Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Rutigliano/ S. Marcia C.V.

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2009

I

Sent. 5/09
Fasc. 188/01
Cron. 77/09
Rep. 6/09


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice del Tribunale di bari - Sezione Distaccata di Rugliano Avv. Perna Lorenza Lorusso in funzione di giudice civile ha emesso la seguente

SENTENZA

Nella causa civile in oggetto indicata

TRA

M.G., assistito da avv. Antonio Tanza e Valeria LoVecchio

ATTORE

CONTRO

U.B. spa già R.B. in persona del leg. Rapp. pro-tempore assistita dall'avv. L. Erroi

CONVENUTA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato alla R.B. In persona del legale rappresentante pro-tempore, oggi U.B. spa, M.G. la conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale Civile di Bari - Sezione distaccata di Rutigliano - per l'udienza del 12 luglio 2001 per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: - ACCERTARE e DICHIARARE: a. l'invalidità a titolo di nullità parziale del contratto di apertura di credito mediante affidamento con scopertura sul c/c n. ---, oggetto del rapporto tra parte attrice e la banca, particolarmente in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, della determinazione ed applicazione dell'interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, all'applicazione della provvigione di massimo scoperto, all'applicazione degli interessi per c.d. giorni - valuta, dei costi, delle competenze e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese; - ACCERTARE e DICHIARARE, per l'effetto, l'esatto dare - avere tra le parti in base ai risultati del ricalcolo che potrà essere effettuato in sede di C.T.U. tecnico-contabile e sulla base dell'intera documentazione relativa al rapporto di apertura di credito; - DETERMINARE il costo effettivo annuo dell'indicato rapporto bancario; - ACCERTARE e DICHIARARE, previo accertamento del Tasso effettivo globale, la nullità e l'inefficacia di ogni e qualsivoglia pretesa della convenuta banca per interessi, spese, commissioni, e competenze per contrarietà al disposto di cui alla legge 7 marzo 1996 n. 108, perché eccedente il c.d. tasso soglia nel periodo trimestrale di riferimento, con l'effetto, ai sensi degli artt. 1339 e 14192 c.c., della applicazione del tasso legale in regime di contabilizzazione semplice annuale; - CONDANNARE la convenuta banca alla restituzione della somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre agli interessi legali creditori in favore dell'odierno istante; - in ogni caso, CONDANNARE la banca convenuta al risarcimento dei danni patiti, in relazione agli artt. 1337, 1338, 1366, 1376 c.c., da determinarsi in via equitativa; - CONDANNARE la banca al risarcimento dei danni subiti dall'opponente a seguito della eventuale illegittima segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d'Italia a motivo del rischio a sofferenza falsamente quantificato, il tutto con vittoria di spese e competenze di giudizio".
Parte convenuta si costituiva in giudizio mediante deposito di fascicolo di parte e comparsa di costituzione e risposta. Con quest'ultima impugnava tutto quanto ex adverso dedotto e prodotto e chiedeva il rigetto della domanda perchè inammissibile e comunque destituita di fondamento, il tutto con vittoria di spese e competenze. Ammessa la CTU contabile, la stessa veniva depositata in Cancelleria il 22/02/2005.
Si perveniva all'udienza del 10/12/2008 in cui il giudice si riservava per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda va accolta in quanto fondata in fatto e diritto.
In via preliminare, la domanda va ritenuta ammissibile in quanto nessun pregio riveste l'eccezione di parte convenuta relativa alla mancata contestazione degli estratti conto in quanto l'approvazione tacita degli stessi non preclude la possibilità di impugnare la validità e l'efficacia dei rapporti obbligatori da cui derivano le poste del conto, giacchè i titoli contrattuali che ne sono a base rimangono regolati dalle norme generali che ad essi si riferiscono (da ultimo Cass.Civ. 11961/2003, Cass.Civ. 23939/2007). Non può sottacersi, altresì che, l'infondatezza di tale eccezione è dimostrata dal fatto che parte convenuta ha ritenuto di non doverla reiterare in comparsa conclusionale.
Circa la richiesta avanzata da parte attrice avente ad oggetto l'accertamento e la dichiarazione di nullità delle clausole contrattuali contenenti il rinvio agli usi per la determinazione del tassi di interesse e la previsione della capitalizzazione trimestrale degli interessi in relazione del rapporto bancario in esame, va precisato che, la clausola di rinvio agli usi di piazza, avente ad oggetto la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale, limitandosi a far riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle aziende si credito sulla piazza, e in ogni caso divenuta inoperante a partire dal 9 luglio 1992. Infatti, con l'art. 4 della legge n° 154 del 1992, si è stabilita la nullità delle clausole contenenti il rinvio agli usi di piazza. La legge però non incide, sui rapporti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore. Per quei rapporti rimane in vigore, il disposto dell'art. 1284 c.c. al comma 3, il quale, prevede che la pattuizione relativa ad interessi in misura superiore a quella del tasso legale deve intervenire per iscritto. Il requisito della forma scritta costituisce un elemento "estrinseco" per la validità delle clausole e il suo rispetto non esaurisce i problemi che può presentare il contenuto del pacco.
Fra questi appunto quello della idoneità o meno del rinvio agli interessi "di piazza". Nelle sentenze n° 1287/2002 e 4490/2002, la risposta sulla validità del rinvio, è negativa. I Giudici del Supremo Collegio, hanno ritenuto che attraverso questa formula non si rispetti il necessario elemento della determinatezza o della determinabilità dell'oggetto. La carenza di questo elemento essenziale (art. 1325 c.c. - 1346 c.c.), non potrebbe essere sanata dall'informativa che la Banca periodicamente trasmette al proprio cliente, in quanto tali informazioni non potrebbero rendere valido un patto sorto, inidoneo a produrre effetti. Tanto basta per ritenere nulla la clausola in parola. Tale interpretazione, tra l'altro a rigor di logica, è in linea con l'orientamento assunto dalla Suprema Corte di Cassazione (sent. n° 10599/2005 e Cass. Sezioni Unite n° 21095 del 2004) in materia di clausole aventi ad oggetto la capitalizzazione trimestrale degli interessi. A tale ultimo proposito, va detto che, la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n° 10599 del 19/05/2005, ha disposto che: "in tema di capitalizzazione degli interessi sui saldi di conto corrente passivi per il cliente, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n° 425/2000, con cui è stata dichiarata costituzionalment3 illegittima per violazione dell'art. 76 Cost., la norma (contenuta nell'art. 25, terzo comma, del d.lgs. 4 agosto 1999 n° 432) di salvezza della validità e degli effetti (fino all'entrata in vigore della delibera CICR) delle clausole anatocistiche stipulate in precedenza, dette clausole restano disciplinate secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, dalla normativa anteriormente in vigore, alla stregua della quale esse basate su un uso negoziale, anziché su una norma consuetudinaria - sono da considerarsi nulle. E la nullità di dette clausole può essere rilevata di ufficio in considerazione del potere-dovere del Giudice di verificare la sussistenza delle condizioni dell'azione". La sentenza appena citata è conforme alla nota sentenza della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite n° 21095 del 7 ottobre-4 novembre 2004 la quale testualmente dispone: le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi configurano violazione del divieto di anatocismo di cui all'art. 1283 c.c., non rinvenendosi l'esistenza di usi normativi che soli potrebbe derogare al divieto imposto dalla suddetta norma, neppure nei periodi anteriori al mutamento giurisprudenziale in proposito avvenuto nel 1999, non essendo idonea la contraria interpretazione giurisprudenziale seguita fino ad allora a conferire normatività ad una prassi negoziale che si è poi dimostrata contra legem". È opportuno sottolineare, che, in passato e per molti anni, la Suprema Corte di Cassazione, aveva ritenuto che le clausole di cui si discute, non violassero il divieto di anatocismo di cui all'art. 1283 c.c., in quanto la capitalizzazione trimestrale degli interessi, sul presupposto che esse costituiscono usi negoziali, non normativi, e pertanto, non possono derogare all'art. 1283 c.c.
Fulcro della sentenza n° 21095, è la conferma dell'indispensabilità dell'uso normativo al fine di giustificare la deroga la divieto di pattuizione anatocistica. Si osserva all'uopo che del tutto inesistente era un uso normativo in questa situazione, potendosi parlare di uso negoziale, ininfluente per la disapplicazione del divieto. E rileva, la sentenza, non soccorrono a determinare una normatività i precedenti antecedenti alla retromarcia del 1999, essendo la funzione assolta dalla giurisprudenza dell'epoca nulla più che ricognitiva dell'esistenza e dell'effettiva portata di quelle clausole, mai però creativa della regola. Una ricognizione, pur reiterata, ma risultante poi erronea nel presupporre l'esistenza di una regola in realtà insussistente, non può difatti - ad avviso della sentenza n° 21095 - avere una portata creativa, tanto più osserva la sentenza, che si tratta di dieci decisioni nell'arco di un ventennio. Ben lungi, dunque dal conferire normatività ad una prassi negoziale che si è dimostrata poi contra legem. Tale orientamento giurisprudenziale ad oggi è rimasto immutato (da ultimo sent. C.Cass. N° 21141 del 10/10/2007)
in relazione all'errata capitalizzazione della commissione di massimo scoperto, deve dirsi che la clausola in parola, contenuta nel contratto per cui si procede è generica, senza alcun riferimento diretto o per relationem alla commissione di massimo scoperto. Tale clausola, pertanto, deve ritenersi nulla per indeterminatezza dell'oggetto ex art. 1346 cc. Le stesse considerazioni devono farsi per la clausola di valuta d'uso invalida per indeterminatezza ex art. 1346 cc.
Per effetto della dichiarata nullità delle clausole di cui sopra, occorre riliquidare l'eventuale credito vantato dalla Banca. A tal proposito, questo Giudice, alla luce di tutte le argomentazioni esposte, ritiene corretto riliquidare il credito applicando il tasso legale per l'intero periodo di tempo e conseguentemente riconoscere a parte attrice un credito pari ad Euro 4391,91 oltre interessi di legge dalla domanda fino al soddisfo, giusto calcolo eseguito dal ctu.
(...)
Conseguentemente, condanna la U.B.spa in persona del legale rappresentante pro tempore già R.B. al pagamento in favore di parte attrice della somma pari ad Euro 4391,91 oltre interessi di legge dal dì della domanda fino al soddisfo.
Condanna la U.B. spa in persona del legale rappresentante pro tempore già R. B. al pagamento in favore di parte attrice di spese e competenze di giudizio, pari ad Euro 4656,55 di cui Euro 1156,55 per spese (ivi comprese le spese di CTU), Euro 1.500,00 per Diritti ed Euro 2000,00 per Onorario, oltre rimborso forfettario del 12,5% Iva e Cap, come per legge;
Munisce la presente sentenza di clausola di provvisoria esecuzione, come per legge

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da M.G. contro U.B S.p.A., in persona del legale rappresentate pro tempore, già R.B., esaminata la documentazione prodotta, uditi i procuratori delle parti, così provvede:
1. accoglie la domanda proposta da parte attrice e conseguentemente dichiara la nullità delle clausole aventi ad oggetto: il rinvio agli usi di paizza, la capitalizzazione trimestrale degli interessi, l'applicazione della commissione di massimo scoperto e le spese;
2. dichiara valida ed efficace la predeterminazione del credito operata dal ctu con l'applicazione per l'intero periodo del tasso legale e accertante un credito in favore di parte attrice pari ad € 4391,91 oltre interessi di legge dalla domanda fino al soddisfo;
3. condanna U.B S.p.A., in persona del legale rappresentate pro tempore, già R.B., al pagamento di spese e competenze di giudizio pari ad Euro 4656,55, di cui Euro 1156,55 (ivi comprese le spese di CTU), Euro 1.500,00 per Diritti ed Euro 2000,00 per Onorario, oltre rimborso forfettario del 12,5% Iva e Cap, come per legge;
4. rigetta la richiesta di risarcimento danni in quanto non provata;
5. munisce la sentenza della clausola di provvisoria esecuzione come per legge.
Così deciso in Rutigliano il 05/01/2009

Il Giudice Onorario
Avv. Perna Lorenza Lorusso

II


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