sulla piazza nella determinazione degli interessi dovuti dal correntista; da. un lato, infatti, l'obbligo della forma scritta di cui all'art.1284, comma 3, C.C. per la pattuizione degli interessi ultralegali non postula necessariamente che il documento contrattuale contenga l'indicazione del tasso d'interesse pattuito, potendo tale requisito essere soddisfatto per relationem; d'altro lato, avuto riguardo alla clausola, normalmente contenuta nel contratto di conto corrente, che prevede uno ius variandi in favore della banca in relazione al tasso d'interesse ed alle altre condizioni contrattuali, l'interesse legale ben poteva essere modificato da parte dell'istituto di credito mediante la comunicazione degli estratti conto periodici, fino all'importo indicato nell'ultimo di essi; d'altro lato ancora il conto corrente n.10-1537 (che è l'unico in relazione al quale devono determinarsi le pretese azionate dall'attrice, ostando la non accettazione del contraddittorio da parte della banca relativamente alle doglianze introdotte dalla Automobili M.R. nella memoria ex art.183 C.P.C. depositata il 20.4.2006 in riferimento a "tutti gli eventuali conti correnti collegati e secondari, le cui competenze sono confluite nel primo") è stato affidato, secondo la tesi di parte convenuta, a far tempo dal 26.1.1994, per cui gli interessi applicati sono stati quelli concordati in sede di concessione di linee di credito o di finanziamento, sottoscritte per accettazione da parte del correntista e prodotte dalla convenuta quali doc.ti nn.5,6,7,8,9. Secondo l'assunto dell'attrice, la clausola di determinazione degli interessi passivi contenuta nel contratto di conto corrente in esame (doc. 2 att.), sottoscritto in data 18.9.1981, che rinvia alle "condizioni praticate usualmente dalle Aziende di credito su piazza" (art.7) deve essere ritenuta invalida e nulla per contrasto con gli artt.1284, c.3, 1346 e 1418, c,2 C.C. e, come tale, non può giustificare la pretesa di interessi in misura superiore al tasso legale. (…)
L' assunto di parte convenuta sopra riportato non è accoglibile, avuto riguardo al fatto che -secondo l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, dal quale non vi è ragione di dissentire- il principio secondo cui la convenzione di interessi dovuti in misura extralegale necessita della forma scritta "ad substantiam" va interpretato nel senso che il requisito della necessaria determinazione scritta degli interessi può essere soddisfatto per relationem, attraverso il richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purché oggettivamente individuabili; che all'uopo non può dirsi univoca la clausola che si limiti al mero riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piana, poiché, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di determinazione del tasso convenzionale, il riferimento può considerarsi sufficiente solo ove esistano vincolanti discipline del saggio, fissate su scala nazionale con accordi di cartello, non già ove tali accordi contengano diverse tipologie di tassi e non costituiscano un parametro centralizzato e vincolante (Cass., 8.5.2008, n.11466). La stessa sentenza ha chiarito, altresì, che ai fini della validità di una pattuizione di interessi in misura superiore a quella legale è irrilevante la circostanza che negli estratti conto, periodicamente inviati al correntista e non contestati, siano precisate le somme addebitate a titolo di interessi, superiori ai tasso legale sulle somme utilizzate dal cliente con l'apertura di credito; ciò in quanto l'atto scritto concernente la stipulazione degli interessi in misura superiore a quella legale è, infatti, costitutivo del relativo rapporto obbligatorio, ai sensi dell'art.1284 C.C., ed è, pertanto, privo di rilevanza giuridica il riconoscimento che di esso fa il debitore ex post.
Da quanto sin qui detto discende che si deve affermare la nullità della clausola che sanciva il rinvio agli usi per la determinazione degli interessi, anche se contenuta in un contratto concluso anteriormente all'entrata in vigore della disposizione imperativa contenuta nell'art.4 della legge 154/1992 (poi ripresa dall'art.117 D.Lgs. n.385/1993); il generico rinvio ai c.d."usi piazza" si pone in violazione con il disposto dell' art.1346 C.C. in tema di determinabilità dell'oggetto del contratto, con conseguente nullità ex art.1418 C.C., nonché dell'art.1284 C.C. in tema di determinazione per iscritto del tasso di interesse ultralegale. (…)
Per quanto concerne l'esistenza di linee di credito in favore del conto corrente in oggetto, contenenti l'espressa pattuizione di un tasso di interesse ultralegale, è da osservare che viene in considerazione, al riguardo, la documentazione prodotta sub nn.5,6,7,8,9 dalla convenuta e costituita da cinque lettere-contratto relative alla concessione di fido dalla banca alla Automobili M.R., datate 26.1.1994, 23.1.2001, 20.3.2002, 4.7.2002, 30.10.2002; tali produzioni contengono la determinazione del tasso di interesse applicato e, in considerazione dell'unicità di causa e del collegamento funzionale tra l'apertura di credito ed il conto corrente che ne permette l'operatività, si deve affermare che, a far tempo dal 26.1.1994, è intercorsa tra le parti tale pattuizione scritta relativa al tasso degli interessi passivi.
Sotto altro profilo, l'attrice ha dedotto l'illegittimità della convenzione relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi ed ha chiesto dichiararsi l'invalidità della clausola n.7 delle condizioni generali di contratto che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi (comma secondo), nonché della previsione di capitalizzazione annuale degli interessi debitori (comma 1); rileva il Tribunale che - quanto al primo aspetto- non può che aderirsi all'orientamento ormai prevalente e consolidato, espresso dalla giurisprudenza di legittimità (per tutte, Cass., SS.UU., 4.11.2004, n.21095; in seguito riaffermato da Cass., n.4853/2007 e n.21141/2007; l'autorevolezza di tale interpretazione e l'analiticità delle argomentazioni addotte fa apparire sterili le critiche svolte dalla difesa della convenuta e ribadite nella comparsa conclusionale); sul secondo punto, è da escludere ogni forma di capitalizzazione in quanto l'art.1283 C.C. prevede espressamente che, in mancanza di usi (normativi) contrari gli interessi scaduti possono produrre interessi solo ... per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, requisito non ravvisabile in quanto la convenzione richiamata dalla convenuta (con previsione di capitalizzazione annuale) è invece anteriore alla scadenza degli interessi, in difformità da quanto disposto dal citato art.1283 C.C. I rapporti patrimoniali tra le parti relativi al conto corrente oggetto di causa devono pertanto essere determinati senza applicazione alcuna del meccanismo anatocistico, dovendosi ritenere nulla la clausola n.7 delle condizioni generali contrattuali, sia al secondo comma (che prevede la capitalizzazione trimestrale), sia al primo comma (riferito a capitalizzazione annuale), richiamandosi al riguardo l'orientamento espresso dalla Corte d'Appello di Torino, sez. I, sent. n.1948/2007.
Le pattuizioni in esame sono, pertanto, da considerarsi nulle ex art.1419 C.C. in quanto stipulate in violazione dell'art.1283 C.C., poiché basate su un uso negoziale, anziché su di un uso normativo, difettando tale uso del necessario requisito soggettivo consistente nella consapevolezza di prestare osservanza, adottando un certo comportamento, ad una norma giuridica; uso che, come tale, è inidoneo a derogare al precetto di cui all'art.1283 C.C., posto che gli "usi contrari" di cui alla citata disposizione consistono nei soli usi normativi di cui agli artt. l e 8 disp. prel. C.C.
Sotto altro profilo, non possono applicarsi al contratto di conto corrente bancario gli artt.1823 e 1831 C.C., previsti per il conto corrente ordinario, secondo i quali gli interessi sono liquidati ad ogni chiusura del conto e la relativa capitalizzazione è inserita nella liquidazione del saldo, atteso che il contratto di conto corrente bancario, diverso per struttura e funzione dal conto corrente ordinario, risulta essere specificamente disciplinato dagli artt.1852 - 1857 C.C. e l'art.1857 C.C. non richiama, tra le norme del conto corrente ordinario applicabili al conto corrente bancario, gli artt.1823 e 1831 C.C. (v. sul punto Cass. n.14091/2002; n.6187/2005).
Non ricorrono, inoltre, ragioni per ritenere applicabile, in alternativa alla capitalizzazione trimestrale, quella annuale o semestrale e l'applicazione di tali criteri non sarebbe in ogni caso ammissibile in mancanza di un'espressa previsione contrattuale o di una norma imperativa che ne imponga l'adozione, in sostituzione della clausola nulla ex art. 1419, c.2, C.C. Il divieto di anatocismo e la nullità della relativa previsione opera, pertanto a livello generale, qualunque sia la periodicità della capitalizzazione applicata.
Deve, pertanto, affermarsi che nessuna capitalizzazione sia consentita per il periodo anteriore alla delibera CICR ed il quesito al C.T.U. dovrà essere posto in tali termini. (…)
In relazione alla legittimità della commissione di massimo scoperto, va rilevato che la relativa disciplina è contenuta nella clausola di cui all'art.7 del contratto di conto corrente più volte citato, che fa riferimento ai criteri concordati con il correntista (interessi e commissioni nella misura stabilita) o usualmente praticati dalle aziende di credito sulla piazza. Giova rilevare che nel contratto di conto corrente del 1981 non vi è alcuna determinazione numerica di tale commissione, che è invece contenuta nelle già citate concessioni di credito, ove si determina la commissione in esame (a far tempo dal 26.1.1994, cfr. doc. 5-9 conv.). Osserva sul punto il Tribunale che l'eccezione relativa alla tacita approvazione degli estratti conto per omessa, tempestiva impugnazione degli stessi, è infondata, atteso che l'approvazione del conto, ai sensi degli artt.1832 e 1857 C.C., è limitata -come si è detto- all'esattezza delle registrazioni sotto l'aspetto contabile, ma non si estende alla validità ed efficacia delle clausole del rapporto obbligatorio sottostante, da cui derivano i rapporti negoziali registrati nel conto. Quanto alla validità della c.m.s., va rilevato che, in difetto di una fonte legale di previsione, la stessa può legittimamente applicarsi solo ove contrattualernnte determinata o quanto meno determinabile non solo nel suo ammontare ma anche nelle modalità con cui viene computata. Discende da ciò, innanzi tutto, l'irrilevanza, ai fini che qui interessano, dei fogli informativi prodotti dalla Banca convenuta sub n.4, non avendo tali documenti alcuna valenza contrattuale tra le parti, configurandosi quali strumenti di pubblicità rivolti alla generalità dei clienti in ordine alle caratteristiche e rischi tipici delle operazioni e dei servizi ed alle condizioni generali adottate nella disciplina dei rapporti contrattuali. Posto che, ai sensi dell'art,117 T.U.B. i contratti bancari richiedono la forma scritta a pena di nullità, relativamente al tasso d'interesse, alle condizioni praticate ed a tutti gli elementi essenziali della pattuizione, si deve concludere che non è stata validamente pattuita tra le parti la misura della c.m.s. e tale difetto di forma rende irrilevante il rinvio alle condizioni economiche rese pubbliche nei fogli informativi di cui si è detto. Da un punto di vista più generale, inoltre, la commissione, anche ove espressamente pattuita in contratto ed enunciata quale corrispettivo per il maggior rischio che la banca assume, derivante dall'immediata messa a disposizione di fondi in favore del cliente, risulterebbe tuttavia nulla per mancanza di causa, dovendosi richiamare al riguardo la sentenza 2.11.2007, n.1948 della Corte d'Appello di Torino che, in linea generale, ha rilevato che le commissioni di massimo scoperto, aventi funzione remunerativa dell'obbligo della banca di tenere a disposizione dell'accreditato una determinata somma per un dato periodo di tempo, indipendentemente dal suo utilizzo, sono prive di giustificazione causale nell'economia del contratto di apertura di credito, per cui non sono dovute indipendentemente dal criterio di quantificazione seguito dall'istituto di credito; secondo tale decisione, la previsione in esame è da ritenere nulla per mancanza di causa, rilevabile (anche) d'ufficio (ex art.1418, c.2 e 1421 C.C.). Anche in tema di c.m.s. il rinvio effettuato ai c.d. usi su piazza incontra i medesimi vizi di nullità già rilevati in materia di determinazione degli interessi, non essendo improntato a criteri prestabiliti ed obiettivamente individuabili, per cui la clausola risulta altresì nulla ai sensi dell'art.1418, c.2, C.C. per indeterminatezza dell'oggetto. Consegue da ciò che spetta al correntista la restituzione delle somme indebitamente addebitate a questo titolo dalla banca e che il quesito al C.T.U. dovrà tener conto di tale indicazione. (…)
Parte attrice ha formulato, inoltre, domande relative all'asserito superamento del tasso soglia determinato dalla legge n.108/1996, previa accertamento del tasso effettivo globale (T.E.G.) medio annuo del denaro; tale aspetto forma oggetto delle domande riportate ai nn.5 e 6 delle conclusioni attoree ed è stato affermato alle pagg.19 e 20 dell'atto di citazione. Giova osservare, al riguardo, che l' art.2 della legge n.108/1996, ha introdotto il c.d. "tasso soglia", che viene determinato periodicamente sulla base di dati statistici offerti dalla Banca d'Italia e costituisce un limite il cui superamento rende usurari gli interessi applicati; l'art.4 della stessa legge n.108/1996 prevede la nullità della clausola comportante interessi usurari e la non debenza degli stessi.
In conformità alla norma di interpretazione autentica contenuta nell'art.1 del di, n.395/2000, i criteri normativi di cui alla legge n.108/1996 per la determinazione del carattere usurario degli interessi non trovano applicazione per le pattuizioni concluse anteriormente all'entrata in vigore della stessa legge (Cass., 25 marzo 2003, n.4380); secondo l'interpretazione della giurisprudenza di merito, tuttavia, anche nei contratti anteriori all'entrata in vigore della legge antiusura, il tasso contrattualmente pattuito, ove eccedente il tasso soglia, andrà comunque sostituito da quest'ultimo. Ne consegue che, ove all'esito dell'espletanda C.T.U. si accerti il carattere usurario del tasso, per il periodo antecedente l'entrata in vigore della normativa di cui alla legge n.108/1996, il tasso dovrà essere sostituito dal tasso soglia, mentre per il periodo successivo spetterà all'attrice l'intero ammontare di quanto addebitatole a titolo di interessi, per effetto della nullità della clausola. Passando a valutare, infine, la domanda subordinata della convenuta, avente ad oggetto la compensazione del preteso credito dell'attrice con il credito vantato dalla convenuta stessa per l'affermata violazione, ad opera dell'attrice, di doveri di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto, va rilevato che la parte non ha assolto l'onere probatorio spettantele relativamente alla sussistenza effettiva ed all'ammontare del danno lamentato, nonché al nesso causale con l'illecito comportamento addebitato all'attrice.

P.Q.M.

Il Tribunale, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, non definitivamente pronunciando, così decide:
Dichiara la nullità dell'art.7 del contratto di conto corrente n.10-1537, nelle parti relative alla determinazione degli interessi ultralegali ed alla capitalizzazione degli interessi passivi;
Dichiara illegittima l'applicazione delle commissioni di massimo scoperto da parte della banca convenuta al rapporto contrattuale anzidetto;
Dichiara tenuta e condanna la convenuta, sensi dell'art.2033 C.C., alla restituzione, in favore dell'attrice della somma da determinarsi nel supplemento di C.T.U. che viene disposto con separata ordinanza;
Dispone la rimessione della causa in istruttoria onde effettuare il supplemento di C.T.U. per determinare il credito attoreo secondo un conteggio da elaborare in conformità con i criteri stabiliti con la presente sentenza.

Così deciso in Torino l'11 gennaio 2010

Il Giudice
Maurizia GIUSTA

Depositata il 21 gennaio 2010


III
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
IL TRIBUNALE di LANCIANO



Numero dl ruolo generale: 630/2006
Giudice : DE NISCO PAOLA
Numero sentenza: 64/2010
Data di pubblicazione: 03/02/2010
Attore:
M. C. Avv. DE CARLO MARIATERESA ed Avv. ANTONIO TANZA
Convenuto
CASSA DI RISPARMIO di CHIETI Avv. VALERIO MARIANI


(…)

P.Q.M.

Il Tribunale di Lanciano in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, sulla domanda proposta da Marcantonio Camillo contro la s.p.a. Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti, in persona del legale rappresentante pro tempore, così provvede:
dichiara la umilia ed inefficacia delle clausole del contratto di apertura di credito e di conto corrente n. 173, poi rimunerato con il c/c n. 00173U, c/c n. 1017300, poi 10173 ed infine n. 040 330 10173, intrattenuto dall'odierno attore con la Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti s.p.a. nonché, delle condizioni generali di contratto allegate allo stesso relative alla pattuizione della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi; in complessivi
€ 781.928,82 a credito del correntista, il saldo del predetto c/c oltre interessi nella misura legale dal 12/5/2006;
rigetta ogni altra domanda; condanna parte convenuta al rimborso a favore dell'attore delle spese di lite, liquidate par intero in complessivi e 16,548,00, di cui € 5.200,00 per diritti E 10,000,00 per onorari e e 348,00 per esborsi, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. da distrarsi in favore del procuratore antistatario; pone definitivamente a carico di entrambe le parti nella misura del 50% le spese di CTU.
Lanciano, 1° febbraio 2010

Il Giudice
Dr. Paola DE NISCO


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