Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Tribunale Lecce/ Anagni

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2012

TRIBUNALE DI LECCE
I SEZIONE CIVILE
REPUBBLICA ITALIANA - IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il GIUDICE ONORARIO, avv. Giovanni Tommasi, in funzione di Giudice unico, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 3093 del 21 dicembre 2012

Resa ex art. 281 sexies c.p.c. nella causa civile iscritta al n. 320/2005 del ruolo civile contenzioso, promossa
da M. G., F. S. A. R., D'A. M., T. N. V. S.R.L., quest'ultima in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, rappresentati e difesi dall'avv. Antonio Tanza,

- attori-

contro
UG.C. BANCA S.P.A. in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Mingolla,

- convenuta -

Oggetto: bancari.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 04.01.2005, M. G. esponeva di intrattenere con la Unicredit banca un rapporto bancario di apertura di credito con affidamento su c/c n. 18191-00. Al predetto conto veniva collegato prima il c/c 19744, poi il c/c 17716-00, il 10647, il n. 46139-16. Il rapporto aveva avuto inizio il 31.01.1990.
Aveva rilasciato fideiussione F. S. omnibus garantendo così la operazione. Il M. e la F. avevano rilasciato fideiussione omnibus anche a garanzia di altro rapporto bancario consistente in apertura di credito sul c/c 10670-00 intestato alla T.d.V., in persona del suo legale rappresentante, D'A. M.
Gli attori avevano contestato l'eccessivo lievitarsi delle pretese della banca. Risultati vani i tentativi di comporre bonariamente la vicenda, adivano questo Tribunale perché, in accoglimento della domanda, accertasse e dichiarasse la nullità dei contratti di c/c in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ad uso piazza, dichiarasse la inefficacia degli addebiti per gli interessi ultralegali, accertasse la inefficacia delle variazioni dell'interesse ultralegale, delle provvigioni di massimo scoperto e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese, accertasse la nullità ed inefficacia delle condizioni generali relative alla capitalizzazione trimestrale, condannasse la banca convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, condannasse la banca a rettificare le illegittime segnalazioni alla centrale rischi presso la Banca d'Italia, con vittoria di spese e compensi da distrarsi in favore del procuratore antistatario che rendeva la dichiarazione di rito.
Instaurato il contraddittorio, si costituivano in giudizio gli attori depositando fascicolo di parte.
Si costituiva, altresì, la Unicredit Banca s.p.a. la quale eccepiva la totale infondatezza di tutte le domande formulate dagli attori delle quali chiedeva il rigetto con la rifusione delle spese di lite.
La causa veniva istruita con l'espletamento di c.t.u. contabile.
Con ordinanza resa all'udienza del 27.01.2011, veniva emessa ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c. in favore degli attori ed a carico della banca convenuta.
All'udienza del 21.12.2012, sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti, a seguito di discussione orale disposta ex art. 281 sexies c.p.c., la causa veniva decisa con lettura del deposito e della motivazione contestuale.

MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda attorea, stante la sua fondatezza, può trovare accoglimento nei termini che seguono.
Va rilevata, innanzitutto, la fondatezza della dedotta nullità della clausola di computo degli interessi mediante il rinvio "ad uso piazza".
Trattasi, invero, di clausola di determinazione dell'interesse mediante rinvio al cosiddetto "uso piazza", in assenza di alcuna pattuizione scritta, del tasso di interesse. -
Va condiviso, a riguardo, il principio secondo cui "Il requisito della forma scritta per la convenzione di interessi superiori alla misura 'legale è soddisfatto quando le parti, pur non indicando espressamente in cifre tale misura, si richiamino per iscritto a criteri prestabiliti e ad elementi estrinseci, univoci ed obiettivamente individuabili, che consentano la concreta determinazione del tasso convenzionale. È pertanto nulla (nel regime anteriore alla legge sulla trasparenza ed al lesto unico bancario) la clausola che si limiti ci fare riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza: né l'originario vizio di nullità può esser sanato dalle successive variazioni del tasso con gli estratti di conto corrente inviati dalla banca al cliente" (Cassazione civile, sez. I, 1 febbraio 7002, n. 1287).
Da tanto la nullità della clausola in oggetto, attesa, peraltro, la irrilevanza, ai fini che qui interessano, dell'invio degli estratti conto da parte della banca.
Parimenti fondata appare la dedotta nullità della capitalizzazione trimestrale applicata dalla banca sulla scorta di quanto previsto dalle clausole contrattuali.
Deve essere condiviso, infatti, il principio secondo il quale "Dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi in una apertura di credilo in conto corrente, per il contrasto con il divieto di anatocismo sancito dall'art. 1283 c.c., gli interessi a debito del correntista devono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna, perché il medesimo art. 1283 osterebbe anche a una eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale e perché nemmeno potrebbe essere ipotizzato come esistente un uso, anche normativo, di capitalizzazione con quella cadenza" (Cfr. Cassazione Civile, sez. un., 02/12/2010, n. 24418). Inoltre, "Ai contratti bancari stipulati prima della delibera CICR del 1999, non si può applicare la periodicità del conteggio degli interessi creditori e debitori, si deve piuttosto escludere ogni tipo di capitalizzazione, compresa quella annuale" (Cfr. Corte appello Roma, sez.08/03/2012, n. 33).
Va dichiarata, pertanto, l'illegittimità della capitalizzazione trimestrale applicala dalla banca sulla scorta della clausola in questione della quale va rilevata la nullità.
Deve, altresì, ritenersi illegittima la pretesa della banca relativa alla commissione di massimo scoperto ed ai giorni valuta.
È stato osservato, infatti, che "Il saldo debitore in conto corrente non può essere soggetto ad anatocismo, dunque detto saldo deve essere totalmente epurato dalle poste anatocistiche, per scomputare dal saldo le commissioni di massimo scoperto ed applicare i tassi di interesse pattuiti dalla Banca e dal correntista per l'intera durata del rapporto" (Cfr. Tribunale Roma, sez. X, 13/03/2012, n. 5228). Inoltre, "La commissione di massimo scoperto, enunciata quale corrispettivo per il mantenimento dell'apertura di credito e indipendentemente dall'utilizzazione dell'apertura di credito stessa, è nulla per mancanza di causa, atteso che si sostanzia in un ulteriore e non pattuito addebito di interessi corrispettivi rispetto a quelli convenzionalmente pattuiti per l'utilizzazione dell'apertura di credito" (Cfr. Tribunale Milano, 4 luglio 2002). Inoltre, "L'assenza di previsione della commissione di massimo scoperto nel contratto di canto corrente, anche se stipulato "ante" l. n. 154 del 1992, ne comporta la non debenza; non è idoneo a legittimare la pretesa di tale commissione il richiamo alle norme bancarie uniformi ed alle istruzioni della Banca d'Italia" (cfr. Corte appello Lecce, 22 ottobre 2001).
Con riguardo alla questione dei giorni-valuta, va rilevato, anche in conformità all'orientamento di questo Tribunale che "nulla è anche la clausola dei cd giorni valuta per gli addebiti e gli accrediti, in quanto gli stessi, nel caso di specie, non risultano computati in relazione al giorno in cui è stata effettuata l'operazione bancaria" (Cfr. Trib. Lecce 11/03/2005, Giudice dott. De Pascalis).
Nessuna rilevanza, poi, assume ai fini della dedotta ed accertata nullità parziale del contratto di conto corrente l'invio degli estratti conto atteso che "In tema di rapporti bancari, l'impugnativa del cliente che, non limitandosi alla sola contestazione di accrediti ed addebiti sotto il profilo contabile, contesti, invece, la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori da cui scaturiscono le partite inserite nel conto, non è in alcun modo collegato all'impugnazione dell'estratto conto trasmesso dalla banca" (Cfr. Cassazione civile, sez. I. 14 maggio 3998, n. 4846).
Va rilevato, peraltro, che "Nel contratto di conto corrente, la mancata contestazione dell'estratto conto e la connessa, implicita approvazione delle operazioni in esso annotate non esclude l'ammissibilità di censure concernenti la validità e l'efficacia dei rapporti obbligatori dai quali esse derivino, alle quali non è però riconducibile la contestazione avente ad oggetto la mancata annotazione di un'operazione che, ai sensi dell'art. 1832, comma 2, c.c. deve essere proposta nel termine di sei mesi dall'approvazione del conto. (In applicazione del succitato principio di diritto, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva confermato il decreto ingiuntivo emesso in favore di una banca, per il pagamento di una fattura emessa a carico del titolare del conto corrente, benché l'operazione non risultasse annotata nell'estratto conto .finale, non impugnato e non contestato nel termine di decadenza di sei mesi)" (Cfr. Cassazione civile, sez. I, 5 dicembre 2003, n. 18626)
Per l'effetto, la convenuta, previa revoca dell'ordinanza resa ex art. 186 ter deve essere condannata alla restituzione di tale somma in favore degli attore, da maggiorarsi con gli interessi legali a decorrere dall'01.01.2007 e fino all'effettivo soddisfo.
[…]
Le spese di lite, ivi comprese quelle per c.t.u., seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Giudice Onorario, in funzione di Giudice Unico,
definitivamente pronunciando nel presente giudizio, ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così dispone:
1) in accoglimento della domanda attorea, dichiara la nullità parziale dei contratti stipulati dagli attori presso la banca convenuta in relazione alle clausole relative alla applicazione dell'interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, alla applicazione della commissione di massimo scoperto e degli interessi per c.d. giorni-valuta;
2) dichiara che gli attori sono creditori nei confronti della banca convenuta della somma di Euro 111.478,27 calcolata alla data di chiusura del conto (31.12.2006), già detratta la somma di euro 1.835,64 di cui risulta debitrice la T.d.V., compensata con il maggior credito degli attori di euro 113.313,91;
3) per l'effetto, revoca l'ordinanza resa ex art. 186 ter c.p.c. resa all'udienza del 27.01.2011;
4) condanna la banca convenuta, in persona del legale rappresentante pro-tempore, alla restituzione di tale somma in favore degli attori, oltre interessi legali a decorrere dal 01.01.2007 e fino all'effettivo soddisfo.
5) condanna la banca convenuta, in persona del legale rappresentante pro-tempore alla rifusione delle spese di lite in favore dell'attore, che liquida in complessivi Euro 370,00 per spese, oltre ad euro 12.800,00 per compensi, oltre Iva e CAp come per legge, oltre al rimborso delle spese per c.t.u. eventualmente anticipate dagli attori.
Lecce, 21.12.2012


Il Giudice Onorario
Avv. Giovanni Tommasi


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI FROSINONE
Sezione distacca di Anagni

Il Tribunale di Frosinone, sezione distaccata di Anagni, in persona del Dott. G. PIRO, ha pronunziato la seguente

SENTENZA n. 135 del 26 settembre 2012

Nella causa iscritta al n. 104 R.G. 2006;

TRA

C. srl, in persona del legale rapp.te p.t., difeso dagli avv.ti Antonio Tanza e Fernando Casini;

attore

CONTRO

Banca Nazionale del Lavoro, in persona del legale rapp.te p.t., difesa dagli avv.ti Bruno Biscotto, Claudio Trinchi e Luigi Tucci;

convenuta


All'udienza del 17/05/11, i procuratori delle parti precisavano le conclusioni come da verbale.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Omesso lo svolgimento del processo ai sensi dell'art. 132 cod. proc. Civ. - come modificato dalla legge 69/2009 - e applicabile anche ai processi pendenti in primo grado.
Prima di prendere in esame le domande formulate dalla Società attrice, si rende necessario affrontare le eccezioni preliminari sollevate dalla Banca convenuta a cominciare da quella di incompetenza territoriale del Giudice adito.
Alla luce delle risultanze documentali acquisite e segnatamente del modulo contrattuale rinvenuto agli atti, emerge che è stata convenzionalmente statuita per le controversie scaturenti dal rapporto intercorso tra le parti la concorrente competenza del foro nella cui giurisdizione si trova la dipendenza ovvero la sede centrale dell'Azienda di Credito.
Orbene nella specie è indubbio che il rapporto deve intendersi perfezionato presso la dipendenza di Anagni in quanto la domanda di apertura del rapporto sottoscritta da C. Srl è partita da Anagni e l'accettazione della BNL è pervenuta ad Anagni.
Essendosi il rapporto perfezionato presso la dipendenza della BNL di Anagni, l'eccezione di incompetenza sollevata dalla convenuta si appalesa infondata e va pertanto respinta. Altrettanto infondata è la preliminare eccezione di nullità della citazione per genericità di causa petendi e petitum in quanto dalla lettura dell'articolato atto di citazione si desumono chiaramente tutti i termini delle pretese azionate.
Parte attrice ha sostanzialmente proposto le seguenti domande:
- Accertamento e declaratoria di nullità ed inefficacia delle condizioni contrattuali dei rapporti di conto corrente e di apertura di credito intercorsi tra le parti relative: alla determinazione degli interessi debitori con riferimento al c.d. "uso piazza"; alla capitalizzazione trimestrale di interessi, competenze, spese ed oneri applicati nel corso del rapporto; all'applicazione di non convenute commissioni di massimo scoperto trimestrale prive di causa negoziale; all'addebito di interessi ultralegali per c.d. "giorni valuta"; interessi, spese, commissioni e competenze pretese laddove eccedenti il c.d. tasso soglia;
- Condanna della Banca convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre interessi legali creditori e rivalutazione monetaria, nonché alla rettifica della illegittima segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d'Italia ed al risarcimento dei consequenziali danni patiti da liquidarsi secondo equità. Il tutto con vittoria di spese.
In buona sostanza, ad una azione di declaratoria di nullità parziale di clausole contrattuali in aperta violazione di svariate norme, è stata collegata la consequenziale azione di ripetizione d'indebito, con la conseguenza del diverso regime prescrizionale da dovere prendere in esame, a fronte della relativa eccezione sollevata dalla Banca convenuta, dopo aver valutato il fondamento o meno della preliminare domanda di declaratoria di nullità in sé imprescrittibile.
Si tratta, quindi, di accertare quanto in ipotesi illegittimamente preteso ed incassato dalla Banca convenuta all'esito della verifica delle poste che si asseriscono illegittimamente annotate a debito in forza di clausole che, nel rapporto di conto corrente e di apertura di credito, si eccepiscono essere nulle o inesistenti, ed in particolare le pattuizioni in punto di anatocismo, interessi ultralegali, commissioni di massimo scoperto, decorrenza valute.
Tutto ciò premesso, passando all'esame delle contestazioni sollevate dalla Società attrice circa la validità delle clausole dei rapporti di conto corrente in oggetto, si ritiene innanzitutto fondata l'eccezione di nullità della pattuizione di anatocismo, quale risultante dai contratti in questione.
La pattuizione deve ritenersi nulla in quanto in violazione dell'art. 1283 c.c., per inesistenza di usi normativi che prima del 1942 autorizzassero, in deroga all'art. 1283 c.c., la capitalizzazione degli interessi a carico del cliente, né potendo riscontrarsi analogie tra il contratto di conto corrente bancario ed il contratto di conto corrente, per l'espressa estensione al conto corrente bancario (art. 1857 cc.) solo di alcune delle previsioni codicistiche in tema di conto corrente.
Non ritiene, pertanto, questo giudicante di discostarsi dall'esauriente e condivisibile analisi della questione, quale compiutamente si rinviene, dal 1999, nelle concordanti ed univoche pronunzie della Corte di legittimità (vedi Cass. 2374/99 e Cass. S.U. 21095/04).
E' quindi nulla la clausola pattizia che ha attribuito alla Banca la possibilità di operare la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, con la conseguenza che, dichiarata la nullità per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 c.c., "gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna". Ciò è quanto ha affermato da ultimo la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la pronuncia 24418/2010 cui questo giudicante ritiene di uniformarsi.
Si ritiene, infatti, che non sussista alcuna base normativa per poter ammettere la capitalizzazione annuale, che è pur sempre una forma di anatocismo. Nessun supporto normativo può essere ravvisato nell'art. 1284 e c. che stabilisce la cadenza annuale del tasso interesse come metro di misura, che non implica in alcun modo una capitalizzazione utile. Né si può ancorare un regime di capitalizzazione annuale all'art. 1831 c.c., che prevede la chiusura periodica del conto corrente, perché non richiamato dall'art. 1857 c.c. in materia di conto corrente bancario.
Peraltro è condivisibile l'interpretazione secondo cui, dichiarata la nullità delle clausole che prevedevano la capitalizzazione degli interessi, la previsione astratta di una capitalizzazione trimestrale "paritetica" come contemplata della nota delibera CICR del 2000 rappresenta per i contratti già in corso un peggioramento delle condizioni che, come, tale, esigeva la specifica approvazione del correntista, cosa nella specie non avvenuta.
In ordine al tasso degli interessi debitori applicati dalla Banca, fondata si reputa la contestazione svolta dalla Società attrice sul presupposto che non ne sia stata adeguatamente pattuita la misura, ciò in violazione del disposto di cui all'art. 1284 ult. c. c.c. secondo cui gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto, altrimenti sono dovuti nella misura legale. Si reputa, infatti, che la previsione contenuta nel contratto sia del tutto priva del requisito della specificità e determinatezza sancito dalla norma.
Sul punto, peraltro, la giurisprudenza si è ampiamente espressa affermando che "la mancata contestazione degli estratti conto inviati al cliente dalla banca, oggetto di tacita approvazione in difetto di contestazione ai sensi dell'articolo 1832 c.c., non vale a superare la nullità della clausola relativa agli interessi ultralegali, perché l'unilaterale comunicazione del tasso d'interesse non può supplire al difetto originario di valido accordo scritto in deroga alle condizioni di legge, richiesto dall'articolo 1284 c.c". (vedi Cass. 17679/09).
Nella fattispecie si ritiene trovi applicazione integrale il disposto di cui all'art. 1284 ult. comma c.c., anche in punto di tasso sostitutivo legale sino all'8 luglio 1992 e poi il tasso sostitutivo ex Legge n. 154 del 17.2.2004 e successivo TUB, come applicato dal CTU.
In punto "commissione di massimo scoperto" trimestralmente conteggiata a debito dalla Banca nel periodo temporale in esame, parimenti fondata si reputa la contestazione della società attrice, che ne eccepisce la mancanza di valida previsione contrattuale.
Questo giudice ritiene, infatti, che il termine generico "commissione" non abiliti a ritenere che si tratti del costo riferito alla facoltà di richiedere e ottenere dalla banca un'apertura di credito senza tuttavia alcuna menzione di una specifica spesa o commissione; la circostanza quindi che, pur conteggiata come costo di un servizio, sia stata prevista in termini del tutto generici, non corredati da alcuna indicazione di entità e modalità di conteggio, rende siffatta pattuizione viziata per indeterminatezza, risultando in violazione del disposto di cui all'art. 1346 c.c.
Relativamente al profilo afferente l'addebito della c.d. valute fittizie, l'accertamento tecnico espletato ha evidenziato che all'esito delle risultanze documentali non emergono particolari pattuizioni negoziali concernenti le date di addebito, mentre al contrario sono state quantificate spese forfettarie da tenere in considerazione in ordine al quantum debeatur.
Va altresì rilevato che la difesa della Banca convenuta ha invocato l'applicazione alla fattispecie dell'art. 2 comma 61 della legge 10/2011 (introdotta dal cosiddetto "decreto Mille Proroghe").
Sul punto si fa presente che con sentenza n. 78/2012 del 5.4.2012 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della detta norma per violazione degli artt. 3 e 117 della Costituzione.
La problematica resta, pertanto, ferma ai principi più volte affermati dalla Suprema Corte di Cassazione in ordine alla decorrenza della prescrizione dell'azione di ripetizione e segnatamente a quanto da ultimo sancito della Sezione Unite con la pronuncia 24418/2010 secondo cui nei rapporti di apercredito con regolamentazione in conto corrente bancario la prescrizione dell'azione di ripetizione decorre dalla chiusura definitiva del rapporto laddove le rimesse in conto siano state ripristinatorie della provvista, mentre laddove vi siano state rimesse c.d. solutorie vale a dire versamenti su conto "scoperto", cioè passivo senza apertura di credito (senza-fido), ovvero oltre il limite dell'affidamento accordato (extra-fido), la prescrizione decorre dal singolo versamento da intendersi come pagamento e quindi spostamento patrimoniale in favore della Banca.
Muovendo da tali principi, si pone nella specie la necessità di valutare la portata dell'eccezione di prescrizione sollevata dalla Banca convenuta.
A tal fine è d'uopo innanzitutto precisare che il rapporto base originario che regola l'apertura dei due conti correnti (nn. 3570 e 426) deve essere considerato unitario. Tale unitarietà la si desume non solo dalla sussistenza di un'unica apertura di credito utilizzata su entrambi i conti correnti per di più concomitanti tra loro, ma anche e soprattutto dal legame funzionale esistente tra gli stessi e dimostrato dal cospicuo giroconto di fondi effettuato nei primi mesi dell'anno 1996 che per entità e tempistica, al di là della successiva chiusura del c/c n. 3570, è indice dell'organicità del rapporto di credito e della sua continuità nel tempo.
Dovendo, quindi, trattare unitariamente i due conti correnti ai fini della valutazione dell'effetto prescrizionale, cade innanzitutto l'eccezione di prescrizione da ultimo puntualizzata (ancorchè tardivamente) relativamente al solo conto corrente n. 3570 la cui formale chiusura, avvenuta in epoca antecedente il decennio dalla notifica dell'atto di citazione, è del tutto irrilevante atteso che il conto 426 nel quale è sostanzialmente proseguito il rapporto di credito è tuttora pacificamente in essere.
Va da sé, allora, che venuta meno la portata della norma del c.d. "milleproroghe" su cui risulta rimodulata la generica eccezione di prescrizione originariamente formulata dalla Banca convenuta nella comparsa di costituzione e nella memoria ex art. 183, 6 comma n, I cpc, siffatta eccezione deve essere valutata alla luce dei principi affermati dalla Suprema Corte con la pronunzia n. 24418/2010,rilevando che la Banca non ha mai fatto alcun accenno all'efficacia solutoria di alcune delle rimesse operate nel corso del rapporto. La Banca, infatti, avrebbe dovuto precisare il momento iniziale dell'inerzia del correntista in relazione a ciascun versamento extrafido con funzione solutoria, allegandone e provandone il fatto.
Invece l'eccezione di prescrizione risulta genericamente formulata con riferimento indistintamente a tutte le singole annotazione antecedenti al decennio dall'avvio dell'azione, di talché la stessa deve essere dichiarata inammissibile.
Relativamente, infine, alla domanda formulata da parte attrice in ordine alla segnalazione alla Centrale rischi in mancanza di valido presupposto alla luce delle violazioni perpetrate dalla Banca convenuta, si ritiene che la stessa sia fondata e vada accolta con quantificazione in via equitativa del danno in quanto trattasi di danno in re ipsa quale indubbia fonte di discredito per la reputazione commerciale dell'imprenditore.
Le eccezioni sollevate dalla società attrice e ritenute fondate per le ragioni sopra esposte vanno ad incidere direttamente sulla quantificazione della pretesa azionata.
Sul punto, si ritiene di condividere le conclusioni rassegnate nell'elaborato peritale redatto dal CTU, atteso che l'analisi risulta condotta nel rispetto dei quesiti formulati e scevra da vizi, atteso peraltro che il CTU ha dato riscontro a tutti i rilievi sollevati dal CTP della Banca.
Alla luce di principi sopra sanciti vengono quindi presi in considerazione i conteggi distintamente elaborati dal CTU per i due conti correnti nella formulazione con tasso legale, depurazione dalla cms e senza capitalizzazione, che ha portato a quantificare in € 115.158,90 il credito in favore della C. srl relativamente al c/c n. 3570 con saldo al 25.3.1996, ed in € 403,901,77 relativamente al c/c n. 426 con saldo al 30.9.2003. Oltre € 16.794,2.9 per spese forfettarie ingiustificate.
Quanto, invece, al danno susseguente all'illegittima segnalazione alla Centrale rischi e da ritenere sussistente in re ipsa, si ritiene di quantificarlo in via equitativa nella misura di € 20.000,00 in considerazione dell'entità delle somme illegittimamente percepite dalla Banca.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si pongono a carico della Banca convenuta nella misura indicata in dispositivo, unitamente alle spese tutte di CTU come già liquidate in corso di causa.

P. Q. M.

Il Tribunale di Frosinone, sezione distaccata di Anagni, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa e respinta, così decide:
- In accoglimento della domanda di ripetizione d'indebito proposta dalla C. condanna la Banca Nazionale del Lavoro Spa, in persona del legale rapp.te pro-tempore, a corrispondere alla C. Srl il complessivo importo di € 535.854,96, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
- In accoglimento, altresì, della domanda risarcitoria proposta dalla C. srl in ordine alla segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d'Italia, condanna la Banca Nazionale del Lavoro Spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, a corrispondere alla C. Srl la somma di € 20.000,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
- Condanna la parte convenuta alla refusione delle spese in favore della parte resistente che liquida in € 20.600,00 di cui € 350,00 per spese, € 20.250,00 per diritti ed onorari, oltre rimborso forfetario, iva e cpa come per legge.
- Pone a carico della parte convenuta le spese di CTU, come già liquidate in corso di causa.
Anagni, 25/09/2012

Il Giudice
Dott. G. Piro


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