Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Sentenza di Brindisi

Cirio

TRIBUNALE DI BRINDISI
SEZIONE CIVILE

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale di Brindisi riunito in Camera di Consiglio con l’intervento Magistrati:

1)dr. Vincenzo FEDELE - Presidente
2) dr. Francesco GILIBERTI - Giudice relatore
3) dr Roberto PALMIERI - Giudice
ha emesso la seguente

SENTENZA N. 701/06
nella causa civile, in primo grado, iscritta al n. 2852/04 R.G.A,C., vertente

TRA

MESSITO EMILIO
rappresentato e difeso dagli aw.ti Antonio Tanza e Anna Scognamiglio, in forza di
mandato a margine dell’atto di cttazione, elettivamente domiciliato presso lo studio di
quest’ultimo difensore in Brindisi, piazza S. Sepolcro n.9;

- attore -

CONTRO

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.A
in persona del legale rappresentante p.t, rappresentata e difesa dagli avv.ti Renato
Scognamiglio e Tommaso Marrazza, in forza di mandato in calce alla copia notificata
dell’atto di citazione, ed elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo difensore
sito in Brindisi alla via de’ Terribile n.4

- convenuto -

nonché
Campanelli Vincenzo
rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Erroi, in forza di mandato a margine della
comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliato nello studio del difensore
sito in Lecce alla via Oberdan ,n. 112;

- terzo chiamato -


OGGETTO:intermediazione e vendita di prodotti finanziari.

Precisazione delle conclusioni: come da istanza di fissazione dell’udienza per l’attore; come da note conclusive ex art.10 D.lgs. 5/2003 per la convenuta; come da comparsa di costituzione e risposta per il terzo chiamato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato a mezzo posta il 23/30 dicembre 2004, Messito Emilio conveniva in giudizio dinanzi a questo Tribunale, la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. esponendo che: in data 29 marzo 2001, a seguito di sollecitazioni pervenutegli dal dott. Campanelli Vincenzo, funzionario della Banca del Salerno — in seguito incorporata nella Banca MPS S.p.A. - filiale di Brindisi di cui era cliente, aveva sottoscritto in bianco un ordine di acquisto di strumenti finanziari, apprendendo il giorno successivo dallo stesso Campanelli che la banca aveva per lui acquistato, obbligazioni “Del Monte 2006” ai tasso del 6,625%, per un importo complessivo di €16.000,00; sempre a detta dell’attore, a seguito di successiva comunicazione della banca, aveva accertato che le obbligazioni acquistate per suo conto, recano il codice ISIN XSO128689105 e consistono in obbligazioni estere emesse dalla società finanziaria Del Monte Finance Luxemburg SA. con sede in Lussemburgo; che la società emittente le obbligazioni in oggetto al pari delle altre società del “Gruppo Cirio” entrava in una irreversibili crisi patrimoniale — sfociata nel c.d. cross default -, con conseguente perdita da parte dell’attore — al pari di tutti gli altri investitori - dell’intero capitale investito cui doveva sommarsi il lucro cessante — quantificato in €1.681,97 - che sarebbe derivato da un investimento in titoli di Stato.
Assumeva l’attore a sostegno della propria domanda che la banca convenuta doveva ritenersi tenuta a reintegrarla della perdita subita e ciò in quanto: a) l’investimento non era adeguato al profilo finanziario dell’attore; b) l’attore non era stata in alcun modo informata, e tantomeno per iscritto, sul contenuto e le caratteristiche dell’operazione; c) la banca aveva operato in conflitto di interessi ( per essere il gruppo emittente le obbligazioni in oggetto debitore della banca medesima), senza la preventiva informazione scritta al cliente.
Per le ragioni innanzi sinteticamente riportate, ad avviso dell’attore il contratto di acquisto delle obbligazioni doveva ritenersi nullo per difetto dei requisiti essenziali ex art. 1325 nn. 1, 3 e 4 c.c. e 23, comma 1, D.lgs58/98 nonché per violazione delle norme imperative ex artt.94 e 100 TUIF e degli altri specifici obblighi sanciti da d. Lgs. n. 58/98 e da Reg. Consob n. 11522/98 in relazione all’art. 1418 c.c. ovvero, in subordine, annullabile ex artt.1394 e 1395 c.c. o in estremo subordine andava risolto per grave inadempimento della banca, ed in ogni caso l’attore domandava la condanna della banca convenuta al pagamento della intera somma investita, nonché al risarcimento dei danni maggiorato degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, oltre le spese processuali.
Tempestivamente costituitasi, la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. domandava il rigetto dell’avversa domanda, o in subordine, in caso di accoglimento della domanda avversaria, spiegando domanda riconvenzionale volta alla restituzione dei titoli obbligazionari in oggetto, il tutto rilevando che: l’attore unitamente alla di lui consorte, sig,ra Maria Antonietta Cocciolo, aveva stipulato con la banca un contratto per la negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari, in forza del quale la banca si impegnava ad acquistare ed a custodire per conto dei clienti, obbligazioni ed ogni altro strumento finanziario;
l’acquisto delle obbligazioni de quo era avvenuto in forza di tale contratto e senza alcuna sollecitazione da parte dei funzionari della banca; trattandosi di obbligazioni acquistate su mercato secondario ed emesse su mercato estero, il funzionario della banca preposto non disponeva di alcun prospetto informativo ma si limitava a consegnare alla cliente su sua richiesta, le informazioni sui titoli in oggetto che estrapolava dai propri terminali; al momento dell’acquisto l’attore, che aveva rifiutato di fornire alla banca informazioni circa la propria posizione finanziaria ed i propri obiettivi di investimento, si doveva presumere disponesse di adeguata conoscenza sulle caratteristiche dei titoli; la banca non versava in alcuna situazione di conflitto di interessi ed in particolare non possedeva in portafoglio le obbligazioni acquistate dall’attore, che invece acquistava per conto della cliente sul mercato finanziario, né vantava crediti nei confronti di alcuna delle società del “Gruppo Cirio” -; la banca rivestiva la qualità di semplice intermediario e non invece quella di collocatore dei titoli, né la vendita era avvenuta in contropartita diretta, onde per cui non poteva essere considerato il destinatario delle doglianze mosse ex art. 94 e ss. TUF dall’attore, circa la mancata informazione sui rischi derivanti dall’investimento.
Il giudizio proseguiva attraverso lo scambio delle memorie ex art. 6 e 7 D. Lgs. 5/2003 nonché con la chiamata in causa da parte dell’attore del funzionario della banca convenuta sig. Vincenzo Campanelli, al quale veniva notificato a mezzo posta in data 13/15 aprile 2005, atto di citazione con il quale l’attore — rilevando che l’esigenza di chiamare in causa il Campanelli era sorta dalle difese della convenuta - domandava fra l’altro di accertare la responsabilità ex se del funzionario chiamato ai sensi dell’art. 2043 c.c., e per l’effetto ne domandava la condanna al risarcimento dei danni, in solido con la banca stessa.
Tempestivamente costituitosi, il Campanelli preliminarmente eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva rilevando che quale dipendente della banca convenuta, era sfornito di potere decisionale in ordine ai titoli da collocare in favore della clientela, in secondo luogo domandava il rigetto dell’avversa domanda rivendicando di aver operato con la diligenza del buon padre di famiglia, nel rispetto delle direttive quotidianamente impartite dall’Istituto di credito di cui era dipendente e senza dolo o colpa.
A seguito di istanza ex art. 12 d. lgs. n. 5/03, la banca convenuta domandava la fissazione dell’udienza ed il Presidente del tribunale designava il giudice relatore il quale fissava l’udienza collegiale di discussione della causa.
A tale udienza il Collegio confermava il decreto del giudice relatore delegandolo all’assunzione delle prove ivi ammesse.
Il giudizio veniva istruito attraverso l’assunzione in qualità di teste di Messito Rita e all’nterrogatorio formale dell’ attore ( avendo parte attrice rinunciato agli altri testi indicati nonché all’interrogatorio formale del legale rapp.te della banca convenuta ), il Collegio autorizzava quindi le partì ai deposito di memorie illustrative e all’udienza del 6 giugno 2006, a seguito della discussione orale, riservava la decisione ai sensi dell’ari. 16 comma 5 pane seconda D. lgs. 5/2003,

MOTIVI DELLA DECISIONE

Innanzitutto va valutata l’ammissibilità della chiamata in causa del terzo
Campanelli Vincenzo.
A norma dell’art, 6 comma 2, lett. c) D. lgs. 5/2003 (come modificato dal D. lgs. 3 7/2004 ) nella memoria di replica da notificarsi nel termine fissato dal convenuto ai sensi del precedente art. 4, comma 2, l’attore può “a pena di decadenza dichiarare che intende chiamare un terzo ai sensi dell’art. 106 del c.p.c., se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto”.
La norma in esame, il cui contenuto ricalca l’art. 183, comma 4 c.p.c. applicabile al rito ordinario, oltre a porre uno sbarramento temporale alla facoltà dell’attore di chiamare un terzo in causa, pone un duplice limite quanto all’ammissibilità e cioè che sussista una delle ipotesi di cui all’ari. 106 c.p.c. ( e cioè che la causa sia comune al terzo ovvero che la parte intenda essere dal terzo garantita) e che una tale esigenza derivi dalle difese del convenuto.
Nella fattispecie, ad avviso del Collegio giudicante, non ricorreva alcuna delle condizioni di ammissibilità affinché l’attore potesse esercitare la facoltà di chiamata, in causa del terzo: in primo luogo, atteso il tenore delle domande rivolte dall’attore nei confronti del terzo — 5) Sempre in via principale, accertare e dichiarare la responsabilità personale extracontrattuale ex art 2043 c.c… 6) in ogni caso, condannare la banca convenuta ed il sig. Campanelli in solido, ciascuno per le proprie responsabilità, ...” - deve escludersi trattarsi di una ipotesi di litisconsorzio — nè necessario, né facoltativo - e tantomeno che si tratti di una ipotesi di chiamata in garanzia ( che al più avrebbe potuto essere avanzata dalla banca convenuta); in secondo luogo, le ragioni in punto di fatto e di diritto che hanno indotto l’attore alla chiamata in causa del funzionario della banca; risultano già puntualmente indicate nell’atto introduttivo del giudizio e pertanto non può sostenersi che l’esigenza della chiamata in causa sia derivata dalle difese della convenuta.
Per le ragioni che precedono, la chiamata in causa del Campanelli come operata dall’attore va dichiarata inammissibile con conseguente estromissione del terzo dal presente giudizio: in difetto di alcuna valutazione sul merito della domanda attorea nei confronti del terzo, sussistono giusti motivi di compensazione delle spese processuali fra le parti.
Nel merito la principale domanda attorea per come rivolta nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. è fondata e va pertanto accolta per quanto di ragione.
Va in primo luogo precisato che per le particolari caratteristiche del contratto in esame - contratto di negoziazione di obbligazioni “Dei Monte 2006” — meglio indicato nel fissato bollato in atti come “Del Monte2006 6,625% ISIN XS0128689105” per €16.000,00, intercorso tra Messito Emilio e la Banca Monte dei Paschi dì Siena s.p.a. — vanno applicate le previsioni di cui agli arti. 21 e ss. d. lgs n. 58/98 (Testo Unico della Finanza - TUF), le quali impongono precisi obblighi a carico della banca, il che rende assolutamente irrilevante la circostanza pur pacificamente emersa secondo la quale i titoli in esame consistevano in obbligazioni emesse su mercato estero, prive di Rating, acquistate su mercato secondario e pertanto rivolte ad investitori istituzionali ( circostanze che potrebbero semmai essere valutate alla stregua degli artt. 94 e ss. e 100 TUF).
Stabilisce il primo comma dell’art. 21 del decreto legislativo n° 58 del 1998 che nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono “comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza”. Nel caso in esame la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. non ha osservato tali canoni di condotta.
Grava in primo luogo sul proponente l’investimento, uno specifico obbligo di informazione circa le caratteristiche fondamentali del contratto ed in particolare è necessario che il risparmiatore abbia avuto adeguata informazione circa il tipo e le caratteristiche essenziali del prodotto.
Venendo al caso in esame, reputa il collegio che la società resistente ha violato i primari doveri di informazione stabiliti dal TUF.
Invero, secondo quanto ammesso dalla stessa banca convenuta, in occasione dell’acquisto delle obbligazioni in oggetto, la banca non consegnava all’attore né il foglio informativo sulle condizioni dei servizi, nè il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, nè la documentazione contenente le informazioni di cui all’art. 61 del Reg. Consob cit.
In assenza dei documenti innanzi richiamati ed alla stregua di quanto ammesso dalla convenuta e provato con i testi escussi, deve ritenersi accertato che la banca non abbia fornito all’attore le fondamentali informazioni relative, tra l’altro, a: 1) la natura giuridica della società emittente i titoli obbligazionari, il suo volume di affari, il suo capitale sociale, se esso fosse o meno interamente versato, ecc; 2) gli eventuali rapporti di collegamento e/o partecipazione societaria tra l’emittente i titoli in esame e l’intermediario finanziario (la banca), ed in particolare, gli eventuali rapporti di debito/credito e/o di finanziamento, tra tali soggetti; 3) la redditività media dei titoli negoziati.
Invero, soltanto informazioni di tale tenore avrebbero consentito all’attore una piena consapevolezza degli strumenti finanziari che si accingeva ad acquistare informazioni che, nondimeno, sono state, nella specie, del tutto omesse, o comunque non vi è prova - al cui assolvimento la banca doveva dirsi onerata, gravando su di essa dei precisi (art. 21 e ss. TUF) obblighi informativi - che siano state effettivamente fornite.
Per quanto attiene alla mancanza di correttezza questa emerge, in primo luogo, dalle modalità attraverso le quali il contratto in questione è stato proposto; secondo quanto riportato nell’ atto di citazione e comprovato dalla testimonianza. di Messito Rita e comunque sotto tale aspetto non contestato, l’attore si determinava all’acquisto dei titoli in oggetto, nel corso di un incontro con un funzionario della filiale di Brindisi della Banca del Salento — poi incorporata
nella Banca M.P.S. s.p.a. -, il quale prospettava l’acquisto delle obbligazioni de quibus, come un investimento sicuro da rischi quanto al capitale e con maggiore rendimento rispetto ai titoli di stato, pur se il proponente non era — secondo quanto prospettato dalla banca convenuta secondo la quale si trattava di titoli destinati ad essere acquistati sul mercato secondario e pertanto privi del “Rating”
— in possesso di frammentarie e non riscontrabili informazioni.
Tutto ciò, unitamente al fatto che al cliente non risulta essere stata sottoposta una rosa di differenti titoli aventi caratteristiche similari, ad avviso del collegio giudicante è indice di mancanza di correttezza, in quanto integra un comportamento che di fatto priva il cliente di quegli strumenti e del tempo necessari ad operare una scelta oculata e consapevole.
La banca, era inoltre tenuta a comportarsi con “trasparenza”, condotta che si specifica innanzitutto, come qualità del documento contrattuale che deve essere idoneo a porre l’utente in condizione di trarre dalla sua semplice consultazione gli elementi necessari per esprimere un consenso consapevole e, quindi, assumere una scelta negoziale responsabile.
L’imposizione ditale obbligo a carico dell’intermediario significa, in primo luogo, che i moduli presentati ai clienti bancari per la sottoscrizione devono essere redatti con chiarezza, al fine di consentire agli stessi una precisa e immediata rilevazione della portata e dei rischi dell’operazione.
Nella fattispecie, al contrario, al cliente veniva sottoposto un mero modulo prestampato denominato “transazione”, sul cui contenuto e sui cui rischi il cliente non era assolutamente informato.
Ora, riscontrate le violazioni innanzi evidenziate, va rilevato che questo Collegio ritiene di dover aderire a quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la normativa innanzi richiamata, essendo posta a tutela dell’ordine pubblico economico, consiste pertanto in norme imperative, alla cui violazione a norma p dell’art. 1418 c.c., segue il rimedio della nullità del contratto, anche a prescindere da un’espressa previsione in tal senso da parte delle singole disposizioni violate.
Questo principio è stato sancito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “...in presenza di un negozio contrario a norme imperative, la mancanza di un’espressa sanzione di nullità, non è rilevante ai fini della nullità dell’atto negoziate in conflitto con il divieto, in quanto vi sopperisce l’ari. 1418, comma 1, c.c., che rappresenta un principio generale rivolto a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione dei precetti i imperativi non si accompagna una previsione di nullità” (Cass. 7 marzo 2001 n. 3272).
Nello specifico campo dell’intermediazione finanziaria, va segnalato il precedente del Tribunale di Firenze “... Il principale scopo della regolamentazione nel campo del’‘intermediazione finanziaria è di assicurare l’affidabilità delle informazioni fornite al cliente, garantendo la sostanzialità e l’accuratezza dei consigli all’investimento da questi ricevuti. I sistemi regolamentati si preoccupano di mitigare lo svantaggio informativo sopportato da investitori non sofisticati nella fruizione dei servizi prestati dagli intermediari finanziari. L’acquirente di servizi finanziari confida implicitamente che i soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale stiano operando correttamente e professionalmente, cioè agiscano sulla base di un’expertise e di informazioni che a questi manca e non si avvantaggino di tale condizione. Le previsioni incentrate sulle clausole generali fanno sorgere alcune questioni. Innanzitutto i criteri di diligenza e correttezza su cui è incentrato il decreto legislativo richiamato evocano categorie civilistiche (cioè richiamano, rispettivamente, gli artt. 1176 e 1175). Gli interventi del legislatore successivi al recepimento della direttiva 93/22/Cee concorrono ad attribuire autonoma e specifica rilevanza alla previsione contenuta nell’art. 21 del decreto legislativo n° 58 del 1998.
Infatti, se nei contesto della legge del .1991 gli obblighi di diligenza e correttezza 3” risultavano espressamente finalizzati alla “cura dell’interesse del cliente” con l’art 21, tali obblighi sono imposti “nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati”. Ne consegue che correttezza e diligenza, di cui alla disciplina dei servizi di investimento, esprimono concetti più ampi di quelli sottesi alle norme codicisti che, temperando non soltanto nel quadro di un rapporto obbligatorio con l’investitore per la tutela del soddisfacimento del suo interesse, ma anche più in generale ( e in via di principio) in relazione allo svolgimento dell’attività economica come canone di condotta volto a realizzare una leale competizione e a garantire l’integrità del mercato”. Tutto ciò rende evidente l’esistenza, nella materia dell’intermediazione finanziaria, di interessi anche di carattere generale che rendono inderogabili le regole di comportamento Pertanto, un contratto di investimento, concluso senza l’osservanza delle regole di condotta dettate dalla normativa richiamata, deve essere dichiarato nullo, perché contrario all’esigenza di trasparenza dei servizi finanziari che è esigenza di ordine pubblico...” (Trib. Firenze, est. Pezzatì, del 19/4/2005, in materia di contratto denominato “MV WAY”; nello stesso senso Tribunale di Palermo, est. Maisano del 16/3/2005, in materia dì obbligazioni “Cirio del Monte’ ).
Ne consegue, in accoglimento della specifica censura di parte ricorrente, la dichiarazione di nullità del contratto in esame, stante la sua contrarietà alle norme imperative (art. 21 TUF, in relazione agli artt. 1418 c.c.) di legge.
Naturalmente, la nullità del contratto determina, in applicazione delle norme sull’indebito oggettivo (art. 2033 e SS. c.c.), la condanna della banca alla restituzione della somma versata dai ricorrenti in esecuzione del contratto in esame - con diritto a rientrare in possesso dei titoli - al netto degli interessi maturati ed effettivamente corrisposti. Pertanto, la predetta resistente deve essere condannata al pagamento, in favore dei ricorrenti, per la detta causale, della somma lorda di € 16.000,00 da cui andrà detratto l’importo eventualmente percepito dal cliente a titolo di interessi in occasione della scadenza delle singole cedole.
Quanto alla decorrenza degli interessi legali sulla somma da restituire, rileva il collegio giudicante che non sono emersi nel presente giudizio elementi tali da escludere la buona fede iniziale del convenuto (buona fede che, come è noto, si presume - art. 1147 c.c.). Per tale ragione, in ossequio al disposto dell’art. 2033 c.c., gli interessi legali sulla somma da restituire devono essere computati dalla data di notifica dell’atto di citazione - e conseguente dies a quo di decorrenza della mora - al soddisfo.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Brindisi in composizione collegiale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Messito Emilio, con atto di citazione notificato a mezzo posta il 23/30 dicembre 2004, nei confronti di Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., in persona del legale rapp.te, nonché sulla domanda proposta dal medesimo attore con atto di citazione notificato a mezzo posta il 13/15 aprile 2005 nei confronti del terzo chiamato Campanelli Vincenzo, disattesa ogni diversa o contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

1) dichiara la inammissibilità dell’atto di chiamata in causa del terzo Messito Emilio e ne dispone l’estromissione dal giudizio con integrale compensazione delle spese processuali;
2) Dichiara la nullità del contratto di negoziazione delle obbligazioni “Del Monte 2006 6,625% ISIN XS0128689105” intercorso fra Messito Emilio e la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., e per l’effetto condanna la banca convenuta al pagamento in favore dell’attore, della somma di € 16000,00 — salva la detrazione di eventuali interessi maturati ed effettivamente corrisposti - oltre gli interessi legali dal 30/12/2004;
3)In parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, ordina a Messito Emilio la restituzione dei titoli alla Banca MPS S.p.A.;
4) Condanna, la banca convenuta al pagamento in favore dell’attore, delle spese processuali, che si liquidano in complessivi € 2.201,16 di cui € 201,16 per esborsi ed € 2.000,00 per diritti ed onorari, oltre spese generali, CAP e IVA;
5) dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva come per legge. Così deciso nella camera di consiglio del Tribunale di Brindisi il 21luglio 2006,

Il GIUDICE ESTENSORE
Dott. Francesco GILIBERTI


Il PRESIDENTE
Dott. Vincenzo FEDELE


Depositato in cancelleria,il 18 agosto 2006
Il CANCELLIERE
Giovanni GUADALUPI

TRIBUNALE DI BRINDISI
SEZIONE CIVILE

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Brindisi riunito in Camera di Consiglio con l’intervento Magistrati:

1)dr. Vincenzo FEDELE - Presidente
2) dr. Francesco GILIBERTI - Giudice relatore
3) dr Roberto PALMIERI - Giudice
ha emesso la seguente

SENTENZA N. 701/06
nella causa civile, in primo grado, iscritta al n. 2852/04 R.G.A,C., vertente

TRA
MESSITO EMILIO
rappresentato e difeso dagli aw.ti Antonio Tanza e Anna Scognamiglio, in forza di
mandato a margine dell’atto di cttazione, elettivamente domiciliato presso lo studio di
quest’ultimo difensore in Brindisi, piazza S. Sepolcro n.9;
- attore -
CONTRO
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.A
in persona del legale rappresentante p.t, rappresentata e difesa dagli avv.ti Renato
Scognamiglio e Tommaso Marrazza, in forza di mandato in calce alla copia notificata
dell’atto di citazione, ed elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo difensore
sito in Brindisi alla via de’ Terribile n.4
- convenuto -
nonché
Campanelli Vincenzo
rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Erroi, in forza di mandato a margine della
comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliato nello studio del difensore
sito in Lecce alla via Oberdan ,n. 112;

- terzo chiamato -

OGGETTO:intermediazione e vendita di prodotti finanziari.

Precisazione delle conclusioni: come da istanza di fissazione dell’udienza per l’attore; come da note conclusive ex art.10 D.lgs. 5/2003 per la convenuta; come da comparsa di costituzione e risposta per il terzo chiamato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato a mezzo posta il 23/30 dicembre 2004, Messito Emilio conveniva in giudizio dinanzi a questo Tribunale, la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. esponendo che: in data 29 marzo 2001, a seguito di sollecitazioni pervenutegli dal dott. Campanelli Vincenzo, funzionario della Banca del Salerno — in seguito incorporata nella Banca MPS S.p.A. - filiale di Brindisi di cui era cliente, aveva sottoscritto in bianco un ordine di acquisto di strumenti finanziari, apprendendo il giorno successivo dallo stesso Campanelli che la banca aveva per lui acquistato, obbligazioni “Del Monte 2006” ai tasso del 6,625%, per un importo complessivo di €16.000,00; sempre a detta dell’attore, a seguito di successiva comunicazione della banca, aveva accertato che le obbligazioni acquistate per suo conto, recano il codice ISIN XSO128689105 e consistono in obbligazioni estere emesse dalla società finanziaria Del Monte Finance Luxemburg SA. con sede in Lussemburgo; che la società emittente le obbligazioni in oggetto al pari delle altre società del “Gruppo Cirio” entrava in una irreversibili crisi patrimoniale — sfociata nel c.d. cross default -, con conseguente perdita da parte dell’attore — al pari di tutti gli altri investitori - dell’intero capitale investito cui doveva sommarsi il lucro cessante — quantificato in €1.681,97 - che sarebbe derivato da un investimento in titoli di Stato.
Assumeva l’attore a sostegno della propria domanda che la banca convenuta doveva ritenersi tenuta a reintegrarla della perdita subita e ciò in quanto: a) l’investimento non era adeguato al profilo finanziario dell’attore; b) l’attore non era stata in alcun modo informata, e tantomeno per iscritto, sul contenuto e le caratteristiche dell’operazione; c) la banca aveva operato in conflitto di interessi ( per essere il gruppo emittente le obbligazioni in oggetto debitore della banca medesima), senza la preventiva informazione scritta al cliente.
Per le ragioni innanzi sinteticamente riportate, ad avviso dell’attore il contratto di acquisto delle obbligazioni doveva ritenersi nullo per difetto dei requisiti essenziali ex art. 1325 nn. 1, 3 e 4 c.c. e 23, comma 1, D.lgs58/98 nonché per violazione delle norme imperative ex artt.94 e 100 TUIF e degli altri specifici obblighi sanciti da d. Lgs. n. 58/98 e da Reg. Consob n. 11522/98 in relazione all’art. 1418 c.c. ovvero, in subordine, annullabile ex artt.1394 e 1395 c.c. o in estremo subordine andava risolto per grave inadempimento della banca, ed in ogni caso l’attore domandava la condanna della banca convenuta al pagamento della intera somma investita, nonché al risarcimento dei danni maggiorato degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, oltre le spese processuali.
Tempestivamente costituitasi, la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. domandava il rigetto dell’avversa domanda, o in subordine, in caso di accoglimento della domanda avversaria, spiegando domanda riconvenzionale volta alla restituzione dei titoli obbligazionari in oggetto, il tutto rilevando che: l’attore unitamente alla di lui consorte, sig,ra Maria Antonietta Cocciolo, aveva stipulato con la banca un contratto per la negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari, in forza del quale la banca si impegnava ad acquistare ed a custodire per conto dei clienti, obbligazioni ed ogni altro strumento finanziario;
l’acquisto delle obbligazioni de quo era avvenuto in forza di tale contratto e senza alcuna sollecitazione da parte dei funzionari della banca; trattandosi di obbligazioni acquistate su mercato secondario ed emesse su mercato estero, il funzionario della banca preposto non disponeva di alcun prospetto informativo ma si limitava a consegnare alla cliente su sua richiesta, le informazioni sui titoli in oggetto che estrapolava dai propri terminali; al momento dell’acquisto l’attore, che aveva rifiutato di fornire alla banca informazioni circa la propria posizione finanziaria ed i propri obiettivi di investimento, si doveva presumere disponesse di adeguata conoscenza sulle caratteristiche dei titoli; la banca non versava in alcuna situazione di conflitto di interessi ed in particolare non possedeva in portafoglio le obbligazioni acquistate dall’attore, che invece acquistava per conto della cliente sul mercato finanziario, né vantava crediti nei confronti di alcuna delle società del “Gruppo Cirio” -; la banca rivestiva la qualità di semplice intermediario e non invece quella di collocatore dei titoli, né la vendita era avvenuta in contropartita diretta, onde per cui non poteva essere considerato il destinatario delle doglianze mosse ex art. 94 e ss. TUF dall’attore, circa la mancata informazione sui rischi derivanti dall’investimento.
Il giudizio proseguiva attraverso lo scambio delle memorie ex art. 6 e 7 D. Lgs. 5/2003 nonché con la chiamata in causa da parte dell’attore del funzionario della banca convenuta sig. Vincenzo Campanelli, al quale veniva notificato a mezzo posta in data 13/15 aprile 2005, atto di citazione con il quale l’attore — rilevando che l’esigenza di chiamare in causa il Campanelli era sorta dalle difese della convenuta - domandava fra l’altro di accertare la responsabilità ex se del funzionario chiamato ai sensi dell’art. 2043 c.c., e per l’effetto ne domandava la condanna al risarcimento dei danni, in solido con la banca stessa.
Tempestivamente costituitosi, il Campanelli preliminarmente eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva rilevando che quale dipendente della banca convenuta, era sfornito di potere decisionale in ordine ai titoli da collocare in favore della clientela, in secondo luogo domandava il rigetto dell’avversa domanda rivendicando di aver operato con la diligenza del buon padre di famiglia, nel rispetto delle direttive quotidianamente impartite dall’Istituto di credito di cui era dipendente e senza dolo o colpa.
A seguito di istanza ex art. 12 d. lgs. n. 5/03, la banca convenuta domandava la fissazione dell’udienza ed il Presidente del tribunale designava il giudice relatore il quale fissava l’udienza collegiale di discussione della causa.
A tale udienza il Collegio confermava il decreto del giudice relatore delegandolo all’assunzione delle prove ivi ammesse.
Il giudizio veniva istruito attraverso l’assunzione in qualità di teste di Messito Rita e all’nterrogatorio formale dell’ attore ( avendo parte attrice rinunciato agli altri testi indicati nonché all’interrogatorio formale del legale rapp.te della banca convenuta ), il Collegio autorizzava quindi le partì ai deposito di memorie illustrative e all’udienza del 6 giugno 2006, a seguito della discussione orale, riservava la decisione ai sensi dell’ari. 16 comma 5 pane seconda D. lgs. 5/2003,

MOTIVI DELLA DECISIONE
Innanzitutto va valutata l’ammissibilità della chiamata in causa del terzo
Campanelli Vincenzo.
A norma dell’art, 6 comma 2, lett. c) D. lgs. 5/2003 (come modificato dal D. lgs. 3 7/2004 ) nella memoria di replica da notificarsi nel termine fissato dal convenuto ai sensi del precedente art. 4, comma 2, l’attore può “a pena di decadenza dichiarare che intende chiamare un terzo ai sensi dell’art. 106 del c.p.c., se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto”.
La norma in esame, il cui contenuto ricalca l’art. 183, comma 4 c.p.c. applicabile al rito ordinario, oltre a porre uno sbarramento temporale alla facoltà dell’attore di chiamare un terzo in causa, pone un duplice limite quanto all’ammissibilità e cioè che sussista una delle ipotesi di cui all’ari. 106 c.p.c. ( e cioè che la causa sia comune al terzo ovvero che la parte intenda essere dal terzo garantita) e che una tale esigenza derivi dalle difese del convenuto.
Nella fattispecie, ad avviso del Collegio giudicante, non ricorreva alcuna delle condizioni di ammissibilità affinché l’attore potesse esercitare la facoltà di chiamata, in causa del terzo: in primo luogo, atteso il tenore delle domande rivolte dall’attore nei confronti del terzo — 5) Sempre in via principale, accertare e dichiarare la responsabilità personale extracontrattuale ex art 2043 c.c… 6) in ogni caso, condannare la banca convenuta ed il sig. Campanelli in solido, ciascuno per le proprie responsabilità, ...” - deve escludersi trattarsi di una ipotesi di litisconsorzio — nè necessario, né facoltativo - e tantomeno che si tratti di una ipotesi di chiamata in garanzia ( che al più avrebbe potuto essere avanzata dalla banca convenuta); in secondo luogo, le ragioni in punto di fatto e di diritto che hanno indotto l’attore alla chiamata in causa del funzionario della banca; risultano già puntualmente indicate nell’atto introduttivo del giudizio e pertanto non può sostenersi che l’esigenza della chiamata in causa sia derivata dalle difese della convenuta.
Per le ragioni che precedono, la chiamata in causa del Campanelli come operata dall’attore va dichiarata inammissibile con conseguente estromissione del terzo dal presente giudizio: in difetto di alcuna valutazione sul merito della domanda attorea nei confronti del terzo, sussistono giusti motivi di compensazione delle spese processuali fra le parti.
Nel merito la principale domanda attorea per come rivolta nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. è fondata e va pertanto accolta per quanto di ragione.
Va in primo luogo precisato che per le particolari caratteristiche del contratto in esame - contratto di negoziazione di obbligazioni “Dei Monte 2006” — meglio indicato nel fissato bollato in atti come “Del Monte2006 6,625% ISIN XS0128689105” per €16.000,00, intercorso tra Messito Emilio e la Banca Monte dei Paschi dì Siena s.p.a. — vanno applicate le previsioni di cui agli arti. 21 e ss. d. lgs n. 58/98 (Testo Unico della Finanza - TUF), le quali impongono precisi obblighi a carico della banca, il che rende assolutamente irrilevante la circostanza pur pacificamente emersa secondo la quale i titoli in esame consistevano in obbligazioni emesse su mercato estero, prive di Rating, acquistate su mercato secondario e pertanto rivolte ad investitori istituzionali ( circostanze che potrebbero semmai essere valutate alla stregua degli artt. 94 e ss. e 100 TUF).
Stabilisce il primo comma dell’art. 21 del decreto legislativo n° 58 del 1998 che nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono “comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza”. Nel caso in esame la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. non ha osservato tali canoni di condotta.
Grava in primo luogo sul proponente l’investimento, uno specifico obbligo di informazione circa le caratteristiche fondamentali del contratto ed in particolare è necessario che il risparmiatore abbia avuto adeguata informazione circa il tipo e le caratteristiche essenziali del prodotto.
Venendo al caso in esame, reputa il collegio che la società resistente ha violato i primari doveri di informazione stabiliti dal TUF.
Invero, secondo quanto ammesso dalla stessa banca convenuta, in occasione dell’acquisto delle obbligazioni in oggetto, la banca non consegnava all’attore né il foglio informativo sulle condizioni dei servizi, nè il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, nè la documentazione contenente le informazioni di cui all’art. 61 del Reg. Consob cit.
In assenza dei documenti innanzi richiamati ed alla stregua di quanto ammesso dalla convenuta e provato con i testi escussi, deve ritenersi accertato che la banca non abbia fornito all’attore le fondamentali informazioni relative, tra l’altro, a: 1) la natura giuridica della società emittente i titoli obbligazionari, il suo volume di affari, il suo capitale sociale, se esso fosse o meno interamente versato, ecc; 2) gli eventuali rapporti di collegamento e/o partecipazione societaria tra l’emittente i titoli in esame e l’intermediario finanziario (la banca), ed in particolare, gli eventuali rapporti di debito/credito e/o di finanziamento, tra tali soggetti; 3) la redditività media dei titoli negoziati.
Invero, soltanto informazioni di tale tenore avrebbero consentito all’attore una piena consapevolezza degli strumenti finanziari che si accingeva ad acquistare informazioni che, nondimeno, sono state, nella specie, del tutto omesse, o comunque non vi è prova - al cui assolvimento la banca doveva dirsi onerata, gravando su di essa dei precisi (art. 21 e ss. TUF) obblighi informativi - che siano state effettivamente fornite.
Per quanto attiene alla mancanza di correttezza questa emerge, in primo luogo, dalle modalità attraverso le quali il contratto in questione è stato proposto; secondo quanto riportato nell’ atto di citazione e comprovato dalla testimonianza. di Messito Rita e comunque sotto tale aspetto non contestato, l’attore si determinava all’acquisto dei titoli in oggetto, nel corso di un incontro con un funzionario della filiale di Brindisi della Banca del Salento — poi incorporata
nella Banca M.P.S. s.p.a. -, il quale prospettava l’acquisto delle obbligazioni de quibus, come un investimento sicuro da rischi quanto al capitale e con maggiore rendimento rispetto ai titoli di stato, pur se il proponente non era — secondo quanto prospettato dalla banca convenuta secondo la quale si trattava di titoli destinati ad essere acquistati sul mercato secondario e pertanto privi del “Rating”
— in possesso di frammentarie e non riscontrabili informazioni.
Tutto ciò, unitamente al fatto che al cliente non risulta essere stata sottoposta una rosa di differenti titoli aventi caratteristiche similari, ad avviso del collegio giudicante è indice di mancanza di correttezza, in quanto integra un comportamento che di fatto priva il cliente di quegli strumenti e del tempo necessari ad operare una scelta oculata e consapevole.
La banca, era inoltre tenuta a comportarsi con “trasparenza”, condotta che si specifica innanzitutto, come qualità del documento contrattuale che deve essere idoneo a porre l’utente in condizione di trarre dalla sua semplice consultazione gli elementi necessari per esprimere un consenso consapevole e, quindi, assumere una scelta negoziale responsabile.
L’imposizione ditale obbligo a carico dell’intermediario significa, in primo luogo, che i moduli presentati ai clienti bancari per la sottoscrizione devono essere redatti con chiarezza, al fine di consentire agli stessi una precisa e immediata rilevazione della portata e dei rischi dell’operazione.
Nella fattispecie, al contrario, al cliente veniva sottoposto un mero modulo prestampato denominato “transazione”, sul cui contenuto e sui cui rischi il cliente non era assolutamente informato.
Ora, riscontrate le violazioni innanzi evidenziate, va rilevato che questo Collegio ritiene di dover aderire a quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la normativa innanzi richiamata, essendo posta a tutela dell’ordine pubblico economico, consiste pertanto in norme imperative, alla cui violazione a norma p dell’art. 1418 c.c., segue il rimedio della nullità del contratto, anche a prescindere da un’espressa previsione in tal senso da parte delle singole disposizioni violate.
Questo principio è stato sancito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “...in presenza di un negozio contrario a norme imperative, la mancanza di un’espressa sanzione di nullità, non è rilevante ai fini della nullità dell’atto negoziate in conflitto con il divieto, in quanto vi sopperisce l’ari. 1418, comma 1, c.c., che rappresenta un principio generale rivolto a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione dei precetti i imperativi non si accompagna una previsione di nullità” (Cass. 7 marzo 2001 n. 3272).
Nello specifico campo dell’intermediazione finanziaria, va segnalato il precedente del Tribunale di Firenze “... Il principale scopo della regolamentazione nel campo del’‘intermediazione finanziaria è di assicurare l’affidabilità delle informazioni fornite al cliente, garantendo la sostanzialità e l’accuratezza dei consigli all’investimento da questi ricevuti. I sistemi regolamentati si preoccupano di mitigare lo svantaggio informativo sopportato da investitori non sofisticati nella fruizione dei servizi prestati dagli intermediari finanziari. L’acquirente di servizi finanziari confida implicitamente che i soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale stiano operando correttamente e professionalmente, cioè agiscano sulla base di un’expertise e di informazioni che a questi manca e non si avvantaggino di tale condizione. Le previsioni incentrate sulle clausole generali fanno sorgere alcune questioni. Innanzitutto i criteri di diligenza e correttezza su cui è incentrato il decreto legislativo richiamato evocano categorie civilistiche (cioè richiamano, rispettivamente, gli artt. 1176 e 1175). Gli interventi del legislatore successivi al recepimento della direttiva 93/22/Cee concorrono ad attribuire autonoma e specifica rilevanza alla previsione contenuta nell’art. 21 del decreto legislativo n° 58 del 1998.
Infatti, se nei contesto della legge del .1991 gli obblighi di diligenza e correttezza 3” risultavano espressamente finalizzati alla “cura dell’interesse del cliente” con l’art 21, tali obblighi sono imposti “nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati”. Ne consegue che correttezza e diligenza, di cui alla disciplina dei servizi di investimento, esprimono concetti più ampi di quelli sottesi alle norme codicisti che, temperando non soltanto nel quadro di un rapporto obbligatorio con l’investitore per la tutela del soddisfacimento del suo interesse, ma anche più in generale ( e in via di principio) in relazione allo svolgimento dell’attività economica come canone di condotta volto a realizzare una leale competizione e a garantire l’integrità del mercato”. Tutto ciò rende evidente l’esistenza, nella materia dell’intermediazione finanziaria, di interessi anche di carattere generale che rendono inderogabili le regole di comportamento Pertanto, un contratto di investimento, concluso senza l’osservanza delle regole di condotta dettate dalla normativa richiamata, deve essere dichiarato nullo, perché contrario all’esigenza di trasparenza dei servizi finanziari che è esigenza di ordine pubblico...” (Trib. Firenze, est. Pezzatì, del 19/4/2005, in materia di contratto denominato “MV WAY”; nello stesso senso Tribunale di Palermo, est. Maisano del 16/3/2005, in materia dì obbligazioni “Cirio del Monte’ ).
Ne consegue, in accoglimento della specifica censura di parte ricorrente, la dichiarazione di nullità del contratto in esame, stante la sua contrarietà alle norme imperative (art. 21 TUF, in relazione agli artt. 1418 c.c.) di legge.
Naturalmente, la nullità del contratto determina, in applicazione delle norme sull’indebito oggettivo (art. 2033 e SS. c.c.), la condanna della banca alla restituzione della somma versata dai ricorrenti in esecuzione del contratto in esame - con diritto a rientrare in possesso dei titoli - al netto degli interessi maturati ed effettivamente corrisposti. Pertanto, la predetta resistente deve essere condannata al pagamento, in favore dei ricorrenti, per la detta causale, della somma lorda di € 16.000,00 da cui andrà detratto l’importo eventualmente percepito dal cliente a titolo di interessi in occasione della scadenza delle singole cedole.
Quanto alla decorrenza degli interessi legali sulla somma da restituire, rileva il collegio giudicante che non sono emersi nel presente giudizio elementi tali da escludere la buona fede iniziale del convenuto (buona fede che, come è noto, si presume - art. 1147 c.c.). Per tale ragione, in ossequio al disposto dell’art. 2033 c.c., gli interessi legali sulla somma da restituire devono essere computati dalla data di notifica dell’atto di citazione - e conseguente dies a quo di decorrenza della mora - al soddisfo.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale di Brindisi in composizione collegiale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Messito Emilio, con atto di citazione notificato a mezzo posta il 23/30 dicembre 2004, nei confronti di Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., in persona del legale rapp.te, nonché sulla domanda proposta dal medesimo attore con atto di citazione notificato a mezzo posta il 13/15 aprile 2005 nei confronti del terzo chiamato Campanelli Vincenzo, disattesa ogni diversa o contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

1) dichiara la inammissibilità dell’atto di chiamata in causa del terzo Messito Emilio e ne dispone l’estromissione dal giudizio con integrale compensazione delle spese processuali;
2) Dichiara la nullità del contratto di negoziazione delle obbligazioni “Del Monte 2006 6,625% ISIN XS0128689105” intercorso fra Messito Emilio e la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., e per l’effetto condanna la banca convenuta al pagamento in favore dell’attore, della somma di € 16000,00 — salva la detrazione di eventuali interessi maturati ed effettivamente corrisposti - oltre gli interessi legali dal 30/12/2004;
3)In parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, ordina a Messito Emilio la restituzione dei titoli alla Banca MPS S.p.A.;
4) Condanna, la banca convenuta al pagamento in favore dell’attore, delle spese processuali, che si liquidano in complessivi € 2.201,16 di cui € 201,16 per esborsi ed € 2.000,00 per diritti ed onorari, oltre spese generali, CAP e IVA;
5) dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva come per legge. Così deciso nella camera di consiglio del Tribunale di Brindisi il 21luglio 2006,
Il GIUDICE ESTENSORE
Dott. Francesco GILIBERTI

Il PRESIDENTE
Dott. Vincenzo FEDELE

Depositato in cancelleria,il 18 agosto 2006
Il CANCELLIERE
Giovanni GUADALUPI


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