Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Maglie/ Firenze

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2010

XXIX

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Lecce Sezione di Maglie in composizione monocratica, in persona del Dr. Angelo Rizzo, ha pronunziato la seguente

SENTENZA n. 246/10

nella causa civile iscritta al n. 852/2006 del Ruolo Generale
promossa

DA

P. srl e P. Giovanni Luigi con l'avv. Antonio Tanza

CONTRO

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA con l'avv. Paolo Federico Fedele
Oggetto: anatocismo.


La presente sentenza viene redatta ai sensi degli artt. 132 n. 4 cpc e
118 disp. att. cpc nel testo introdotto dagli artt. 45 e 52 della L. n. 69 del 18.6.2009.

§§§§§§§§
CONCLUSIONI

Per P. srl e P. Giovanni Luigi:

1) accertare e dichiarare la nullità ed inefficacia per violazione degli artt. 1284, 1346, 2697 e 1418 co 2 c.c. nonché dell'art. 8 L. n. 64/98, dell'art. 7 comma 3 delle condizioni generali del contratto di apertura di credito e di c/c n. 90062-94 rinumerato al n. 90062.74 oltre c/c secondari confluenti ( n. 91124/04 successivamente indicato come c/c n. 91214-52 dal 8.11.1993 al 30.11.2000; n. 90893/57 successivamente indicato come c/c n. 90893-79, ed infine indicato come c/c n. 90893/7 dal 31.5.1993 al 30.11.2001; n. 91885-26 successivamente indicato come c/c n. 91885.20 dal 31.5.1999 al 31.12.2003; n. 7165.02 dal 2.7.2002 al 31.12.2005; n. 7165.02 dal 1.10.2002 al 31.12.2005; n. 11.28 dal 1.1.2001 al 24.12.2003 salvo altri) intestato a P. srl ed acceso presso la ex Banca Credito Popolare Salentino ( oggi Mps spa) oggetto del rapporto fra le parti del presente giudizio, relativa alla determingzione degli interessi debitori con riferimento alle condizioni usualmente praticate dalla Aziende di credito sulla piazza e, per l'effetto, dichiarare la inefficacia degli addebiti in c/c per interessi ultralegali applicati nel corso dell'intero rapporto e l'applicazione in via dispositiva, ai sensi dell'art. 1284 comma 3 c.c. degli interessi al saggio legale tempo per tempo vigente; 2) accertare e dichiarare la nullità ed inefficacia per violazione degli artt. 1283, 2697 e 1418 co 2° c.c., dell'art. 7 commi 2° e 3° delle condizioni generali del contratto apertura di credito e di conto corrente n. 90062-52 rinumerato al n. 90062.74 oltre c/c secondari confluenti ( n. 91214/04 successivamente indicato come c/c n. 91214-52 dal 8.11.1993 al 30.11.2000; n. 90893/57 successivamente indicato come c/c n. 90893.79 dal 31.5.1993 al 30.9.2001; n. 91885-26 successivamente indicato come c/c n. 91885.20 dal 31.5.1999 al 31.12.2003; n. 7165.02 dal 2.7.2002 al 31.12.2005; n. 7165.02 dal 1.10.2002 al 31.12.2005; n. 11.28 dal 1.1.2001 al 24.12.2003 salvo altri) intestato a P. srl ed acceso
presso la ex banca Credito Popolare Salentino (oggi Mps spa) oggetto del rapporto tra le parti del presente giudizio, relativa alla capitalizzazione trimestrale di interessi, competenze, spese ed oneri
applicata nel corso dell'intero rapporto e per l'effetto dichiarare la inefficacia di ogni e qualsivoglia capitalizzazione di interessi al rapporto in esame; 3) accertare e dichiarare la nullità ed inefficacia per violazione degli artt. 1325 e 1418 degli addebiti in c/c per non convenute commissioni sul massimo scoperto trimestrale; comunque prive di causa negoziale; 4) accertare e dichiarare la nullità ed inefficacia per violazione degli artt. 1284, 1346, 2697 e 1418 co 2° c.c. degli addebiti di interessi ultralegali applicati nel corso dell'intero rapporto sulla differenza in giorni-banca tra la data di effettuazione delle singole operazioni e la data della rispettiva valuta; nonché per mancanza di valida giustificazione causale; 5) accertare e dichiarare, per l'effetto, l'esatto dare-avere tra le parti del rapporto sulla base della riclassificazione contabile del medesimo in regime di saggio legale di interesse, senza capitalizzazioni, con eliminazione di non convenute commissioni di massimo scoperto e di interessi computati sulla differenza in giorni-banca tra la data di effettuazione delle singole operazioni e la data della rispettiva valuta; 6) determinare il Tasso Effettivo Globale ( T.E.G.) dell'indicato rapporto bancario; 7) accertare e dichiarare previa accertamento del Tasso Effettivo Globale, la nullità e l'inefficacia di ogni e qualsivoglia pretesa della convenuta banca per interessi, spese, commissioni e competenze per contrarietà al disposto di cui alla legge 7.3.1996 n. 108 perché eccedente il c. d. tasso soglia nel periodo trimestrale di riferimento con l'effetto ai sensi degli artt. 1339 e 1419 co 2° c.c. dell'applicazione del tasso legale senza capitalizzazione; 8) condannare la convenuta banca alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse oltre agli interessi legali creditori e rivalutazione monetaria in favore dell'odierno istante; 9) dichiarare la nullità di ogni obbligazione accessoria al rapporto principale ed in particolar modo della fideiussione omnibus; 10) condannare la banca a rettificare la illegittima segnalazione alla centrale rischi presso la Banca d'Italia a motivo del rischio falsamente qualificato e quantificato con domanda per il risarcimento dei danni " in re ipsa" la liquidarsi secondo giustizia ed equità; 11) condannare in ogni caso la parte soccombente al pagamento delle spese e competenze di giudizio con distrazione in favore del sottoscritto procuratore antistatario.
Per Monte dei Paschi di Siena spa:
respingere ogni domanda proposta ed accertare e dichiarare che la banca non è debitrice ad alcun titolo degli attori; con vittoria di spese, competenze ed onorari.

§§§§§§§§

Ritiene il Tribunale che è inutile soffermarsi, oltre il necessario, sul tempo di prescrizione del diritto alla restituzione di quanto indebitamente versato che è indubitabilmente quello ordinario decennale ex art. 2946 c.c. e non certo quinquennale che viene richiamato, erroneamente, dalla difesa della banca: la prescrizione quinquennale degli interessi di cui all'art. 2948 n. 4 c.c. attiene infatti al pagamento degli interessi " dovuti" e non percepiti e non alla restituzione di quelli percepiti e " non dovuti". Si vuol dire che nel presente giudizio non viene richiesto il pagamento ma la restituzione delle somme non dovute a titolo di interessi, né tantomeno si discute in materia di risarcimento danni da illecito extracontrattuale di tal che il termine prescrizionale decennale va certamente individuato nel momento in cui avviene la chiusura del conto, essendo, questo, un contratto unitario per effetto del quale sorge un unico rapporto giuridico anche se articolato in una pluralità di prelevamenti ed accreditamenti, che non danno luogo a distinti rapporti, ma determinano solo variazioni quantitative dell'unico originario rapporto. E' solo al momento di detta chiusura che vengono in maniera definitiva accertate le reciproche partite di dare e avere, per cui è dal quel dì che il reclamo del correntista, in riferimento a somme indebitamente trattenute dalla banca, è soggetto a prescrizione decennale che inizia a decorrere dalla chiusura del rapporto ( Corte Appello Lecce n. 568 del 22-18.9.2008; Corte Appello Lecce n.97 del 19.2.2009; Trib. Lecce n. 1750 del 12.8.2009). La convenuta banca, al contrario, sostiene la tesi secondo la quale nel rapporto di c/c il dies a quo per il computo della prescrizione dovrebbe decorrere dalla data di ogni singolo addebito illegittimo o in via subordinata dalla chiusura trimestrale del conto: in sostanza esso si fonda sull'art. 2935 c.c. secondo cui "la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto potrebbe essere fatto valere". Quindi il diritto alla ripetizione dell'indebito decorrerebbe da tale data, ma, osserva il Tribunale, che parte attrice ha chiesto, previa corretta ricostruzione del rapporto, rideterminare il saldo del c/c per cui è giudizio, dalla sua accensione all'attualità. Si può con certezza affermare che l'apertura di credito in c/c ha in sé i caratteri della continuità e unitarietà ed in essa convivono gli elementi del mandato e del deposito sicché non è pensabile, e quindi possibile, rideterminare il saldo alla attualità se non in forza di un riesame completo e corretto del rendiconto che necessariamente deve far riferimento all'inizio del rapporto. Si sostiene che le annotazioni effettuate dalla banca sull'estratto conto di interessi ultralegali o di commissioni non pattuite o illegittime darebbero luogo all'adempimento di una obbligazione senza titolo da parte del correntista, ma osserva il Tribunale, che un addebito da parte della banca ha il suo autore nella banca medesima sicché il cliente non opera nessun pagamento indebito ma subisce, come argutamente è stato rilevato, una annotazione illegittima in assenza di valido titolo, come è certamente la clausola " uso piazza" né si può " risolvere il problema" facendo leva, erroneamente per quanto si dirà, da parte della banca convenuta, sulla mancata contestazione degli estratti conto. Il vero è che nel c/c bancario contrariamente al c/c ordinario, non avvengono pagamenti, in quanto le annotazioni e registrazioni delle singole operazioni hanno un valore esclusivamente contabile ed una efficacia meramente dichiarativa, sicché in assenza di pagamento non può decorrere il dies a quo per la sua ripetizione, quantomeno sino alla chiusura del conto. In ordine poi alla c.d. " inerzia del creditore" di cui all'art. 2935 c.c. il Tribunale osserva che l'aver lasciato presso la banca proprie somme, lungi dal costituire una ipotesi di inerzia utile alla prescrizione, comporta l'esercizio di una "facoltà", da parte del cliente, a porre in essere tutte le operazioni convenute, funzionali al predetto esercizio, mentre dall'altro lato sussiste l'adempimento della propria obbligazione da parte della banca: in buona sostanza è attribuita al correntista la facoltà di compiere o meno determinate operazioni sul c.d. " credito disponibile" ed è in conseguenza di una sua dichiarazione che sorge una obbligazione della banca ed un diritto del cliente al pagamento, di tal che, s'appalesa irrilevante, in costanza di rapporto, l'inerzia del correntista il che implica che il dies a quo per il computo della prescrizione debba essere collocato alla data della cessazione del rapporto stesso. Conclusivamente si può affermare che la cosiddetta chiusura periodica segna solo ed esclusivamente la contabilizzazione di interessi a debito o a credito del cliente e la possibilità di disporre del conto da parte del correntista non sorge dalle singole annotazioni ma coincide con la possibilità di disporre del c.d. "saldo disponibile" che è la risultante delle annotazioni delle precedenti operazioni maturate in dare o avere, il che comporta la inesistenza di vere chiusure del conto ma solo, come innanzi detto, chiusure contabili finalizzate al riporto in conto capitale di commissioni e interessi: alla luce di tali considerazioni è escluso che in costanza di rapporto ed in presenza di " facoltà" del correntista che può essere esercitata o meno, possa decorrere alcuna prescrizione.
Non si condivide affatto l'assunto della banca convenuta ovvero che " l'utilizzo del rinvio agli "
usi piazza" per la quantificazione degli interessi, costituisce mera clausola di chiusura, nel senso che, in assenza ( rectius: di mancata prova della ricezione) della comunicazione scritta della banca contenente i tassi tempo per tempo il rinvio ad un elemento esterno al contratto: gli usi piazza ( pag. 5 comp. concl.). Con la clausola " uso piazza", invero contenuta nel contratto, la banca si garantisce il diritto di variare il tassi d'interesse ( creditore e debitore) nel corso del rapporto facendo rinvio alle condizioni praticate usualmente dagli istituti di credito sulla piazza, con tale termine intendendosi la sfera di operatività o di competenza territoriale degli istituti di credito. E' altresì noto che per i contratti stipulati successivamente al 9.7.1992 le clausole " uso piazza" sono nulle ex lege ai sensi dell'art. 4 comma 3° L. n. 154/92 ed in seguito dell'art. 117 comma 6° Dlgs n. 385/93; nel caso di contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore della disciplina dettata dalla legge sulla trasparenza bancaria, poi trasfusa nel Tub, la clausola che per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è nulla perché priva del carattere della sufficiente univocità, per difetto di determinabilità dell'ammontare del tasso sulla base del documento contrattuale. Ed invero il requisito della necessaria determinazione scritta degli interessi ultralegali prescritto dall'art. 1284 c.c. può essere soddisfatto anche per relationem attraverso il richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci purché obiettivamente determinabili. E' tuttavia insufficiente a tale scopo la clausola che si limiti ad un mero riferimento " alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza" o espressione analoghe data l'esistenza di diverse tipologie di interessi, essa non consente per la sua genericità, di stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso effettivamente riferirsi ( Cass. n. 11566/08; Cass. n. 12222/03, Cass. n. 4490/02). Applicando al caso di specie detti principi, peraltro condivisi da giurisprudenza consolidata, va dichiarata la nullità delle clausole contenute nei contratti di c/c in questione nella parte in cui il saggio di interesse applicato è individuato per relationem mediante il rinvio agli usi della piazza.
Eccepisce la banca convenuta, infondatamente, che dagli
estratti conto, ritualmente inviati al correntista, risulta indicato per iscritto il tasso tempo per tempo applicato con l'effetto che il rinvio all'uso piazza resta quindi assolutamente privo di qualsiasi rilievo ( pag. 5 comp. concl.). Nessun dubbio che gli estratti conto, come nel caso de quo, siano stati inviati al correntista e da questi esibiti nel presente giudizio a sostegno della fondatezza della domanda così come formulata, ma va osservato che i tassi applicati sono stati conteggiati " a monte" e lo sono stati in base al c.d. " uso piazza" che per come argomentato è affetto da nullità: si vuol dire che non è in discussione la conoscenza dei tassi di interesse ma la loro determinabilità che viene lasciata alla unilaterale decisione della banca, la cui successiva comunicazione, a mezzo degli estratti conto, non può, certamente, sostituire la preventiva e consapevole manifestazione di volontà richiesta in base all'art. 1284 c.c., non solo, ma l'approvazione anche tacita dell'estratto conto rende inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti soltanto sotto il profilo contabile, il che non impedisce o vieta al correntista di contestare la validità del rapporto relativo alle singole operazioni in quanto una cosa è il profilo di legittimità sostanziale delle operazioni contabili ed un'altra è la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori che danno vita a quelle operazioni, sicché solo per quanto riguarda il primo profilo, cioè quello della legittimità sostanziale intesa come conformità e congruità delle operazioni contabili, la mancata impugnazione comporta la sanzione della decadenza, mentre sotto il profilo della validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti non sussiste termine decadenziale ma ben possono essere, detti rapporti, riesaminati con gli ordinari strumenti di tutela giuridica ( Cass. 8.5.2008 n. 11466; Cass. 10.5.2007 n. 10692; Corte App. Lecce 22.7.2008 n. 568).
Ne consegue, in definitiva, che data la nullità della clausola determinativa degli interessi mediante rinvio agli usi della piazza, il saldo degli estratti conto, e a maggior ragione,
il saldo finale, va rideterminato al tasso legale tempo per tempo vigente.
A questo punto va evidenziato che la giurisprudenza, condivisa dal Tribunale, ritiene sussistente la nullità delle clausole del contratto che prevedono la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente in quanto basate su di un uso negoziale e non su di un uso normativo come esige l'art. 1283 c.c. In tale senso Cass. S.U. 4.11.2004 n. 21095 la quale ha indicato la linea da seguire in relazione all'interpretazione dei contratti bancari. Va altresì chiarito che non si può sostituire l'anatocismo trimestrale con quello annuale in quanto una volta accertata la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, come innanzi detto, deve conseguentemente ritenersi applicabile l'art. 1283 c.c. con negazione di ogni forma di capitalizzazione e quindi di validità anche ad una eventuale capitalizzazione annuale degli interessi, cosa che in se comporterebbe di fatto la sostituzione di uno uso negoziale illegittimo con un altro uso altrettanto illegittimo e nullo. Infatti, in mancanza di prova dell'esistenza di un uso normativo di capitalizzazione degli interessi (non essendoci prova dell'esistenza di usi normativi annuali sul punto) v'è da ritenere esclusa qualunque forma di anatocismo, trimestrale, semestrale, annuale o di altra periodicità degli interessi e delle altre remunerazioni che non possono essere riconosciute: va osservato, infine, che l'applicazione del meccanismo della capitalizzazione reciproca anche per gli interessi attivi, deve essere oggetto di specifica rinegoziazione tra le parti e non frutto di unilaterale determinazione della banca in quanto, diversamente argomentando, si determinerebbe un'illegittima sanatoria in via unilaterale di una clausola nulla, convertita in clausola valida per iniziativa di una sola parte.
La voce di
addebito di cms sul conto del cliente, inoltre, è nulla per mancanza di causa atteso che si sostanzia in un ulteriore aggravio di interessi corrispettivi costituenti una abnorme interpretazione della vecchia provvigione sull'inutilizzo in quanto la mera indicazione della percentuale di calcolo delle cms non appare sufficiente a soddisfare il requisito della determinabilità a priori richiesto dall'art. 1346 c.c. Infatti la banca non chiarisce se per massimo scoperto debba intendersi il debito massimo che il c/c raggiunge anche per un solo giorno o quello che duri almeno dieci giorni oppure sull'importo generale dei prelevamenti o altro ancora: ne consegue la nullità di detta clausola anche sotto il profilo della illiceità della causa che non trova valida giustificazione in chi vorrebbe spiegarla come pagamento per il maggior rischio che la banca si assume in proporzione all'ammontare dell'utilizzo. Se così fosse essa non dovrebbe insistere sulla punta massima della scopertura, ma dovrebbe parametrarsi ad ogni singola variazione in più o in meno e per la durata medesima. Inoltre l'incidenza dovuta all'incremento del rischio sarebbe già dovuta essere calcolata in partenza al momento della concessione del fido e sarebbe dovuta essere progressiva, mentre non lo è stata.
Il Tribunale osserva che l'altro problema collegato a quello degli interessi ultralegali è quello relativo agli interessi derivanti dai c.d.
"giorni valuta fittizi" che non sono altro che un espediente usato dalla banca per allungare, appunto fittiziamente, i giorni solari del prestito dell'utente, quindi un aumento degli interessi debitori in favore della banca per un periodo temporale in cui non è stato effettuato alcun prestito: da qui la definizione corrente di valuta fittizia in contrapposizione alla concreta data-operazione, la quale si realizza decurtando al contrario i giorni in cui l'utente deposita il denaro, quindi una voluta diminuzione degli interessi creditori in favore dell'utente: quest'ultimo, in buona sostanza, paga interessi per periodi di tempo in cui non avuto alcun prestito, di tal che è nulla la clausola dei c.d. giorni valuta per gli addebiti e gli accrediti in quanto gli stessi non risultano computati in relazione al giorno in cui è stata effettuata l'operazione bancaria ( Trib. Lecce n. 422/06; Trib. Lecce n. 1959/05, Trib. Lecce n. 1763/03). La rilevazione dei detti " giorni valuta" può essere facilmente accertata in quanto in ogni operazione presente su tutti i c/c vi è una indicazione della data ed una altra della valuta. Ora la data indica il giorno in cui l'operazione è stata contabilizzata, la valuta presenta i giorni fittizi di interessi che la banca percepisce sine titolo. Tale prassi è da reputarsi sempre illegittima: il problema deve essere risolto tenendo conto degli obblighi che incombono sulla banca che riceve un assegno con una girata per l'incasso, obblighi che, in quanto riconducibili al rapporto di mandato, richiedono che il mandatario assolva al suo incarico con la prescritta diligenza. Ciò comporta che la banca non potrà non avvalersi, per acquisire la disponibilità della somma, dei moderni sistemi telematici che consentono di effettuare le operazioni in tempo reale e dei quali, è fatto notorio, vi è largo uso da parte degli istituti di credito sin dai primissimi anni '80. A ciò si aggiunga che le aziende di credito intrattengono tra loro conti di corrispondenza per regolare contabilmente le partite di credito e di debito connesse con i servizi reciprocamente svolti attraverso i quali dette partite si considerano immediatamente liquide.Nulla è dovuto, quindi, per il relativo titolo, trattandosi di voce di addebito nulla per mancanza di causa perché sostanziantesi in un ulteriore e non pattuito aggravio di interessi corrispettivi fondata su di una circostanza, non vera, quale la mancanza di immediata liquidità dell'operazione trattata.
La clausola infine relativa alle
spese forfettarie deve ritenersi nulla per indeterminatezza ed indeterminabilità dell'oggetto.
Relativamente alla domanda attorea di accertamento dell'eventuale supero del tasso di interesse usurario, questo decidente deve richiamare la giurisprudenza della S.C. che non si ha ragione di disattendere, secondo cui, in linea di principio, i criteri fissati dalla L. 7.3.1996 n. 1998 per la determinazione del carattere usurario degli interessi non trovano applicazione le pattuizioni anteriori all'entrata in vigore della stessa legge, per come emerge dalla norma di interpretazione autentica contenuta nell'art. 1 1° comma D.L. n. 394/2000 convertito con modificazioni nella L. n. 24 del 28.2.200. Inoltre, prima dell'entrata in vigore dell'art. 2 bis del D.L. n. 185 del 28.1.2008 coordinato con la legge di conversione 28.1.2009 n. 2, le CMS non potevano essere sommate al T.E.G. per il computo dell'usura e venivano rilevate a parte, il che necessariamente porta ad escludere, nel caso in esame, il superamento del tasso soglia.
La società attrice ha formulato richiesta di condanna della banca a rettificare la
illegittima segnalazione alla Centrale rischi preso la Banca d'Italia a motivo del rischio falsamente qualificato e quantificato, con domanda per il risarcimento dei danni "in re ipsa" da liquidarsi secondo giustizia ed equità. Va premesso che, in linea generale e di diritto, secondo i più recenti indirizzi della giurisprudenza dì legittimità e di merito, al soggetto il cui nominativo sia stato indebitamente segnalato spetta il risarcimento del danno non patrimoniale contemplato dall'art. 2059 c.c. sussistendo una ingiusta lesione di un valore inerente la persona, costituzionalmente garantito, senza la necessità che tale lesione configuri reato, conseguendone la possibilità di liquidare equitativamente i danni per lesione alla reputazione e all'immagine, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto. Rilevato che, alla luce delle conclusioni raggiunte quanto all'impossibilità di determinare un saldo creditorio in favore della banca, la segnalazione alla centrale rischi deve considerarsi indebita: osserva questo decidente che in relazione all'entità dell'erroneo credito segnalato e alla presumibile durata dell'informativa, il danno va equitativamente liquidato in € 1.500,00 in favore di ciascuno degli attori oltre interessi dal dì della domanda all'integrale soddisfo.
La Ctu che si condivide perché immune da vizi logici e procedimentali ha, con pregevole lavoro, minutamente esaminato l'intero rapporto bancario collegato al c/c n. 90062 fino alla data di estinzione, concludendo per una saldo finale a debito della banca convenuta di e 273.122,67 e quindi un credito di pari importo a favore della società attrice P. srl oltre interessi legali dal dì della domanda all'integrale soddisfo.
Va rigettata la domanda riconvenzionale formulata dalla convenuta banca nei confronti delle parti attrici essendo rimasta indimostrata l'esistenza di credito alcuno verso il debitore principale e dei fideiussori al momento della chiusura del rapporto.

P.Q.M.

Il Tribunale di Lecce Sezione di Maglie in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione, richiesta, eccezione reietta così provvede:
a) previa declaratoria di nullità parziale dei moduli contrattuali regolanti gli impugnati rapporti di apercredito nelle clausole relative alla determinazione dell'interesse ultralegale secondo gli usi di piazza, delle CMS, delle valute fittizie, delle spese, dell'anatocismo trimestrale e di nullità di ogni obbligazione accessoria al rapporto principale ed in particolar modo della fideiussione omnibus;
b) accoglie, per quanto di ragione la domanda proposta e per l'effetto dichiara che la società P. srl in persona del legale rappresentante pro tempore, alla data del 24.11.2006, non era debitrice di alcuna somma nei confronti della convenuta banca Monte dei Paschi di Siena spa in persona del legale rappresentante;
c) condanna la convenuta banca Monte dei Paschi di Siena spa in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore della società P. srl in persona del legale rappresentante pro tempore a titolo restitutorio la somma di e 273.122,67 relativa al c/c ordinario oggetto del presente giudizio oltre interessi dal di della domanda all'integrale soddisfo;
d) rigetta la domanda riconvenzionale formulata dalla convenuta banca Monte dei Paschi di Siena spa in persona del legale rappresentante pro tempore perché infondata e non provata;
f) condanna la convenuta banca Monte dei Paschi di Siena spa in persona del legale rappresentante pro tempore al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla illegittima segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d'Italia della società P. srl in persona del legale rappresentante che viene quantificato nella misura equa e di giustizia in E 1.500,00 in favore della predetta società ed in E 1.500,00 in favore del sig. P. Giovanni Luigi oltre interessi su dette somme dal di della domanda all'integrale soddisfo;
g) condanna la convenuta banca Monte dei Paschi di Siena spa in persona del legale rappresentante pro tempore a rettificare la errata segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d'Italia della società attrice P. srl in persona del legale rappresentante nonché di P. Giovanni Luigi;
g) condanna la convenuta banca Monte dei Paschi di Siena spa in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento delle spese di Ctu contabile
h) condanna la convenuta banca Monte dei Paschi di Siena spa in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore della società P. srl in persona del legale rappresentante pro tempore e 357,00 per spese borsuali, e 3.750,00 per diritti ed e 16.000,00 per onorari del giudizio oltre Iva, Cap e forfettario così liquidati in considerazione della pregevolezza delle questioni giuridiche trattate, dell'assistenza defensionale prestata e del quantum accertato, il tutto da distrarsi in favore del Difensore che ha reso la dichiarazione di rito.
Sentenza esecutiva ex lege.
Maglie 11.7.2010

Il Giudice
Dott. Angelo Rizzo


XXX
Tribunale di Firenze, dott. Luca Minniti, Sent. n. 2336 del 13 luglio 2010;



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