Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Sentenze

Caso MyWay/ForYou

4you ? NO 4 banca!

Finalmente una sentenza che non si ferma alla FORMA ma va alla SOSTANZA.....

Contratto denominato 4you – Pubblicità ingannevole – Violazione degli obblighi di correttezza dell’intermediario – Sussistenza. Documento contrattuale e obbligo di trasparenza nella prestazione dei servizi – Presentazione distorta della realtà - Sussistenza. Conflitto di interessi – Informazione specifica – Indicazione graficamente evidenziata del conflitto – Necessità. Correttezza e trasparenza degli intermediari – Tutela dell’integrità del mercato – Violazione – Nullità del contratto. Tutela del consumatore - Nullità delle clausole non redatte in modo chiaro e comprensibile – Sussistenza. Errore e dolo causato da pubblicità ingannevole - Sussistenza.




Tribunale di Firenze, – Giudice relatore Angelo Antonio Pezzuti - Sentenza del giorno 19 aprile 2005.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta nel ruolo generale nell'anno 2004 al numero 5545, tra

R. R.

rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Santarcangelo

e

BANCA TOSCANA s.p.a.

rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Corsi



°°°°°°°°°°



Argomentazioni e richieste di parte attrice

1. R. R. ha chiesto l’accertamento della nullità del contratto denominato “4YOU” concluso l’11 luglio 2001 con la società Banca Toscana. In subordine l’attore ha chiesto l’annullamento del contratto in questione e, ancor più gradatamente, l’accertamento della sua inefficacia. “In estremo subordine” ha chiesto, infine, la declaratoria di inefficacia della clausola penale contenuta nel contratto in questione. Parte attrice ha, inoltre, domandato la condanna della società convenuta alla restituzione di quanto dalla medesima pagato, “anche a titolo di spese”, e al risarcimento dei danni anche non patrimoniali da essa subiti.

2. A sostegno della domanda R. R. ha dedotto che il contratto in questione sarebbe stato nullo perché concluso in violazione di una serie di norme imperative, tratte sia dalla normativa di settore che dal codice civile. In particolare ha sostenuto che la società Banca Toscana nella conclusione del contratto denominato “4YOU”:

a) avrebbe violato gli obblighi di correttezza, diligenza e trasparenza sanciti dagli articoli 21, primo comma, lett. a) e 23, primo comma del decreto legislativo n° 58 del 1998 per aver, tra l’altro, presentato il contratto come un “prodotto previdenziale” mentre il realtà era un “mutuo di scopo”;

b) non avrebbe rispettato gli obblighi informativi e non si sarebbe attenuta al principio di adeguatezza delle operazioni sancito dal primo comma, lettera b) dell’art. 21 del decreto legislativo n° 58 del 1998 e dagli articoli 28 e 29 del regolamento della Consob n° 11522 del 1998;

c) avrebbe violato gli obblighi derivanti dal conflitto di interessi disciplinati dall’art. 21, primo comma, lettera c), del decreto legislativo n° 58 del 1998 e dagli articoli 27 e 32 del regolamento della Consob n° 11522 del 1998;

d) non avrebbe operato al fine di contenere i costi a carico dell’investitore come invece previsto dall’art. 26, primo comma, lettera c) e lettera f) del regolamento della Consob n° 11522 del 1998.

3. R. R. ha, inoltre, dedotto che il contratto concluso l’11 luglio 2001 sarebbe in contrasto con la normativa dettata dagli articoli 1469 bis e seguenti del c.c. essendo esso privo del requisito della “trasparenza” e dell’”equilibrio” sancito da tali norme. Sotto analogo profilo l’attore ha eccepito l’inefficacia della clausola n° 8 della sezione due del contratto in quanto celante una penale.

4. Parte attrice ha, da ultimo, dedotto che il suo consenso sarebbe stato carpito dalla banca convenuta con dolo, avendo la stessa rappresentato, attraverso artifici e raggiri, un contenuto contrattuale diverso da quello reale e che, comunque, il suo consenso era viziato da un errore essenziale avendo egli ritenuto di concludere “un semplice investimento” mentre in realtà perfezionava “un vero e proprio mutuo”.

5. R. R., con la memoria depositata il 26 giugno 2004, ha anche eccepito la violazione da parte della società convenuta del secondo comma dell’art. 47 del regolamento Consob nella parte in cui prevede che il valore degli strumenti finanziari acquisiti in garanzia debba risultare congruo rispetto all'importo del finanziamento concesso.



Argomentazioni e richieste di parte convenuta

6. La società Banca Toscana ha chiesto il rigetto della domanda asserendo che la natura del contratto era facilmente percepibile dalla lettura del medesimo, che la stessa era stata comunque illustrata a R. R. e che, comunque, quest’ultimo eseguendo il contratto per lungo tempo, l’aveva convalidato. In particolare l’istituto di credito convenuto ha dedotto che il piano “4you” era “totalmente trasparente sia per quanto attiene la componente di passività, vista la sua struttura del tutto simile e quella di un mutuo immobiliare, sia per la componente di attività che include titoli quotati ben noti” e che aveva fornito “le informazioni, certamente adeguate, sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni delle operazioni comprese nel piano, necessarie affinché la scelta di investimento fosse consapevole”.

7. La società convenuta ha, quindi, precisato di aver segnalato all’attore la situazione di conflitto di interessi, sia al punto B) che al punto C) del contratto, e che R. R. aveva acconsentito espressamente per iscritto all’effettuazione dell’operazione consapevole di tale situazione. La società Banca Toscana ha, inoltre, contestato che il contratto in questione non fosse meritevole di tutela o che fosse carente di causa e ha negato che la clausola n° 8 nasconderebbe una penale.

8. In caso di accoglimento della domanda attrice la società Banca Toscana ha chiesto, in via riconvenzionale, la condanna di R. R. al pagamento della somma di 34.309,88 euro “accreditata all’attore con valuta 31.07.01”.



Le conclusioni delle parti

9. R. R. ha così concluso: “Voglia il Tribunale Ill.mo, contrariis reiectis e previe tutte le provvidenze e declaratorie del caso: in via principale, accertare e dichiarare la nullità di tutti gli atti compresi nell’operazione denominata ‘Piano Finanziario 4YOU’, tra il Sig. R. R. e la Banca Toscana S.p.a. dell’11/07/2001; in subordine, accertare e dichiarare l’annullamento ex art. 1469 bis e ss c.c.; in ulteriore subordine, accertare e dichiarare l’annullamento ex art. 1439 c.c. e/o ex art. 1428 c.c., ovvero per conflitto di interessi; e conseguentemente – condannare la Banca Toscana s.p.a. a restituire integralmente tutto quanto pagato, anche a titolo di spese, dal Sig. R. R. in esecuzione del contratto (ad oggi € 12.000,00), nella somma che determinerà in corso di causa, oltre alla rivalutazione monetaria per il maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c., dalla data dei singoli pagamenti al saldo ed interessi legali con la medesima decorrenza; ordinare, altresì, alla Banca Toscana S.p.a. di comunicare alla Centrale Rischi Associativa gli adottandi provvedimenti: in estremo subordine, accertare e dichiarare l’inefficacia della clausola penale di cui all’art. 8 sez. 2^ del predetto contratto ai sensi degli artt. 1469 bis, terzo comma, n° 6 e 1469 quater. In ogni caso – respingere la domanda riconvenzionale in quanto infondata e inammissibile in fatto e in diritto: - condannare la Banca Toscana S.p.A. a risarcire i danni tutti patiti e patendi dall’attore, anche non patrimoniali, per la stipulazione e l’esecuzione del contratto; danni da quantificarsi anche in via equitativa ovvero in proseguo del giudizio, ai sensi dell’art. 278 del c.p.c. previa, nel secondo caso, condanna alla provvisionale che sarà ritenuta equa; - condannare la Banca Toscana S.p.a.alla refusione delle spese di lite”.

10. La società Banca Toscana ha così concluso: “Respingere tutte le domande ex adverso proposte, in quanto destituite di fondamento in fatto ed in diritto. Conseguentemente accertare la piena validità del contratto di cui è causa e dichiarare il sig. R. è tenuto a restituire alla Banca Toscana s.p.a. la somma di Euro 34.309,88, accreditata all’attore con valuta 31.7.01, oltre interessi e rivalutazione monetaria, e, conseguentemente, condannarlo alla restituzione a favore della Banca Toscana s.p.a. delle suddetta somma, o di quelle maggiori o minore che saranno ritenute di giustizia. In ipotesi, in via riconvenzionale nella denegata ipotesi di accoglimento, anche parziale, delle domande ex adverso proposte, accertare e dichiarare che il Signor R. è tenuta a restituire alla Banca Toscana s.p.a. la somma di Euro 34.309,88 accreditata all’attore con valuta 31.7.01, oltre interessi e rivalutazione monetaria, e, conseguentemente, condannarlo alla restituzione a favore della Banca Toscana s.p.a della suddetta somma, o di quelle maggiori o minori che saranno ritenute di giustizia. In estremo subordine nella denegata ipotesi di riconoscimento della natura di penale della clausola di cui all’art. 8 sez. 2 del contratto e della sua eccessività, ridurla in via equitativa. In ogni caso, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda di risarcimento danni, diminuire l’entità del risarcimento ai sensi e per gli effetti dell’art. 1227 del c.c. In ogni caso con vittoria di spese diritti e onorari, oltre rimborso spese, IVA e C.A.P., come per legge.”



Gli obblighi a carico della banca: la correttezza della pubblicità

11. Stabilisce il primo comma dell’art. 21 del decreto legislativo n° 58 del 1998 che nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono “comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza”. Nel caso in esame la società Banca Toscana non ha osservato tali canoni di condotta.

12. La mancanza di correttezza emerge, in primo luogo, nel modo in cui il contratto in questione è stato pubblicizzato. Come osservato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (provvedimento n. 11792 del 6 marzo 2003), il messaggio pubblicitario relativo al contratto denominato “4You” è idoneo a indurre in errore gli utenti in ordine alle effettive caratteristiche del prodotto offerto, potendo, per tale motivo, pregiudicarne il comportamento economico

13. Il messaggio oggetto della richiesta di intervento si sostanzia in un depliant, composto di quattro facciate, intitolato "4 You – L'innovazione nella previdenza". Nelle pagine centrali del depliant vengono descritte le caratteristiche e le finalità del prodotto, con espressioni quali "4 You ha le risposte giuste per te, perché è un piano finanziario che ti consente, anche con piccoli versamenti mensili, di sfruttare interessanti opportunità sui principali mercati finanziari, con prospettive di guadagno potenzialmente illimitate", "4 You offre la possibilità di selezionare l'investimento maggiormente in linea con la tua propensione al rischio" e "La particolare struttura del prodotto, anche in funzione del fondo prescelto, consente di beneficiare dei vantaggi tipici di una Asset Allocation altamente professionale: diversificazione, contenimento dei rischi, ecc.".

14. Tale prodotto viene prospettato nel messaggio in esame come un prodotto di investimento che consente, senza disporre di elevate dotazioni di capitale, di accedere alle opportunità offerte dai mercati finanziari e beneficiare dei vantaggi offerti dalla diversificazione e dalla possibilità di selezionare gli investimenti in funzione della propria propensione al rischio.

15. Per i suoi contenuti, il destinatario del messaggio è portato ad immaginare che i piccoli versamenti mensili cui il messaggio fa riferimento vengano impiegati per far fronte all'investimento con modalità analoghe a quelle previste nei piani di accumulo di capitale dei fondi comuni di investimento.

16. Nel depliant non si ravvisano elementi che informino correttamente il destinatario del messaggio della necessità di sottoscrivere un contratto di finanziamento per accedere al prodotto. Non rileva in tal senso la definizione di "piano finanziario" data nel messaggio al prodotto "4 You", data la generalità di tale espressione e non la idoneità della stessa ad evidenziare la componente di finanziamento del prodotto.

17. Alla luce delle considerazioni esposte, il consumatore può subire un indebito condizionamento nel proprio processo di scelta rivolgendosi all'operatore pubblicitario nell'aspettativa di effettuare un investimento, senza la consapevolezza di dover al contempo sottoscrivere anche un contratto di finanziamento.

18. Le caratteristiche di tale forma di pubblicità induce a ritenere che la società convenuta non si è comportata con correttezza nella prestazione dei servizi di investimento nei confronti dei ricorrenti avendo sottoposto ai medesimi la forma di pubblicità ingannevole sopra evidenziata.



L’assenza di trasparenza

19. La banca è tenuta, nella prestazione dei servizi di investimento e accessori, a comportarsi con “trasparenza”. La trasparenza si specifica come qualità del documento contrattuale che deve essere idoneo a porre l’utente in condizione di trarre dalla sua semplice consultazione gli elementi necessari per esprimere un consenso consapevole e, quindi, assumere una scelta negoziale responsabile

20. L’imposizione di tale obbligo a carico dell’intermediario significa, in primo luogo, che i moduli presentati ai clienti bancari per la sottoscrizione devono essere redatti con chiarezza, al fine di consentire agli stessi una precisa e immediata rilevazione della portata e dei rischi dell’operazione. La regola della trasparenza dispiega i suoi effetti, non solo sul piano contenutistico, ma anche sulle modalità di comunicazione, che devono garantire chiarezza e comprensibilità ed essere adeguate alle tecniche di contatto utilizzate con la clientela.

21. Il semplice esame del testo contrattuale evidenzia, al contrario, l’oscurità, la scarsa comprensibilità e la non chiarezza della disciplina pattizia. Il contratto non si presenta, al primo impatto visivo, come tale, ma solo una come “proposta” proveniente dal cliente di “adesione” a un piano finanziario. Da ciò emerge una realtà distorta di quanto effettivamente accaduto. Infatti, implicitamente, il contratto attesta che ciascuno dei soggetti sottoscrittori, si sia presentato presso la banca e che, avendo ben a mente quando attestato nel documento e manifestando, quindi, anche approfondito livello culturale e conoscenza degli strumenti finanziari, abbia di sua iniziativa proposto alla banca l’adesione al piano.

22. Sempre dal primo impatto visivo si rileva che il contratto è composto da un testo di otto pagine scritto in caratteri molto minuti. I paragrafi e le clausole non presentano un titolo o una rubrica, ma semplicemente una successione di lettere o di numeri.

23. Esso, inoltre, già dal primo esame presenta degli elementi fortemente contraddittori. Nella prima pagina del contratto risulta in bianco e non spuntata la parte relativa alla dichiarazione del cliente di avere ricevuto le informazioni necessarie per la conoscenza del piano di investimento e di aver fornito alla banca le notizie utili per consentire alla stessa di valutare l’adeguatezza per cliente dell’operazione è rimasta in bianco. La mancata spuntatura delle proposizioni induce a ritenere che il cliente non sia stato informato di nulla. Tuttavia nel prosieguo del testo R. R., in caratteri più minuti, dichiara di aver ricevuto “adeguate informazioni sulla natura, sulle caratteristiche, sui rischi e sulle implicazioni dei servizi” (vedi art. 4 della parte normativa del contratto).

24. Il vero e proprio testo contrattuale è diviso in due parti. Esso, dopo una pagina introduttiva, inizia con una lunga premessa di oltre due pagine e mezzo che, senza alcuna evidenziazione grafica, descrive la natura del contratto e spiega la sua disciplina in un succedersi di paragrafi denominati solo A), B), C) e D). Benché tale parte del documento costituisca solo una premessa il primo articolato del contratto chiarisce che fa “parte integrante e sostanziale” dell’accordo.

25. La seconda parte del testo contrattuale è quella normativa. Essa, benché – almeno in teoria – sia di maggiore importanza, è al contrario scritta in un carattere ancora più munito e quasi illeggibile se non avvicinandosi molto al documento. Tale testo di circa quattro pagine è diviso in più sezioni evidenziate sempre in caratteri estremamente minuti con numerazione degli articoli che ricomincia da capo in ogni sezione, rendendo più complesso anche l’individuazione delle clausole oggetto dei richiami e in particolare della sottoscrizione separata.

26. Alcune clausole, come la clausola n° 8, non sono nemmeno comprensibili. Per calcolare quanto il cliente è tenuto a pagare in caso di recesso dal contratto occorre fare dei calcoli estremamente complessi basati su una serie di variabili. La determinazione di tale somma in tale maniera non trova alcuna giustificazione. L’istituto bancario avrebbe potuto senza alcuna difficoltà ancorare il recesso dal contratto al pagamento di una somma già determinata o comunque facilmente determinabile. I caratteri estremamente minuti non consentono assolutamente di comprendere l’equivalenza tra i simboli adottati e la descrizione contenuta in calce alla pagina.

27. Tutte le violazioni agli obblighi di trasparenza imposti dalla legge assumono ulteriore rilievo e maggiore importanza in riferimento alla situazione concreta di conflitto di interessi in cui si è trovata ad agire la banca convenuta. L’art. 21 del del decreto legislativo n° 58 del 1998 impone agli istituti di credito non solo di “ridurre al minimo il conflitto di interessi”, ma anche di assicurare comunque ai clienti “trasparenza” nella situazioni di conflitto di interessi.



Il conflitto di interessi

28. Nel caso in esame non risulta che la società Banca Toscana abbia fornito a R. R. tutte le informazioni relative al conflitto di interessi chiarendo al cliente in che senso e in quale modo potesse emergere tale situazione. Non ha la banca convenuta illustrato all’attore di essere spinta nell’acquisizione degli ordini da un interesse diverso e anche in contrasto con quello dell’utente.

29. Va sottolineato che l’obbligo di informazione è diretto a soddisfare un’esigenza di riequilibrio della cosiddetta “asimmetria informativa” che non trova adempimento in una mera indicazione formale di indicazione dell’esistenza di un conflitto di interesse. La società Banca Toscana avrebbe dovuto informare specificamente il R. che stava per acquistare, tramite un finanziamento, dei titoli nei confronti dei quali lo stesso istituto di credito vantava un interesse economico alla collocazione.

30. Nell’ottica dei contratti bancari e in genere dei contratti di massa occorre assumere il concetto di “informativa” al rilievo giuridico che, una volta, era assegnato a quello della “trattativa”. Così come la libertà di trattativa è stata ritenuta un concetto fondamentale nella formazione del consenso (al punto di prevedere una compiuta ed esauriente disciplina dei vizi del volere) così ora bisogna garantire la completa e specifica informazione del contraente, attraverso l’estensione dei doveri generali previsti nel codice e l’elaborazione ed estensione degli obblighi specifici previsti nella legislazione speciale.

31. Se le modalità di contrattazione hanno portato a un depotenziamento della trattativa, il contratto diventa esso stesso strumento e veicolo di informazione e, in tale ottica, va valutata la sua liceità, arrivando a configurare una “contrattualizzazione” delle informazioni precontrattuali, che può spingersi fino a configurare un onere a carico di conformità dell’oggetto del negozio alle “dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte … nella pubblicità” (si legga l’art. 1519 ter c.c.).

32. L’art. 27 del Regolamento della Consob n° 11522 del 1998 dispone che nel caso in cui l’intermediario utilizzi dei formulari o moduli essi debbano recare “l’indicazione, graficamente evidenziata, che l’operazione è in conflitto di interessi”. Nel contratto in esame l’evidenziazione grafica del conflitto di interessi manca del tutto. Si fa riferimento a tale situazione nel capo B) e nel capo C) della narrativa senza alcun carattere speciale, più grande, sottolineato o corsivo. Parimenti si fa menzione del conflitto di interessi nell’ultima pagina sempre senza alcuna evidenziazione grafica.



La nullità del contratto

33. Il principale scopo della regolamentazione nel campo dell’intermediazione finanziaria è di assicurare l’affidabilità delle informazioni fornite al cliente, garantendo la sostanzialità e l’accuratezza dei consigli all’investimento da questi ricevuti. I sistemi regolamentati si preoccupano di mitigare lo svantaggio informativo sopportato da investitori non sofisticati nella fruizione dei servizi prestati dagli intermediari finanziari. L’acquirente di servizi finanziari confida implicitamente che i soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale stiano operando correttamente e professionalmente, cioè agiscano sulla base di un’expertise e di informazioni che a questi manca e non si avvantaggino di tale condizione. Le previsioni incentrate sulle clausole generali fanno sorgere alcune questioni. Innanzitutto i criteri di diligenza e correttezza su cui è incentrato il decreto legislativo richiamato evocano categorie civilistiche (cioè richiamano, rispettivamente, gli artt. 1176 e 1175).

34. Nella vigenza della legge n° 1 del 1991, parte della dottrina aveva attribuito a questi due canoni relativi alla disciplina di settore un carattere ridondante o, addirittura, meramente ripetitivo delle disposizioni codicistiche. Senonchè gli interventi del legislatore successivi al recepimento della direttiva 93/22/Cee concorrono ad attribuire autonoma e specifica rilevanza alla previsione contenuta nell’art. 21 del decreto legislativo n° 58 del 1998

35. Infatti, se nel contesto della legge del 1991 gli obblighi di diligenza e correttezza risultavano espressamente finalizzati alla "cura dell’interesse del cliente", con l’art. l’art. 21, tali obblighi sono imposti "nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati ".

36. Ne consegue che correttezza e diligenza, di cui alla disciplina dei servizi di investimento, esprimono concetti più ampi di quelli sottesi alle norme codicistiche, "operando non soltanto nel quadro di un rapporto obbligatorio con l’investitore per la tutela del soddisfacimento del suo interesse, ma anche più in generale (e in via di principio) in relazione allo svolgimento dell’attività economica come canone di condotta volto a realizzare una leale competizione e a garantire l’integrità del mercato".

37. Pertanto, nel contesto del decreto legislativo in esame diligenza e correttezza sono canoni di condotta riconducibili alle pratiche del commercio e agli usi imprenditoriali, mentre nel contesto codicistico non possono mai prescindere dall’esistenza di un rapporto giuridicamente rilevante tra due parti definite e precisamente individuate. Tutto ciò rende evidente l’esistenza, nella materia dell’intermediazione finanziaria, di interessi anche di carattere generale che rendono inderogabili le regole di comportamento.

38. La normativa richiamata è quindi posta a tutela dell’ordine pubblico economico e, dunque, si sostanzia in norme imperative, la cui violazione impone la reazione dell’ordinamento attraverso il rimedio della nullità del contratto, anche a prescindere da un’espressa previsione in tal senso da parte del legislatore ordinario.

39. Questo principio è stato sancito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 7 marzo 2001 n. 3272), secondo cui “in presenza di un negozio contrario a norme imperative, la mancanza di un’espressa sanzione di nullità, non è rilevante ai fini della nullità dell'atto negoziale in conflitto con il divieto, in quanto vi sopperisce l'art. 1418, comma 1, c.c., che rappresenta un principio generale rivolto a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione dei precetti imperativi non si accompagna una previsione di nullità”.

40. Pertanto, un contratto di investimento, concluso senza l’osservanza delle regole di condotta dettate dalla normativa richiamata, deve essere dichiarato nullo, perché contrario all’esigenza di trasparenza dei servizi finanziari che è esigenza di ordine pubblico.

41. I principi di condotta imposti a carico degli intermediari finanziaria dalla legge speciale, imprimono ai comportamenti dovuti una logica che non può essere letta riduttivamente, nel quadro della disciplina del mandato e, quindi, nell’ottica di un semplice inadempimento contrattuale.

42. Infatti se a questa figura giuridica si può per taluni aspetti riferirsi, questo deve essere fatto tenendo presenti quei contenuti normativi che, connotandola attribuiscono alla fattispecie elementi differenziatori individuati nella complessità di obblighi posti a carico dell'intermediario.

43. La prospettiva da cui muove la disciplina del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e nella quale sono confluite regole già vigenti e regole di nuove coniazione, riguarda, in generale, la regolamentazione del mercato finanziario con particolare attenzione alla tutela degli interessi pubblici sottesi alle regole. La protezione offerta agli investitori è considerata solo di riflesso.

44. In conclusione l’obbligo di correttezza e quello di trasparenza non hanno solo una dimensione “protettiva” con specifico riferimento alla formazione della volontà e del convincimento, ma assurgono a un ruolo attivo di conformazione del rapporto, spostandosi così nella definizione di un modello ottimale ed efficiente di scambio di mercato.

45. Ne consegue, pertanto, che il comportamento dell’istituto di credito non va valutato sotto il profilo personale del cliente ma in generale secondo un parametro di tutela garantito dal legislatore. In tale ottica il contratto in esame deve essere dichiarato nullo.



L’inefficacia sulla base della normativa consumeristica

46. Peraltro le clausole in questione, ove ritenute valide, sarebbero comunque inefficaci alla luce del disposto di cui all’art. 1469 bis n. 18 c.c. traducendosi, di fatto, se non accompagnate dalla dimostrazione di un’effettiva e completa informazione, in una limitazione per la difesa del consumatore e di responsabilità per il professionista.

47. Esse, inoltre, in quanto predisposte e non redatte “in modo chiaro e comprensibile” sarebbero comunque inefficaci nei confronti dell’attore consumatore ai sensi di quanto disposto dal primo comma dell’art. 1419 quater del c.c.

48. Ancora, a ulteriore dimostrazione dell’assenza di correttezza e di trasparenza da parte della banca convenuta, occorre rilevare che la facoltà dell’istituto di credito di “rinunciare al mandato ricevuto” per ogni “fatto o circostanza che dovesse rendere eccessivamente oneroso l’adempimento del mandato rispetto al momento del suo conferimento” risulta essere stata prevista in violazione delle disposizioni dettate dagli art. 1469 bis n° 5 e n° 7, senza contare che la mancata adozione di una forma chiara e comprensibile consentirebbe anche un’indagine in ordine all’equilibro sostanziale del contratto.



Conclusioni e ulteriori domande

49. In ogni caso, anche qualora non si volessero condividere le argomentazioni sopra esposte, dovrebbe ritenersi che il contratto in esame sia annullabile per errore o dolo. La pubblicità ingannevole e l’assenza di trasparenza nel comportamento della banca hanno certamente artato la volontà contrattuale dell’attore inducendolo alla sottoscrizione del contratto. Né al contrario risulta che l’istituto di credito abbia illustrato a R. R. le caratteristiche del prodotto finanziario venduto. La prova per testimoni articolata dalla banca sul punto, come di seguito si esporrà, non è ammissibile.

50. Tutto ciò premesso va dichiarata l’invalidità del contratto definito come “Proposta di adesione al piano finanziario denominato ‘4You’” concluso tra R. R. e la società Banca Toscana dell’11 luglio 2001 e condanna la società convenuta alla restituzione della somma, pari a 12.000 euro, utilizzata per l’acquisto dei titoli oggetto del contratto, oltre agli interessi, dalla data dei singoli pagamenti effettuati. Nell'ipotesi il comportamento di non correttezza e di non trasparenza della banca porta a escludere l’esistenza della buona fede.

51. Con l'entrata in vigore della l. 26 novembre 1990 n. 353 il saggio di interessi legali deve ritenersi determinato secondo le oscillazioni dell’inflazione. Sono pertanto venuti meno i presupposti posti a base del risarcimento del maggior danno derivante dal deprezzamento della moneta e della cumulabilità con gli interessi. La norma di cui al primo comma dell'art. 1224 c.c. ha recuperato l'originaria funzione di assicurare un risarcimento minimo e forfetario, indipendentemente da qualsiasi prova di danno, con la conseguenza che non sussiste più spazio al riconoscimento di altri danni forfetariamente calcolati, legati al tasso d'inflazione, ferma restando, per il creditore, la possibilità di chiedere e dimostrare il maggior danno.

52. Il maggior danno da svalutazione monetaria va provato e, pur essendo vero che, in difetto di prove specifiche, soccorre il potere del giudice di far ricorso a criteri presuntivi in ordine alla possibilità d'impiego del danaro, coerenti con la situazione personale e professionale del creditore, non si può prescindere dall'assolvimento, da parte del creditore stesso, quanto meno di un onere di allegazione che consenta al giudice di verificare se, tenuto conto di dette qualità personali e professionali, il danno richiesto possa essersi verosimilmente prodotto.

53. Il creditore non può, infatti, ritenersi esonerato dall'allegazione e prova, ancorché nell'ambito della categoria di appartenenza, degli elementi in forza dei quali il danno ulteriore può essere quantificato, atteso che, con particolare riguardo alla molteplicità delle categorie predette, il ricorso ad elementi presuntivi, o a fatti di comune esperienza non può certo tradursi automaticamente in parametri fissi comunque applicabili e deve ritenersi consentito soltanto in stretta correlazione con le qualità e le condizioni della categoria cui appartiene il creditore, e che esclusivamente alla luce di tali dati personalizzati, che l'interessato ha l'onere di fornire, sussistono i presupposti per una valutazione, secondo criteri di probabilità e normalità, delle modalità di utilizzazione del denaro e, quindi, degli effetti, nel caso concreto, della sua ritardata disponibilità.

54. Nel caso in esame, pertanto, non avendo R. R. in alcun modo dedotto e provato il maggior danno conseguente alla mancata restituzione della somma dovuta, la domanda di risarcimento va rigettata

55. Le ulteriori domande proposte da parte attrice (“ordinare, altresì, alla Banca Toscana S.p.a. di comunicare alla Centrale Rischi Associativa gli adottandi provvedimenti: condannare la Banca Toscana S.p.A. a risarcire i danni tutti patiti e patendi dall’attore, anche non patrimoniali, per la stipulazione e l’esecuzione del contratto”) non possono essere accolte non avendo R. R. dimostrato di avere subito, in seguito alla conclusione del contratto, un danno ulteriore e diverso da quello conseguente all’esborso di denaro.

56. La società Banca Toscana ha chiesto “In ipotesi, in via riconvenzionale nella denegata ipotesi di accoglimento, anche parziale, delle domande ex adverso proposte, accertare e dichiarare che il Signor R. è tenuto a restituire alla Banca Toscana s.p.a. la somma di Euro 34.309,88 accreditata all’attore con valuta 31.7.01, oltre interessi e rivalutazione monetaria, e, conseguentemente, condannarlo alla restituzione a favore della Banca Toscana s.p.a della suddetta somma, o di quelle maggiori o minori che saranno ritenute di giustizia”.

57. La domanda in questione va rigettata. La società Banca Toscana ha ceduto alla società MPS Assest Securitisiation “tutti i crediti (per capitale, interessi, anche di mora, accessori, spese, ulteriori danni, indennizzi e quant’altro) derivanti da contratti di mutuo erogati dalla Banca 121 S.p.a. nell’ambito del piano finanziario ‘4You’” come risulta dalla notifica di cessione dei crediti pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 1 giugno 2002 in virtù di quanto disposto dalla legge n° 130 del 30 aprile 1999. Ne consegue, quindi, che la società convenuta non è più la titolare del credito vantato in via riconvenzionale né risulta avere agito in giudizio in nome di terzi.



Le richieste istruttorie: inammissibilità e irrilevanza

58. R. R. ha chiesto:

a) l’emissione di un ordine di esibizione a carico della banca convenuta relativo al “documento generale sui rischi finanziari afferente il piano 4YOU; 2) ordine, in data 16/06/1999, di adesione all’offerta pubblica di vendita delle azioni MPS; 3) registro dei reclami, obbligatorio ex art. 59 Reg. Consob 11522/98, relativo ai piani finanziari 4YOU”;

b) l’ammissione della prova per interrogatorio formale del legale rappresentante della società Banca Toscana sui capitoli n° 1, 3, 4, 6 e 7 dell’atto di citazione.

59. La società Banca Toscana ha chiesto l’ammissione della prova per testimoni sui capitoli riportati nella nota di precisazione delle conclusioni.

60. Ritiene il Tribunale che non sussista alcuna necessità di procedere all’ammissione dei mezzi istruttori, su cui peraltro le parti non hanno nemmeno insistito nelle comparse conclusionali, dovendo la causa essere decisa sulla base dei profili preliminari sopra evidenziati. Gli unici profili di fatto controversi, relativi ai precedenti investimenti effettuati da R. R. e alle modalità specifiche con le quali l’attore è stato informato in ordine al rischio dell’operazione, su cui si sono appuntate le richieste probatorie della banca convenuta, sono infatti [assorbiti ndr] dalla preliminare indagine in ordine alla trasparenza e correttezza dell’operato della banca.

61. In ogni caso va rilevato che la prova per testimoni, così come articolata dalla società convenuta, è anche inammissibile. La necessità di specificare i fat­ti, imposta dall'art. 244 c.p.c. sui quali i testimoni sono chiama­ti a deporre può ritenersi soddisfatta solo ove, an­corché non precisati tutti i loro minuti dettagli, i fatti stessi siano esposti nei loro elementi essen­ziali e siano indicate le circostanze basilari che consentano al giudice di controllare l'influenza e la pertinenza della prova offerta e per mettere la parte, contro la quale la prova è diretta, in grado di formulare un'adeguata prova contraria (Cass., 11 ottobre 1989, n. 4056; 15 aprile 1987, n. 3728; 30 maggio 1983, n. 3716). Nel caso in esame la prova di cui la società Banca Toscana chiede l’ammissione, con particolare riferimento ai capitoli di prova n° 8, 9, 10, 11 e 12, è, al contrario, articolata in modo tale da non chiarire le modali­tà essenziali di tempo, di luogo e di svolgimento dei fatti dedotti.

62. Va, in particolare, evidenziato che la corretta informazione di R. R. in ordine alla natura e alla caratteristica del piano finanziario costituisce un momento saliente nell’ambito della vicenda contrattuale intercorsa tra le parti ed è stato oggetto di specifica e ripetuta contestazione da parte dell’attore.

63. L'indagine sulla specificità va condotta, non soltanto alla stregua della letterale formulazione dei capitoli articolati dalla parte istante, ma ponendo altresì il loro contenuto in relazione agli altri atti di causa ed alle deduzioni del contendenti (Cass. 3 ottobre 1995, n° 10371) e, proprio in tale ottica, la prova di cui la società Banca Toscana ha chiesto l’ammissione mostra i suoi limiti.



Le spese del giudizio

64. In applicazione del principio stabilito dall'art. 91 c.p.c. la società Banca Toscana va condannata anche al rimborso delle spese processuali che, tenuto conto della natura e del valore della controversia, dell'importanza e del numero delle questioni trattate e all'attività svolta dal difensore innanzi al giudice, si liquidano in complessivi 10.692,35 euro, oltre all’i.v.a. e al c.p.a., di cui euro 2.668,00 per diritti ed euro 6.297,50 per onorario ed euro 1.120,69 quale rimborso forfetario sulle spese generali.

per questi motivi

Il Tribunale, definitivamente decidendo, dichiara l’invalidità del contratto definito come “Proposta di adesione al piano finanziario denominato ‘4You’” concluso tra R. R. e la società Banca Toscana dell’11 luglio 2001 e condanna la società convenuta alla restituzione della somma, pari a 12.000 euro, utilizzata per l’acquisto dei titoli oggetto del contratto, oltre agli interessi, nella sola misura legale, dalla data dei singoli pagamenti al saldo ed al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi 10.692,35 euro, oltre all’i.v.a. e al c.p.a.

Così deciso il 19 aprile 2005 nella camera di consiglio della III sezione civile del Tribunale di Firenze, su relazione del giudice Angelo Antonio Pezzuti.

Il giudice relatore Il Presidente

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL GIUDICE DI PACE DI LECCE


Avv. Cosimo Rochira ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nella causa civile iscritta al numero del ruolo generale indicato a margine,

avente l’oggetto pure a margine indicato, discussa e passata in decisione

all’udienza del 05.05.2004,

promossa da

M. G. , rappresentata e difesa come da mandato in atti,

C/
MONTE DEI PASCHI DI SIENA, in persona dell’amm.re pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. P.Pepe e F. Carbonetti

* * * * * * *

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 02.12.2003, l’attrice chiedeva condannare, previa declaratoria della nullità e/o annullabilità di tutte le operazioni eseguite, anche ai sensi e per gli effetti di cui all‘art 1469 bis e s.s. cod civ., e previo accertamento del diritto della sig.ra M. G., il Monte dei Paschi di Siena S.p.A. alla restituzione e/o al risarcimento in favore dell’attrice della somma di Euro 2.000,00, o nella somma maggiore o minore accertata in corso di causa anche a seguito di C.T.U oltre rivalutazione, interessi dalla data di sottoscrizione del prodotto sino all‘integrale soddisfo, in ogni caso nei limiti della competenza del Giudice adito; con vittoria di spese e compensi.

All’udienza del 16 maggio si costituiva la Banca, depositando la relativa comparsa e fascicolo di parte e contestando integralmente le pretese dell’attrice perché infondate, sia in fatto che in diritto.

La causa veniva rinviata all‘udienza del 13 febbraio per gli incombenti ex art. 320 c.p.c. A tale ultima udienza, il difensore dell’attrice provvedeva a depositare Consulenza Tecnica disposta nell’ambito del procedimento penale pendente dinanzi alla Procura di Trani, sempre in tale sede si procedeva al libero interrogatorio dell’attrice e la causa veniva rinviata all’udienza del 9 marzo per l’esame della documentazione depositata.

Alla suddetta udienza, la Banca contestava l’ammissibilità della Consulenza Tecnica relativa al procedimento penale precedentemente depositata; il Giudicante, rilevava l’inammissibilità, ai fini del procedimento in esame, della suddetta Consulenza Tecnica, veniva ammessa invece C.T.U. nominando il Prof. Giovanni Martina di Lecce.

La causa veniva, quindi, rinviata all’udienza del 16 giugno per l’analisi della relazione del C.T.U. e discussione, con autorizzazione al deposito sino all’udienza medesima di note conclusive.

Motivi della decisione
La domanda attorea è fondata e merita accoglimento per quanto di ragione.

L’attrice, in sede di interrogatorio libero, dichiarava di essere stata informata dall’impiegato di banca della bontà e della mancanza di rischi del titolo per cui è causa; aggiungeva che il colloquio avvenne presso la sede di P.zza S. Oronzo e durò solo dieci minuti, e che solo nel 2002 prendeva atto che non aveva sottoscritto un normale BTP ma che ancora oggi, nonostante tutte le informazioni non ne capiva la struttura.

All’udienza del 16.06.2004 la banca convenuta offriva all’attrice a saldo e transazione, senza riconoscimento di debito, la somma di € 2.500,00, ma poi venivano ritirati perché non accettati a quel titolo dall’attrice. Il suddetto comportamento rileva anche ai fini della liquidazione delle spese processuali.

L’elaborato peritale del prof. Martina ha evidenziato, dopo aver analizzato la natura del prodotto denominato BTP Index e gli elementi caratteristici dello stesso, un elevato rischio per l’investitore, che la Banca erroneamente denomina il titolo B.T.P. con il codice ISIN come emesso dallo Stato Italiano confondendo i sottoscrittori. Tale condotta integra la c.d. “misrepresentation pubblicitaria” meglio nota come pubblicità ingannevole e che dottrina e giurisprudenza ritengono oramai fonte di diritto al risarcimento da fatto illecito ex art. 2043 c.c.. La C.T.U. accertava inoltre che vi è un conflitto di interessi poiché le perdite della Cliente rappresentano i guadagni della Banca; conclude, infine, che il Prodotto BTP Index non poteva essere considerato un Titolo di Stato per la presenza della componente derivata e per la mancanza di garanzia di rimborso del capitale investito nel titolo.

Si comprende, quindi che l’impiegato della Banca, mai avrebbe potuto spiegare alla sig.ra Marzo, la struttura del titolo de quo in soli dieci minuti, e che comunque avrebbe dovuto evidenziare il rischio del titolo proposto e non richiesto dalla cliente.

Il titolo in oggetto risulta, quindi, essere un contratto aleatorio e pertanto necessita di una preventiva sottoscrizione del contratto Quadro, nonché di una scheda del c.d. “profilo di rischio” della cliente come prescrive il Reg. CONSOB 98 imponendo i principi inderogabili della correttezza, buona fede, diligenza, trasparenza, ed equo trattamento. Nella fattispecie peculiare non sono stati sottoscritti i suddetti necessari documenti dalla sig.ra Marzo e la circostanza non è contestata dalla convenuta. La Banca era quindi tenuta a fornire preventivamente alla cliente informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni derivanti dal titolo, per consentire alla cliente di effettuare scelte consapevoli. La banca, inoltre, era tenuta a valutare l’adeguatezza del prodotto alle caratteristiche del risparmiatore ottenendo dalla stessa informazioni in ordine alla sua esperienze in campo finanziario e alla sua propensione al rischio.

Per quanto riguarda le perdite subite dall’attrice per la sottoscrizione del suddetto prodotto finanziario a pagina 11 della consulenza tecnica della Banca convenuta, a firma del dott. Raffaele Parlangeli, si parla delle perdite che il prodotto finanziario denominato BTP Index stava subendo alla data del 21.04.2004. Stando al prospetto indicato dal consulente il prodotto stava subendo, alla data indicata, la perdita di €.327,84. Tale perdita considera le cedole già percepite dalla sig.ra Marzo ed indicate nel prospetto. Questo calcolo potrebbe essere esatto se la sig.ra Marzo avesse effettuato un investimento che prevedeva perdite in conto ca­pitale.

Al contrario avendo l’attrice sottoscritto il suddetto Titolo, tutte le cedole percepite non possono essere considerate in conto capitale ma devo­no essere scorporate. Infatti sottraendo le cedole percepite la perdita dai €.327,00 calcolati dal consulente della Banca, aumenta sino a circa €.800,00.

Si rileva, inoltre, che in base al disposto dell’art. 23 comma VI del Testo Unico Finanziario (D.Lgs, n. 58/98 Art. 23 T.U.F (Contratti)): 1. I contratti rela­tivi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di i­nosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. 2. E’ nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tali casi nulla è dovuto. 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente. 4. Le disposizioni del titolo VI, capo I, del T. U. bancario non si ap­plicano ai servizi di investimento né al servizio accessorio previsto dall’articolo 1, comma 6, lettera f). 5. Nell’ambito della prestazione dei servizi di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi in­dividuati ai sensi dell’articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica l’arti­colo 1933 del codice civile. 6. Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli ac­cessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta. La Banca, pertanto, avrebbe dovuto fornire la prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta, per dimostrare che la sig.ra Marzo , acquirente sino a quel momento di Titoli di Stato, fosse sta­ta adeguatamente informata sulla elevata rischiosità del prodotto BTP In­dex, ma cosi non è stato.

Possono essere liquidate, quindi, in considerazione delle perdite indicate dal C.T.P della Banca e dal C.T.U. nonché anche a titolo di risarcimento danno ex art. 2043 c.c. (per misrepresentation pubblicitaria) in via prudenziale ed equitativa la somma complessiva di €. 1.150,00 (somma peraltro offerta dalla convenuta all’udienza del 16.06.2004).


P.Q.M.


Il Giudice di Pace di Lecce, definitivamente pronunciando accoglie la domanda proposta dalla sig.ra M. G. e, dichiara la nullità del contratto BTP index limitatamente alle opzioni di tipo put, non dovuti invece sono interessi e rivalutazioni monetarie, perché compresi nelle cedole già incassate dall’attrice per l’effetto, condanna il Monte dei Paschi di Siena, a pagare in favore dell’attrice la complessiva somma di € 1.550,00 oltre le spese processuali, parzialmente compensate, in favore dell’avvocato, dichiaratosi antistatario, liquidate in complessivi €.950.00 di cui €.50,00 per borsuali, €.300,00 per diritti ed €.600,00 per onorario di avvocato, oltre accessori come per legge.

Pone definitivamente a carico del convenuto la C.T.U.

Così deciso in Lecce oggi, 20/07/2004
Il Giudice di Pace
Avv. Cosimo Rochira


Il TRIBUNALE di LECCE rigetta il primo ricorso depositato dalla ex Banca 121 Spa (oggi MPS) per attaccare il patrimonio di un consumatore che non ha voluto continuare a pagare il finanziamento My Way

(dell’Avv. Antonio TANZA)




Nel 2000 Banca 121 S.p.A., nella persona del direttore della filiale di San Cesario, proponeva al Sig. A. M. (di anni 59, con titolo di studio “qualifica professionale artistica”, consumatore), che possedeva in quella banca una cospicua liquidità, un prodotto finanziario che gli avrebbe garantito alla scadenza (a dire del funzionario un quinquennio), oltre all’intero rimborso del capitale erogato, a mezzo di un piano d’accumulo mensile (così venne presentato il contratto dal dipendente della banca), un tasso di interesse abbondantemente superiore a quello dei titoli di Stato o obbligazionari. Al Sig. M. veniva sottoposta, quindi, una serie di documenti interamente prestampati, dal contenuto incomprensibile e con complesse formule matematiche, che dovevano essere sottoscritti immediatamente: dopo la sottoscrizione, avvenuta solo per fiducia nella professionalità del funzionario e della Banca (con la quale operava da circa trent’anni), gli veniva consegnata solo una copia parziale di uno dei due contratti. Il M., che ha altri investimenti in altre banche, mostrando ad altri tecnici la parziale documentazione consegnatagli dalla Banca 121 S.p.A., scopriva così di aver sottoscritto un contratto gravemente vessatorio ed ingiusto: infatti, non si trattava di un normale piano di accumulo (PAC) destinato all’investimento, ma di un vero e proprio prestito, comunicato alla Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia, di cui peraltro il M. non necessitava date le sue facoltose possibilità finanziarie, vincolato all’acquisto di titoli negoziati o collocati dalla medesima banca (in pieno conflitto di interessi), da rimborsarsi con il pagamento di 360 rate mensili, al tasso del 6,08%, con l’accollo per l’investitore, in via esclusiva, di tutti i rischi dell’operazione. La banca, con detto contratto, senza alcun rischio (dato che i titoli sono posti a garanzia), lucra quatruple commissioni: una prima volta guadagna per il finanziamento concesso; una seconda volta per l’acquisto di prodotti, addirittura della stessa banca; una terza volta guadagna per il mantenimento di quei prodotti per il trentennio, una quarta volta per il conto corrente acceso. A tal punto il M. protestava contro l’istituto e, non ottenendo delle giustificazioni a quel trattamento, così occulto e vessatorio, con lettera del 23 maggio 2001, comunicava di voler “chiudere i due piani finanziari” denominati MY WAY, poiché “aveva concluso un importante affare”. Ciò all’evidente fine di ottenere la restituzione delle somme già versate: infatti, sospendere o recedere da un piano di accumulo non comporta alcuna conseguenza. La banca non riscontrava alcunché, ma il già citato direttore cercava di dissuaderlo, tanto che il M., non fidandosi più del funzionario e della banca, in data 2 luglio 2001, impartiva alla banca il seguente ordine: “Il sottoscritto M. A., facendo seguito a precedente raccomandata del 23 maggio 2001 ed in relazione ai piani finanziari MY WAY n. ______ e n. _______, precisa che, come da colloqui intercorsi con il Dott. F., direttore della Filiale di San Cesario, l’estinzione dei piani finanziari dovrà avvenire senza che il sottoscritto debba sopportare alcun esborso rispetto all’inizio delle operazioni, risalente all’anno 2000 e quindi con la restituzione delle somme fino ad oggi, mensilmente rimborsate al sottoscritto. Vogliate, pertanto, darmi conferma di quanto sopra a stretto giro di posta”. A tale lettera la banca rispondeva con una interlocutoria del 9 agosto 2001 e poi con quella del 21 settembre 2001, in cui sosteneva di non aver rinvenuto alcuna anomalia in fase di collocamento dei piani finanziari: non si diceva nulla in ordine alla richiesta di restituzione delle somme e sulla eventuale esecuzione degli ordini. Non ricevendo alcuna concreta risposta, il M., sempre più preoccupato dal comportamento della Banca 121, con lettere del 16 novembre 2001, revocava il mandato di gestione ed ordinava alla banca la vendita dei titoli relativi alle gestioni patrimoniali denominate “Convertible” e “Condor plus”, disponendo l’accredito del ricavato su un conto acceso presso la filiale di Lecce di altro istituto di credito. Solo a quel punto, la banca, in data 28 novembre 2001, finalmente riscontrava la lettera del 2 luglio 2001 e la precedente del 28 maggio 2001, comunicando che “…avendo preso buona nota della Sua richiesta di estinzione dei prodotti finanziari...” l’operazione di revoca comportava l’estinzione anticipata dei piani finanziari, ed allegando una “simulazione al 12/06/2001 di estinzione finanziaria dei due piani denominati MY WAY” asseriva che il M. era debitore della somma di lire 1.060.457.889, alla quale sarebbe stato sottratto il ricavato della vendita dei titoli acquistati. Nella medesima lettera non comunicava che la vendita era stata effettuata, ma informava dei costi probabili che l’operazione avrebbe comportato: infatti, solo a titolo esemplificativo, si allegava un prospetto di liquidazione. Solo con lettera del 19 dicembre 2001, la banca intimava al M. di rimborsare, entro e non oltre 48 ore, la somma di lire 15.274.666, quale saldo debitore per capitale al 21 giugno 2001 presentato dal c/c My Way n. __________, e lire 178.041.820, quale saldo debitore per capitale al 21 giugno 2001 presentato dal c/c My Way n. ______________, il tutto per € 99.838 (al 21 giugno 2001) più competenze (?). Reagito alla prefata con vibrate proteste, il M. veniva convocato dai funzionari dell’ufficio legale della banca, Avv.ti _______ e ________, che gli proponevano la sottoscrizione di una transazione che, a detta dei funzionari, gli avrebbe permesso di risparmiare. La lettura della bozza di transazione evidenzia la modifica della realtà storica degli eventi, nonché l’imposizione di un segreto di divulgazione della stessa transazione, sanzionandolo con una penale di 155.000 Euro: la banca cercava, ancora una volta, di ingannare il M., assicurandosi l’impunità. Infine, come apoteosi della triste vicenda, la banca in data 24/05/02 depositava al Tribunale di Lecce ricorso per sequestro conservativo fino alla concorrenza dell’importo di Euro 150.000,00, sull’intero patrimonio del M., e segnatamente sulla somma di Euro 154.872,52, rinveniente dalla liquidazione di due linee di gestioni patrimoniali, denominate Condor Plus e Convertible, presenti su un conto di deposito del M. presso la filiale 121 di San Cesario. La temeraria azione della banca veniva rigettata, con ordinanza del Tribunale di Lecce, G.U. Dott. Petrelli, del 16/07/02 con il provvedimento che si allega:


TRIBUNALE CIVILE e PENALE di LECCE

Sez. Civile - G.I. Dott. Petrelli


Nel Giudizio intentato
da: Banca 121 Spa, con sede in Lecce, rapp. e dif. dall’Avv. R. Capaldo Pellegrino;
contro: A. M., rapp. e dif. dall’Avv. A. Tanza

Il Giudice,

-esaminati gli atti e sciogliendo la riserva che precede;

-ritenuto che nella fattispecie non sussiste il presupposto del periculum in mora per la concessione del sequestro conservativo richiesto, e cioè che il resistente ponga in essere atti di disposizione tali che il suo patrimonio divenga insufficiente a soddisfare i debiti della banca ricorrente;

- che, a parte la notevole consistenza del patrimonio del resistente, risulta provato e non è, peraltro, contestato che presso lo stesso Istituto di Credito il M. ha ulteriori investimenti – rispetto a quelli indicati in ricorso – per circa euro 300.000,00, importo notevolmente superiore all’eventuale credito di euro 99.838,00 vantato dalla ricorrente che, indubbiamente, esclude qualsiasi “timore di perdere la garanzia” da parte di quest’ultima;

P.Q.M.


Rigetta la Richiesta di sequestro conservativo formulata dalla ricorrente. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, in favore del resistente, che liquida in complessivi euro 1.000,00 di cui euro 600,00 per onorari ed euro 300,00 per diritti, oltre IVA e CAP.

Lecce, 16 luglio 2002.
Il G.U.

In pendenza del procedimento cautelare, la banca aveva già addebitato sul conto corrente n. _______ del Sig. M. Euro 91.950,93 e Euro 7.888,71, a titolo di “disposizione di giro conto”: aveva cioè stornato il preteso debito rinveniente dal contratto My Way su altro conto personale del cliente, con ciò violando il principio inderogabile di separazione dei patrimoni, di cui all’art. 22 , comma 2, TUIF, che sancisce, senza eccezione alcuna, il divieto di effettuare compensazioni legali e giudiziali e di stipulare compensazioni convenzionali per i conti relativi a strumenti finanziari. Con raccomandata a.r. del 12/08/02, il Sig. M., a mezzo del suo legale Adusbef, contestava in toto siffatta operazione (da un saldo attivo di euro 7.146,35 si è passati ad un saldo passivo per euro 99.839,42), ma senza riceverne risposta. Unico triste riscontro è che il c/c n. _______ intestato al M. sempre attivo, non solo è diventato passivo, ma ogni trimestre viene gravato da interessi ultralegali, commissioni di massimo scoperto, valute, spese ed interessi anatocistici del tutto indebiti ed illegittimi (per violazione degli artt. 117, 118 e 120 del T.u.b. ed art. 1283 c.c.). Detto ulteriore comportamento illegittimo è stato impugnato dall’utente, unitamente a tutto quanto sino ad ora esposto, dinanzi al Tribunale di Lecce, ove pende apposito giudizio. Nel frattempo l’Italia è insorta: migliaia di utenti si sono rivolti ad ADUSBEF Onlus per impugnare i contratti My Way e 4 You e l’azienda cerca di temporeggiare. Tutto ciò grava sulle ossa dei consumatori e degli utenti che hanno avuto il torto di fidarsi dell’istituzione banca e della tutela di uno Stato molto più interessato agli interessi dei potenti che del suo popolo. Tuttavia il consiglio di ADUSBEF è quello di citare la banca dinanzi ai Tribunali Civili chiedendo la risoluzione del contratto, ma continuando a pagare le rate, non fornendo il fianco ad azioni di aggressione della banca. Unica transazione proponibile è quella della risoluzione del contratto senza spese, cercando di riappropriarsi di quante più rate pagate possibile.

Lecce - Roma, 24 marzo 2003
Il Vicepresidente

Malagestione dei risparmi: vittoria ADUSBEF

(dell’Avv. Antonio TANZA)


Aumenta giorno per giorno la folta schiera degli utenti bancari che lamentano ingiustizie e soprusi subiti dalla loro banca a causa della malagestione dei loro risparmi, cosa fare?

Dimostrare la colpevolezza di una banca non è certo semplice ed andare in giudizio potrebbe risultare dannoso.

Tuttavia:

a) in presenza di un’operazione inadeguata (ovvero se l’operazione eseguita dalla banca ha comportato un rischio maggiore di quello contrattualmente indicato dall’utente: ad esempio, la banca invece di investire in Bot, come richiesto dal cliente, investe in fondi oppure, invece di investire in azioni investe in warrant, ecc..);

b) in mancanza di mandato (ovvero se l’operazione è stata eseguita dalla banca senza il consenso del cliente);

c) nell’ipotesi di promotore non abilitato;

è il caso di rivolgersi ad un avvocato nutrendo ottime speranze di ottenere un risarcimento.

Quando ci si rivolge alla nostra associazione di consumatori è il caso di far visionare tutta la documentazione contrattuale (contratto, documenti sui rischi e obiettivi di investimento, ordini conferiti, ecc...) al fine di permettere all’esperto di confrontare la conformità di detti documenti alle delibere Consob.

La denuncia della violazione delle regole Consob può comportare anche la sospensione della banca dal mercato per sei mesi.

Spesso l’utente è spinto da un promotore o da un funzionario a sottoscrivere l’acquisto di un certo prodotto con la convinzione di aver invece sottoscritto tutt’altro: siamo in presenza di un vero e proprio raggiro che solo la magistratura penale potrà analizzare con qualche soddisfazione per l’utente.

Bisogna, in tal caso, dare prova di quanto si accusa e allora sono utili le persone presenti al fatto e/o le registrazioni ambientali (eseguite a norma di legge).

Per le ingiustizie che hanno un valore non superiore ai 5.000 euro (cioè quasi mai) si può scrivere un esposto all’Ombudsman: organo assolutamente non terzo ed indipendente (basti pensare che dei 5 membri, due sono designati dall’Associazione Bancaria Italiana ed uno da Banca d’Italia, gli altri due sono un avvocato ed un dottore commercialista: i consumatori non sono rappresentati).

Altra soluzione per affrettare il procedimento contro un caso di mala gestio è quello di rivolgersi alla Camera di Commercio, ma il verbale di conciliazione che viene emesso non ha valore obbligatorio.

Ultimamente numerose doglianze pervengono alla Ns. associazione da parte di molti consumatori che sono incappati in un particolare tipo di “investimento” rivelatosi poi per essere tutt’altro.

Si tratta in realtà di un vero e proprio finanziamento pluridecennale erogato da una finanziaria diversa dalla banca, ma non menzionata al momento della sottoscrizione del contratto, con relativa segnalazione alla Centrale dei Rischi ed impossibilità di recesso anticipato se non a fronte di esose quanto ingiustificate penali.

Sono “investimenti” dai nomi inglesi dalla traduzione rassicurante che vengono proposti perché, dicono, studiati appositamente “PER TE”, per aiutarti a trovare la TUA “STRADA” nel mondo degli strumenti finanziari…

L’investimento entra nelle case sotto le mentite spoglie di un piano di accumulo in un fondo comune liquidabile in qualsiasi momento per poi rivelarsi per quello che in realtà è, cioè come un finanziamento erogato per 30 anni ( che se fatto sottoscrivere a 60 anni si chiuderebbe a 90!) per sovvenzionare l’acquisto di una serie di titoli, la maggior parte dei quali a garanzia del finanziamento stesso, i cui versamenti non possono essere sospesi dal momento che costituiscono vere e proprie rate di un vero e proprio debito che deve essere ripianato.

L’estinzione anticipata? uno specchietto per le allodole praticamente impossibile a meno di non voler pagare alla banca, che tanto ha curato i vostri interessi, una penale altamente vessatoria che, sommata alle inevitabili perdite dei titoli acquistati (nel vostro interesse?) con il finanziamento, raggiunge somme iperboliche sproporzionatamente superiori ai versamenti effettuati e di cui si può/deve chiedere la riduzione ai sensi dell’art. 1384 c.c. quando addirittura non supera in molti casi il tasso di soglia previsto dalla legge 108/96.

In parole povere: il cliente contrae un mutuo oneroso, obbligandosi a versare interessi per trent’anni, ed a corrispondere esose commissioni per l’acquisto e la gestione di un’operazione ad alto rischio mentre la banca incassa l’interesse del finanziamento, le commissioni di intermediazione finanziaria e quelle di gestione, senza rischiare alcunché, guadagna sempre e comunque; l’estinzione anticipata viene calcolata con l’applicazione di una formula comprensibile soltanto da un professore in matematica finanziaria e sanzionata con il riconoscimento di un tasso SWAP, che nulla ha in comune con l’operazione in questione, il tutto molto spesso è posto al termine di un documento scritto in lingua inglese.

L’investimento è poi assistito da una polizza assicurativa che però è garantita solo fino al 75° anno di età e che se, come molto spesso accade, si applica a sottoscrittori di età superiore ai 45 anni, costituisce una garanzia sicuramente parziale e non esauriente.

Per non parlare poi, sotto il profilo strettamente giuridico, della selva intricata di clausole vessatorie (art. 1469 bis comma 1° c.c.) di cui questo genere di “investimenti” sono un vero e proprio vivaio e di cui deve essere chiesto l’annullamento in sede giudiziale.

Quando si pensa poi di aver raggiunto un risultato insperato e desiderabile con la proposta di una transazione ATTENZIONE la stessa bozza di transazione è un altro esempio di vessatorietà ed assoluta scorrettezza.

Il contratto è sempre redatto su un modello prestampato in cui solo l’importo dell’investimento è lasciato in bianco: tutto il resto è stampato in caratteri microscopici, in un linguaggio estremamente tecnico ed incomprensibile, anche quando è scritto in italiano.

Il normale sottoscrittore non può certo capire i meccanismi che sottendono quel contratto, né, si sa, il funzionario si premura di fornire adeguate e veritiere informazioni e spiegazioni sulla complessa operazione.

Nessuno a cui venisse effettivamente ed efficacemente spiegato il perverso meccanismo di questi “prodotti” firmerebbe quel contratto capestro.

Tristemente note sono le vicende, al limite del paradosso, del ragazzo down, invalido al 100%, che si troverebbe ad avere consapevolmente (!) sottoscritto uno di questi contratti.

Ciò che conta per la Banca è infatti il dato formale, cioè la firma, in nome della quale si violano con stupefacente leggerezza tutte le norme sulla diligenza, trasparenza ed informazione previste dal T.U.f e dai numerosi regolamenti CONSOB.

Recente è il caso di un imprenditore del leccese che, nonostante sia avvezzo a trattare con le banche e con i soldi, si è visto coinvolgere in uno di questi investimenti/finanziamenti convinto invece di firmare un investimento con un piano d’accumulo, come gli era stato prospettato e non piuttosto un mutuo trentennale (con rate sino all’eta di 89 anni non interamente coperte da assicurazione) per l’acquisto di titoli altamente rischiosi.

Come possiamo definire l’elemento soggettivo della banca e del funzionario che godendo della fiducia dell’utente, gli appioppano un contratto altamente rischioso ma di sicuro estremamente remunerativo per la banca, se non come un vero e proprio caso di evidente dolo contrattuale?



I consumatori sono in rivolta e la banca spera di ottenere dei risultati nelle aule giudiziarie dalle quali invece iniziano ad ottenersi pronunce come quella del Tribunale di Caltanissetta che riportiamo integralmente di seguito, buona lettura e coraggio!



Sent. N. 791/2001

Reg. Gen. “ 1392/2000

Cronologico “ 3965/01

Rep. “1145/2001

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice del Tribunale di Caltanissetta -sezione civile – Dott. Salvatore Raggio ha pronunciato la seguente

SENTENZA
Nella causa civile iscritta al n. 1392/2000 R.G. avente ad oggetto:<Annullamento di operazioni d’investimento bancario>>.

promossa

DA
G. A. ed elettivamente presso lo studio dell'avv. Cipolla dal quale è rappresentato e difeso per procura a margine dell' originale atto introduttivo

-ATTORE -

CONTRO

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.A. con sede in Siena Piazza Salimbeni, 3 in persona del suo legale rappresentante pro tempore domiciliato, rappresentato e difeso dagli avv.ti Balistreri e Giannini per procura in calce alla comparsa di risposta

- CONVENUTA-

Conclusioni delle parti

per l'attore: «Piaccia al Tribunale, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, nell' accoglimento delle domande ed eccezioni tutte di cui in narrativa, con qualsiasi statuizione, ritenere e dichiarare che il documento ordine, sottoscritto l' 11/3/1999, è nullo, invalido e privo di ogni giuridica efficacia, e così pure la postuma annotazione rappresentata, sotto forma di dichiarazione nel documento suddetto; ritenere e dichiarare altresì che l'operazione d'investimento effettuata dall'attore è illecita ed illegittima perché effettuata in manifesta ripetuta violazione, da parte della banca, sia delle regole di comportamento che delle disposizioni di legge in materia. Per l'effetto condannare la banca convenuta e per essa il suo legale rappresentante pro tempore ed il direttore pro tempore della sede di Caltanissetta, congiuntamente, alla immediata restituzione della somma di £. 206.468.904, e se non disposta ai sensi dell’art. 186 bis c.p.c., ma con l’emananda sentenza, con gli interessi maturati e maturandi e sino al soddisfo.

Condannare infine parte convenuta al risarcimento dei danni da liquidarsi ex art. 96 c.p.c. e/o in via equitativa. Con vittoria di spese e compensi di causa» per la convenuta: «Che il Signor giudice unico, accertata la legittimità del comportamento della Banca, voglia respingere tutte le domande avanzate dall’avv. A. G. perché infondate in fatto e in diritto col favore delle spese»

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 24/11/2000 l'avv. A. G. convenne in giudizio dinanzi questo Tribunale di Caltanissetta il Monte dei Paschi di Siena S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore con sede in Siena, esponendo: Intorno alla fine di febbraio del 1999 certa L. C., dipendente della Banca convenuta addetta ai servizi d'investimento della filiale di Caltanissetta, propose all'attore di effettuare un’operazione d’investimento, limitandosi ad evidenziare la convenienza a motivo degli interessi che sarebbero stati corrisposti nella misura del l 0% per anno.

In momenti successivi la predetta sollecitò l'attore a compiere l'operazione poiché si approssimava il tempo di scadenza dell' offerta e così l’attore procedette allo investimento impegnandovi la somma di £. 206.468.904. A tal fine l'11/3/1999 sottoscrisse il modello prestampato fornito dalla banca, che gli fu consegnato l'anno dopo allorquando apprese alcuni elementi dell’operazione che gli erano stati taciuti. In tale circostanza apprese che l’operazione aveva una durata di trent'anni, che gli interessi successivi al primo anno e fino al decimo anno sarebbero stati del 5% e che dall'undicesimo sino a trentesimo anno il capitale non avrebbe più prodotto interessi, ma alla scadenza lo stesso si sarebbe raddoppiato; apprese anche che avrebbe potuto prima di tale scadenza riavere il capitale con una perdita, però, di circa il 40%. Nell'apprendere ciò venne assalito da un vero e reale stato di panico, considerato che avrebbe potuto riavere il capitale alla sua veneranda età del novantaquattresimo anno.

Premesso ciò, l’attore denunziò la violazione di una serie di norme di leggi e regolamentari e che chiese che venisse dichiarato che il documento – ordine sottoscritto l’11/3/1999 è nullo, invalido e privo di ogni giuridica efficacia così pure la postuma annotazione rappresentata sotto forma di dichiarazione del detto documento. Chiese, altresì, che l’operazione di investimento in oggetto venisse dichiarata illecita ed illegittima e per l’effetto chiese che la banca venisse condannata alla restituzione della somma di £. 206.468.904 con gli interessi sino al soddisfo. Infine l’attore chiese la condanna della banca anche per danni ex Art. 96 c.p.c..

La Banca convenuta si costituì in giudizio, contestò l’assunto dell’attore, spiegò che questi era stato messo a corrente dell’operazione che andava a sottoscrivere nonché degli eventuali rischi cui poteva andare incontro e chiese il rigetto della domanda attrice.

Le parti produssero documenti e precisate le conclusioni trascritte in epigrafe, vennero assegnati alle stesse termini di legge per il deposito di memorie difensive e di eventuali repliche. Scaduti tali termini la causa viene decisa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il decidente osserva che il rapporto intercorso tra il G. e la Banca va indubbiamente inquadrato nella figura giuridica del contratto e come tale oltre ad essere regolato dalle norme specifiche della materia, vanno applicate allo stesso le norme del codice civile.

L'art. 1321 c.c. definisce il contratto come l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.

Gli articoli immediatamente successivi regolano l'autonomia contrattuale delle parti e dispongono che anche i contratti atipici cioè quelli che hanno una disciplina particolare, sono sottoposti alle norme generali previsti dal codice civile per ogni tipo di contratto.

Nel caso in esame va subito evidenziato che nel rapporto contrattuale in oggetto non vi è un vero e proprio contratto scritto che regoli in tutti i suoi specifici, dettagli le clausole contrattuali usuali, che indichino i limiti entro cui l'accordo debba ritenersi valido, i termini e la durata dello stesso, l'ammontare degli interessi prodotti dal capitale versato ed ogni altro elemento utile da cui si possa inequivocabilmente trarre una chiara ed evidente volontà delle parti in ordine a quanto convenuto.

Le carte che portano la firma del G., prodotte in copia non solo dallo stesso ma anche dalla Banca convenuta, sono soltanto due ed entrambe non aiutano a chiarire il contrasto insorto tra le parti perché nulla dicono circa l'accordo specifico costituente l'oggetto della presente controversia.

Il primo di tali documenti è' costituito da un contratto di intermediazione mobiliare n. 1030068 e da un contestuale contratto di deposito titoli a custodia ed amministrazione n.39606.59, datato 16/6/1998. tale contratto, scritto con minuscoli ed addirittura microscopici caratteri, costituente modulo prestampato dalla banca, di per sé viola l'art. 1469 quater c.c. il quale stabilisce che nel caso di contratti di cui tutte le clausole, come nel caso in esame, siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile. Già di per sé un tale, contratto ha tutte le sembianze di un contratto vessatorio ai sensi dell'art. 1469 ter c.c. Il predetto contratto all'art. 15 stabilisce che lo stesso è a tempo indeterminato e ciascuna parte può recedervi con preavviso di almeno 15 giorni da darsi mediante lettera raccomandata. Stranamente invece, tale diritto di recesso non risulta contemplato nel nebuloso rapporto intercorso tra le parti costituente l'oggetto della presente controversia. Altrettanto stranamente, per come sopra evidenziato, nel detto rapporto non vennero precisate né la durata, né il diritto di recesso, né le condizioni ed i termini del recesso stesso e degli eventuali oneri a carico del G. nelle ipotesi anzidette.

L'odierno attore sottoscrisse anche un "ordine" diretto alla Banca in un modulo prestampato, datato secondo il costume anglosassone "99 -03 -11'' che tradotto nell'uso italiano sta per 11/03/99, in cui alla voce “documentazione” testualmente si legge: "L'operazione richiesta con il presente ordine, che è altresì regolato dal contratto d'intermediazione mobiliare, sopra indicato, sarà documentata -secondo le disposizioni vigenti -con l'emissione e l'invio di fissato bollato o di nota informatica, con la medesima intestazione del deposito titoli, nel quale sono registrati ed amministrati i valori mobiliari" sottoscritto dal G. il 16/6/1998 siano anche applicabili "all'operazione richiesta" e cioè all'investimento di che trattasi. Se così è, abbiamo sopra evidenziato che l'art. 15 di tale atto "documentazione" dell' ordine datato "99 -03 -Il ", abbiano letto " che "l'operazione richiesta con il presente ordine, che è altresì Da quanto risulta scritto in quest'ultimo documento, sottoscritto dal G. e predisposto dalla Banca, parrebbe di capire che con tale atto vengano richiamate anche le clausole del primo documento anzidetto datato 16/6/1998: infatti sotto la voce legittimamente a tempo indeterminato con facoltà di recesso di una delle parti in qualsiasi momento, con il solo obbligo di dame avviso alla controparte almeno 15 giorni prima. regolato dalle norme del contratto di intermediazione mobiliare sopra indicato" parrebbe di capire, sia pure nella nebulosità del caso, che le norme del contratto di intermediazione mobiliare stabilisce che "il contratto è a tempo indeterminato e ciascuna parte può recedere con preavviso di almeno 15 giorni". Quindi per l'esplicito richiamo fatto dall' ordine "datato 99 - 03 - 11'' l’operazione fatta dal G. con la Banca appariva facoltà di recesso di una delle parti in qualsiasi momento, con il solo obbligo di dame avviso alla controparte almeno 15 giorni prima.

Comunque anche a non volere accedere a tale tesi, che al deducente appare razionalmente fondata ed aderente agli scritti che la Banca ha fatto sottoscrivere al G., su moduli prestampati dalla stessa predisposti, vi sono altri elementi normativi rilevanti che portano alla stessa conclusione. Il decreto legislativo 24/2/1998 n. 58, che un po' regola la materia, all'art. 21 stabilisce che nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, Correttezza e trasparenza nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati. Non v'è dubbio che nella voce "trasparenza" vi è incluso l'obbligo di scrivere chiaramente nel contratto sottoscritto dal cliente la durata dell’obbligo da questi assunto, i rischi cui può andare incontro, il quantum e le modalità di percezione degli interessi. Nulla di tutto ciò risulta dagli atti che la Banca fede sottoscrivere al G..

L’art. 24 del detto decreto legislativo, in aderenza con l’art. 117 D. L.vo 1/9/1993 n. 385, riguardante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, prescrive sotto pena di nullità la forma scritta del relativo contratto secondo il disposto dell’art. 1350 c.c.. Il detto articolo 24 nel suo ultimo comma dichiara nulli i patti contrari alle disposizioni dello stesso articolo e tale nullità può essere fatta valere dal solo cliente, come nel caso in esame sta avvenendo. E qui si innesta l’inammissibilità della prova testimoniale richiesta dalla Banca in quanto l’art. 2725 c.c. stabilisce che quando un contratto per legge o per volontà delle parti deve essere provato per iscritto la prova per testimoni è ammessa soltanto quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova; la stessa regola si applica nei casi in cui la forma scritta è richiesta sotto pena di nullità come nel caso in esame. Pertanto il regolamento predisposto dalla Banca riguardante le obbligazioni 1999 – 2029, che dispongono della durata degli interessi e delle obbligazioni non è opponibile al G. perché tale regolamento privatistico bancario non è sottoscritto dal cliente e non è riportato nemmeno negli atti, che non osiamo definire contratti perché privi di tale caratteristica dallo stesso firmati. La prova testimoniale richiesta dalla Banca oltre ad essere inammissibile per legge per come anzidetto è anche in conferente. Invero anche dato in via di ipotesi che il G. fosse stato messo a voce al corrente del detto informale ed irrilevante regolamento, da ciò non si può desumere a mezzo di prova testimoniale che tali clausole regolamentari fossero stati accettati dal cliente, il quale, anzi, trattandosi di clausole vessatorie, legittimamente poteva ritenere che le stesse non fossero applicabili nel suo caso in quanto non riportate né esplicitamente né chiaramente negli atti che la Banca gli fece sottoscrivere. In altre parole all’attore sono opponibili solo ed esclusivamente tutte quelle clausole contrattuali risultanti sottoscritte dallo stesso, nonché tutte le disposizioni legislative e non anche quello che a voce la Banca gli avrebbe detto tramite i suoi rappresentanti o che questi gli avrebbe fatto vedere o leggere. Per quanto possa valere, va evidenziato che tutto quanto sopra esposto, riguardante la consegna e la sottoscrizione da parte del cliente dei rischi cui lo stesso possa andare incontro, risulta trasfuso nella circolare n. 33/1998 del 24/7/1998 della Consob diretta a tutte le sue associate.

Pertanto la domanda attrice va accolta e va dichiarata la nullità del rapporto in oggetto intercoso tra l’attore e la Banca convenuta. Per l’effetto di tale pronunzia la detta banca va condannata a restituire al G. la somma di £. 206.468.904, con gli interessi legali a decorrere dalla domanda sino al soddisfo. La domanda di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. va rigettata perché non provata né nell'an né nel quantum ed in ogni caso gli interessi legali e la condanna alle spese della banca convenuta appaiono satisfattive del danno lamentato. Le spese del giudizio vanno poste sulla banca rimasta soccombente e vanno liquidate in favore dell'attore in complessive £. 14.708.300 di cui £.2.300.000 per competenze e £. 11.500.000 per onorario, oltre IVA e C.P. come per legge.

P.Q.M.

Disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa; dichiara la nullità del rapporto meglio specificato in motivazione e costituente l'oggetto della presente controversia, intercorso tra G. A. e la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., con sede in Siena, in persona del suo legale rappresentante pro tempore. Condanna per l’effetto la Banca convenuta a restituire al G. la somma di £. 206.468.904 con gli interessi legali a decorrere dalla domanda sino al soddisfo Condanna la detta Banca al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in favore del G. in complessive £. 14.708.300 oltre IVA e C.P. come per legge. Caltanissetta, 10 Dicembre 2001.


IL GIUDICE




Attenzione quindi a firmare moduli in banca e conservate copia di tutti i documenti: la prima cosa da fare prima di rivolgersi ad ADUSBEF è raccogliere tutti i documenti, richiedendoli con le lettere che trovate nei siti www.studiotanza.it o www.adusbef.it .

Lecce – Roma, 13 ottobre 2002

Il Vicepresidente ADUSBEF



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