Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2005

VII


SENTENZA N. 1245/ 2005

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il dott. Renato Fasano Giudice Onorario Aggregato della Seconda Sezione Stralcio del Tribunale di Lecce in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente

SENTENZA


Nella causa civile iscritta al n. 1471/ 95 del ruolo generale del Tribunale di Lecce, avente ad oggetto nullità contratto, promossa

DA


PI.EMME., rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Tanza

ATTRICE


CONTRO


UNICREDIT BANCA SPA (già Credito Romagnolo e Rolo Banca 1473 spa), rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Lino Spedicato;

CONVENUTO




**************************

CONCLUSIONI


Per l’attore:

• Dichiarare, la nullità, ed in via subordinata l’annullamento, del contratto di apertura di credito in conto corrente stipulato tra il Credito Romagnolo spa e la Pi.Emme. srl e di conseguenza dichiarare l’invalidità di ogni obbligazione accessoria ad esso connessa ed in particolar modo della fideiussione rilasciata dal Sig. Corsini Rodolfo;

• Determinare a mezzo CTU , che sin d’ora si invoca, il Costo Effettivo Annuo dell’impugnato rapporto bancario ed in virtù dell’invalidità delle convenzioni contrattuali RICALCOLARE l’ammontare- dell’eventuale somma dovuta alla banca sulla base dell’intera documentazione (dalla formalizzazione negoziale ad oggi).

• Condannare la Banca al pagamento delle spese e competenze di giudizio a favore del sottoscritto procuratore anticipatario.

Per il convenuto:

• Dichiarare infondata in fatto ed in diritto la domanda attorea epperò rigettarla e, in accoglimento della spiegata domanda riconvenzionale, condannare la Piemme srl, in persona del suo legale rappresentante, in carica in favore della Rolo Banca 1473 spa. della somma di £. 40.172.342, oltre interessi al tasso del 20.250% dal primo aprile 1995 al saldo, c.m.s., spese, con capitalizzazione trimestrale, nonché al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio;

• Condannare la Piemme al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.;

• Condannare la convenuta la pagamento delle spese e competenze di lite.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto di citazione del 6 marzo 1995, notificato 1114 marzo 1995, la Piemme srl conveniva in giudizio innanzi all’On.le Tribunale di Lecce, il Credito Romagnolo spa, per sentir accogliere nei suoi confronti le conclusioni di cui in epigrafe.

All’udienza di prima comparizione si costituiva l’istituto di Credito convenuto, il quale impugnando e disconoscendo tutto quanto l’ex adverso dedotto, chiedeva l’accoglimento delle proprie spiegate conclusioni.

La causa dopo alcuni rinvii, veniva assegnata alla Seconda Sezione Stralcio del Tribunale di Lecce, ex L. 276/97, ove su dichiarazione di estinzione per incorporazione della convenuta, effettuata dal difensore della stessa, il GOA dichiarava interrotto il presente giudizio.

Riassunto il giudizio da parte dell’attrice, si costituiva l’Unicredit Banca spa, il quale riportandosi a tutte le difese già espletate, chiedeva in via preliminare che il giudizio fosse dichiarato estinto e accogliersi le conclusioni già formulate dal Credito Romagnolo spa.

Con propria ordinanza del 20 ottobre 2003, il GOA rigettava l’eccezione di estinzione del giudizio così come formulata dal convenuto Unicredit spa, ammettendo la CTU richiesta da controparte.

Espletata la CTU, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni e successivamente per la discussione ed infine trattenuta per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE


La domanda attorea appare fondata e và pertanto accolta.

In via preliminare devesi ritenere l’eccezione di estinzione del giudizio, sollevata dalla difesa della convenuta, infondata, atteso che la giurisprudenza più che pacifica della S.C. ha precisato che il termine semestrale di cui all’art. 305, cpc. devesi ritenere rispettato dalla parte, con il solo deposito dell’istanza di riassunzione, a nulla rilevando che la notifica della relativa istanza e del pedissequo decreto avvenga in un momento successivo a quello stabilito dal giudice avendo quest’ultimo carattere ordinatorio.

E’ stato altresì precisato che l’inosservanza del temine originario, non tempestivamente prorogato, produce lo stesso effetto preclusivo determinato dal mancato rispetto del termine perentorio, ma solo nel caso di mancata notificazione, ovvero allorquando vi sia stata omissione totale della notificazione, e non quando se pur errata o viziata essa sia stata effettuata nei termini stabiliti dal giudice (Cass. 2.02.95, n. 1242, RFI, 1995, voce Contumacia civile- Cass. 8.02.2000, n. 1364).

Premesso quanto innanzi, risulta evidente che l’attrice ha depositato la propria istanza di riassunzione il 12 dicembre 2002, ovvero nel termine perentorio di sei mesi stabilito dall’ad. 305 cpc, che nel termine stabilito dal giudice (15 gennaio 2003) ebbe ad effettuare la prima notificazione, avvenuta il 10 gennaio 2093, del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza. Detta notifica seppur errata, ha impedito da un lato che il giudizio si estinguesse e contemporaneamente dall’altro ha legittimato la parte alla richiesta di un ulteriore termine per la rinotifica. Richiesta che la parte attrice ebbe ad effettuare entro il termine semestrale di riassunzione del giudizio ovvero all’udienza del 17 marzo 2003, quando ancora i sei mesi di cui all’ad. 305 cpc, non erano trascorsi.

Và ancora osservato, in via preliminare, che le eccezioni sollevate dalla parte attrice sul Contenuto del contratto di Conto Corrente, non possono essere ritenute domanda nuova riSpetto al capo della medesima domanda di nullità dell’intero rapporto,così come eccepito dalla convenuta, atteso che l’attrice se nel primo capo delle conclusioni ha chiesto la declaratoria di nullità ed in subordine l’annullabilità del contratto di apertura di credito, nel secondo ha chiesto la rideterminazione del credito vantato dalla convenuta nei suoi confronti per la “nullità delle relative clausole”.

Nel merito, la giurisprudenza della Suprema Corte ha ormai da più tempo, con pronunce univoche e consolidate, ha precisato che la clausola relativa alla determinazione degli interessi da applicarsi al rapporto, mediante riferimento ai co “usi di piazza”, ovvero alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, sono nulle ed inefficaci per la violazione degli art. 1284 3° co., 1346 e 1418 2° co.. Infatti detta previsione non consente per la sua genericità di stabilire con un criterio univoco ed oggettivo, a quale previsione le parti abbiano inteso concretamente riferirsi, attese le diverse tipologie di tassi appunto applicate dalle banche. Néppure l’eventuale presenza di accordi interbancari, diretti a fissare i tassi di interesse attivi e passivi in modo vincolante in ambito nazionale può essere sufficiente a legittimare il rinvio ai cosiddetti “usi piazza”, atteso che detti accordi “debbono ritenersi nulli in violazione dell’art. 2 L. 19 ottobre 1990, n. 287 applicabile nei confronti delle aziende ed istituti di credito ai sensi del successivo art. 20, che vieta le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire restringere o falsare in maniera consistente la concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ricomprendendo espressamente tra tali intese quelle che detto risultato perseguano o determinino attraverso attività consistenti nel fissare, direttamente o indirettamente, prezzi di acquisto o di vendita dei rispettivi prodotti (Cass. Civ. Sez. I, 28 marzo 2002, n. 4490)”.

Nel caso di specie pertanto, la previsione di cui all’art.7 del contratto dì apertura di conto corrente intervenuto tra le parti in causa il 18 gennaio 1991, deve ritenersi nulla ed inefficace ed in mancanza di espressa altra convenzione sulla determinazione del tasso da applicarsi, nel contratto di specie và applicato il tasso legale.

D’altra parte non và sottaciuto che la S.C. ha statuito, con propria sentenza del 20 ottobre 2003, n. 15643, che per la costituzione dell’obbligo di pagare interessi in misura superiore a quella legale è necessaria la forma scritta “ad substantiam” e perciò è a tal fine inidonea una ricognizione del debito, atto successivo alla costituzione di detto obbligo e negozialmente .astratto.

7 Superfluo è poi, rilevare come nel caso di specie manchi ogni convenzione scritta valida che statuisca la corresponsione di interessi ultralegali.

La Suprema Corte, con una serie di recenti pronunce ha altresì escluso l’applicazione del cosiddetto “anatocismo” ovvero l’applicazione nei contratti di credito bancari della capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, atteso che detta capitalizzazione trimestrale è nulla in quanto basata su di un uso negoziale e non su di un uso normativo come richiesto dall’art. 1283 c.c..

Come ormai noto, l’uso normativo perché tale possa essere considerato, richiede il requisito oggettivo della uniforme e costante ripetizione di un dato comportamento e quello soggettivo della consapevolezza di prestare osservanza in tal modo ad una norma giuridica in modo che venga a configurarsi una norma avente i caratteri della generalità ed astrattezza (Cass. Civ. Sez. I, I febbraio 2002, n. 1281- Cass. Civ. Sez. I, 28 marzo 2002, n. 4490).

Le sopra rilevate nullità, quella relativa alla applicazione di tassi ultralegali e dell’anatocismo, comportano altresì il rilievo che nessuna capitalizzazione è ammissibile ex ante, atteso che la nullità della clausola determina come conseguenza diretta, la nullità di qualsiasi applicazione della capitalizzazione operata dalla banca con esclusione altresì della capitalizzazione annuale ovvero del cosiddetto anatocismo equitativo. Nessuna capitalizzazione può e deve essere riconosciuta alla banca, stante la insussistenza nel nostro ordinamento di una norma che consenta la sostituzione della pattuizione dichiarata nulla con altra che consenta la capitalizzazione annuale. Affermata la nullità della clausola anatocistica trimestrale, ne deriva che nessuna altra possibilità di inserzione automatica di clausole prevedenti capitalizzazioni di diversa periodicità possano trovare applicazione, atteso che l’anatocismo è permesso dalla legge ma solo a determinate condizioni e in mancanza di valida pattuizione tra le parti, esso rimane estraneo al rapporto.

D’altra parte non è applicabile l’art. 1284 c.c. che prevede l’anno solare come metro per la misurazione del saggio degli interessi legali, in considerazione che misurare gli interessi 1egali è cosa del tutto diversa da quella di capitalizzare detti interessi.

In merito alla rilevata nullità della clausola anatocistica, và altresì precisato che trattandosi essa di nullità assoluta ai sensi dell’art. 1418 c.c., per contrasto con l’art. 1283 c.c., essa può essere rilevata d’ufficio in qualsiasi grado e stato del giudizio.

In conseguenza di quanto innanzi, il calcolo degli interessi dovuti dall’attrice alla Banca deve essere effettuato con il calcolo dell’interesse semplice senza possibilità alcuna di capitalizzazione.

Và poi considerato che il divieto dell’anatocismo incide altresì anche sulle Commissioni di Massimo Scoperto e delle spese per la tenuta del conto, che altro non sono che un meccanismo di aggravio non pattuito di interessi corrispettivi rispetto a quelli convenzionalmente pattuiti. La previsione della CMS e delle spese, và ritenuta nulla per indeterminatezza dell’oggetto ex ad. 1346 cc, essendo necessario che le parti ne specifichino modalità ed oggetto senza rimandi generici ad usi di piazza o ad accordi con il cliente mai intervenuti.

Tanto è facilmente rilevabile nel contratto di C/C sottoscritto dall’attrice, laddove all’ad. 7 si legge che “le operazioni di accredito e di addebito vengono regolate secondo i criteri concordati con il correntista o usualmente praticati dalla banca sulla piazza con le valute indicate nel documento contabile”. Clausola affetta da nullità per indeterminatezza dell’oggetto, come innanzi rilevato (Trib. Lecce 5 aprile 2005- Trib. Torino 23 luglio 2003).

Miglior sorte non possono avere altresì gli addebiti operati dalla banca sul conto corrente del dell’attrice per i c.d. giorni valuta.

Detti addebiti infatti, debbono essere convenzionalmente sottoscritti dalle parti così come impone l’ad. 1284, Co. 3 c.c., atteso che dette pattuizioni si risolvono in una modifica del saggio di interesse applicato sui saldi attivi e passivi, ovvero un espediente usato dalle banche per allungare fittiziamente i giorni solari del prestito al cliente, così come fù per la prima volta accertato e dichiarato dal Tribunale di Milano con la nota sentenza del 22 marzo 1993 (Vidusso-Credito Lombardo) e recentemente dalla Cass. Civ. Sez. I, n. 10127, del 14.05.05.

Previsione che non è dato riscontrare nel contratto di CIC intervenuto tra le parti in causa, anche detta voce deve essere estromessa dal calcolo per la determinazione del reale debito dell’attrice nei confronti della banca convenuta.

Dopo quanto innanzi, occorre precisare che i risultati cui perviene il CTU, seppur corretti nel metodo e nel calcolo, devono però essere valutati al netto delle competenze che la Banca ha inserito nel C/C, ovvero al netto delle spese, della CMS e dei giorni valuta, sicché la cifra che deve essere presa in considerazione quale saldo della chiusura del C/C non è quello determinato dal CTU in £. 5.597.777, a debito, ma quella di £. 3.756.125 a credito del correntista, così come si evince dalla stessa relazione del CTU a pagina 20. Detta somma infatti, risulta determinata senza il conteggio degli interessi, delle spese, delle CMS e con il calcolo effettivo delle operazioni bancarie di versamento e prelievo.

Se pertanto il saldo del C/C n. 3231 risulta essere a credito dell’attrice, la relativa somma dovrà essere corrisposta dalla Banca convenuta con l’aggravio degli interessi legali dalla data della domanda a quella dell’effettivo soddisfo. Tuttavia poiché la parte attrice non ha richiesto la condanna della banca convenuta, tanto non può essere oggetto della presente decisione.

Quanto alle spese di lite, così come liquidate in dispositivo, esse seguono il criterio della soccombenza e devono essere poste a carico della parte convenuta.

P.Q.M.


Il Giudice Onorario Aggregato della Seconda Sezione Stralcio del Tribunale di Lecce, dott. Renato Fasano, in funzione di Giudice Unico, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dalla PI.EMME srl, con atto di citazione del 6 marzo 1995, notificato l’otto marzo 1995 nei confronti della Banca Unicredit Banca spa, la accoglie e così provvede:

• Dichiara nulle le clausole del contratto di conto corrente n. 3231, intervenuto tra le parti, che prevedono l’applicazione di interessi ultralegali, della CMS e dei gg. valuta nonchè delle spese non preventivamente convenute.

• Dichiara la banca convenuta debitrice società ’attrice della somma di vecchie lire 3756 125, cosi come determinata dal CTU nella sua relazione a pag. 20: oltre gli interessi legali dalla domanda al soddisfo,

• Rigetta la riconvenzione spiegata dalla convenuta. Perché infondata in fatto ed in diritto;

•Condanna la Banca convenuta oggi Unicredit Banca Spa, alla refusione delle spese di lite in favore dell’attrice e per essa al suo procuratore avv. A. Tanza, che ha reso la dichiarazione di rito, che si liquidano in complessivi €. 4.340,00, di cui € 230,00 per spese, €. 1.650,00 per diritti, €. 2.460,00 per onorari, oltre rimborso ex art.15 T.P. , IVA e CAP come per legge;

• Dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva “ ex legge”

Così deciso in Lecce, il 2 maggio 2005

Depositato in Cancelleria, il 29 giugno 2005

IL GIUDICE

DOTT. RENATO FASANO

VIII


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI VITERBO
SEZIONE CIVILE

in persona del dott. Michele Romano, ha pronunciato la seguente

SENTENZA (n. 785/05)

nella causa civile iscritta al n. 3077 deI ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2001, trattenuta in decisione all'udienza del 18/4/2005, avente ad oggetto l'opposizione al decreto ingiuntivo n. 359 deI 2001 emesso da questo Tribunale
promossa da
RESCH ALESSANDRO, nato a Treviso il 10.4.1965, elettivamente domiciliato in Viterbo, via Genova 38, presso lo studio dell'avv. Eugenia Matarazzo, che assieme all'avv. Antonio Tanza del Foro di Lecce lo rappresenta e difende per delega a margine dell'atto di citazione;
OPPONENTE
nei confronti di
CARIVIT S. P.A. in persona della Intesa Gestione crediti s.p.a, in virtù di procura conferita con atto in data 16.12.99 autenticata dal notaio Lanzillotti di Cosenza rep. n. 46913, a sua volta rappresentata da Nicolangelo Selvaggi in virtù di procura del 4.12.2000 rep. 49373 del notaio Lanzillotti di Cosenza, elettivamente domiciliata in Viterbo, via Sabotino 18, presso l'avv. Marco Prosperoni, che la rappresenta e difende per procura a margine del ricorso per decreto ingiuntivo
OPPOSTA
CONCLUSIONI
I difensori delle parti così concludevano:
per l'opponente: 'Voglia l'On.le Tribunale adito, respinta ogni altra istanza, in accoglimento dei motivi su esposti: in via preliminare 1) accertare e dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo opposto per violazione de!l'art. 50 D.Lgs. I settembre 1993 n. 385, per i motivi riferiti nella premessa narrativa e, per l'effetto. revocare il medesimo con tutte le conseguenze di legge; in via principale, 2) …. 3) accertare e dichiarare la inefficacia, ai sensi e per gli effetti dell'art. 118 D.Lgs. 01 n. 385, delle variazioni dell'interesse ultralegale, delle provvigioni di massimo scoperto, delle commissioni, delle spese, e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese nell'ambito del rapporto di apertura di credito con affidamento sul c/c n. 10063610-5; 4) accertare e dichiarare la nullità ed inefficacia, per violazione degli artt. 1283, 2697 e 1418 c.c., dell'art. 7, commi 2 e 3, delle condizioni generali del contratto apertura di credito e di conto corrente n. 10063610-5, relativa alla capitalizzazione trimestrale di interessi, competenze, spese ed oneri applicata nel corso dell'intero rapporto e, per l'effetto, dichiarare la inefficacia di ogni e qualsiasi capitalizzazione di interessi al rapporto in esame; 5) determinare il Tasso Effettivo Globale (TEG) dell'indicato rapporto bancario; 6) accertare e dichiarare, previo accertamento del tasso Effettivo Globale, la nullità e l'inefficacia di ogni e qualsivoglia pretesa della convenuta banca per interessi, spese, commissioni e competenze, applicate nel corso del rapporto di apercredito rapporto di apertura di credito con affidamento su c/c n. 10063610-5, perché eccedente il tasso soglia nel periodo trimestrale di riferimento, con l'effetto, ai sensi degli art. 1339 e 1419 cc., della applicazione del tasso legale senza capitalizzazione; 7) accertare e dichiarare, per l'effetto, l'esatto dare-avere tra le parti del rapporto di apercredito con affidamento sul c n. 10063610-5 sulla base della riclassificazione contabile del medesimo in regime di tasso legale, senza ricapitalizzazione, in ipotesi di accertata eccedenza dal Tasso Effettivo Globale del tasso di soglia rilevato, ai sensi della Legge 7 marzo 1996 n. 108, nel periodo trimestrale di riferimento; 8) accertare e dichiarare, per l'effetto, che non è dovuta la somma di cui al decreto ingiuntivo opposto e revocare il medesimo con tutte le conseguenze di legge, 9) dichiarare l'invalidità di ogni altra obbligazione connessa all'impugnato rapporto bancario; in via riconvenzionale, 10) condannare la convenuta banca alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e riscosse in relazione a ciascuno degli impugnati rapporti, oltre agli interessi legali creditori in favore dell'odierno istante; 11) ….; 12) ….; 13) in ogni caso, condannare la parte soccombente al pagamento delle spese e competenze di giudizio con distrazione in favore dei sottoscritti procuratori antistatari.";
per la opposta: "Piaccia all'Ill.mo Giudice adito, ogni contraria istanza rigettata, respingere l'avversa opposizione e confermare il decreto ingiuntivo di pagamento n. 359/01 emesso il 7/4/01 dal Tribunale di Viterbo. In subordine, piaccia condannare il sig. Resch Alessandro al pagamento in favore della Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo s.p.a. della diversa somma di cui il medesimo dovesse risultare debitore a seguito di nuova determinazione del credito per i titoli dedotti in causa sia per sorte capitale che per spese ed interessi di mora al tasso del Prime Rate Carivit maturati e maturandi dalle scadenze sino al saldo. In ogni caso piaccia altresì rigettare le domande riconvenzionali spiegate dall'opponente in quanto infondate in fatto e diritto. Con condanna dell'opponente al pagamento delle spese, competenze e onorari della fase monitoria e di quella di opposizione.".
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(omissis)
MOTIVI DELLA DECISIONE
La eccezione con la quale l'opponente ha lamentato che il decreto ingiuntivo è stato emesso sulla base di un mero saldaconto e non di un estratto conto è fondata.
I documenti prodotti dalla banca a dimostrazione del credito da essa vantato al fine di ottenere il decreto ingiuntivo non sono estratti conto, in quanto in essi viene menzionata solo la entità del debito relativo ai due diversi rapporti esclusivamente in relazione alla data del 29.1.2001, senza indicazione dei movimenti intervenuti in un periodo di tempo più ampio; essi sono meri saldaconti, come tali inidoei. In quanto provenienti dallo stesso creditore, a valere come prova del credito. La norma di cui all'art. 50 d lgs a 385 del 1993 è norma eccezionale, non applicabile analogicamente. Avendo la banca prodotto due saldaconti e non due estratti conto, come invece richiesto dalla citata disposizione. il decreto ingiuntivo risulta essere stato emesso in assenza delle condizioni di legge.
L'insussistenza delle condizioni che legittimano la emissione del decreto ingiuntivo può incidere sulla regolamentazione delle spese della fase monitoria, ma questo giudice non può limitarsi dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo ma deve spingersi a verificare la fondatezza della d proposta dalla banca con la notifica del decreto stesso.
……………………………
La banca ha prodotto il contratto, stipulato nel 1998, dal quale risulta la espressa indicazione dei tassi di interesse.
Il contratto (art. 16 condizioni generali) prevede la facoltà della banca di modificare unilateralmente i tassi di interesse e le altre condizioni del rapporto.
La facoltà della banca di modificare i tassi e le condizioni contrattuali è disciplinata dall'art. 118 d. lgs n, 38 del 1993, il quale subordina la efficacia delle modifiche sfavorevoli al cliente alla previa loro comunicazione a quest'ultimo La opponente ha contestato che tale comunicazione sia mai avvenuta durante il rapporto contrattuale e la banca non ha fornito la prova che tale comunicazione sia mai avvenuta.
Ne consegue che non deve tenersi conto delle modifiche dei tassi di interesse e delle altre condizioni contrattuali intervenute nel corso del rapporto in senso sfavorevole al correntista.
In relazione al rapporto di conto cor:ente è stata lamentata anche la capitalizzazione trimestrale degli interessi.
Le clausole di un contratto bancario. che preveda la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, hanno fonte nelle c.d norme bancarie uniformi, le quali non costituiscono un uso normativo, ma un uso negoziale e quindi non danno luogo al fenomeno della inserzione automatica del contratto ai sensi dell'art. 1374 c/c., né consentono di derogare al divieto dell'anatocismo ai sensi dell'art. 1283 c/c. (Cass. 844202: Cass. 449002: Cass. 12507 Cass. 3096 Ne consegue che le clausole suddette sono nulle per violazione dell'art. 1283 c/c e la nullità può essere rilevata d'ufficio dal giudice ai sensi dell'art. 1421 c/c..
E' fondata anche la eccezione dell'opponente relativa alla illegittima applicazione della commissione di massimo scoperto.
L'opponente ha contestato la debenza della commissione di massimo scoperto, non essendo essa stata prevista nel contratto di conto corrente.
La eccezione appare fondata in quanto nei contratto di conto corrente non era stata espressamente prevista la commissione di massimo scoperto e neppure era stata fissata la sua entità.
Neppure risulta che sia avvenuta la pubblicità prevista dall'art. 117, comma settimo, lettera b del d.lgs. n. 3S deI 1993, cosicché può concludersi che le commissioni di massimo scoperto non sono dovute.
il CTU ha ricalcolato il debito dell'opponente applicando il tasso di interesse convenzionale e la capitalizzazione annuale ed escludendo le commissioni di massimo scoperto: dai calcoli effettuati dal CTU emerge che il debito dell'opponente relativo al rapporto di conto corrente era pari alla data del 22.3.2001 ad euro 845.81.
……………………………
Non rileva la eventuale non contestazione degli estratti conto inviati dalla banca, in quanto la nullità delle clausole non e sanata dalla approvazione degli estratti conto ai sensi del 1832 c.c. (Cass 01
…………………..
P Q.M
definitivamente pronunziando. ogni diversa domanda eccezione e deduzione respinte, così decide:
1) dichiara la nullità del decreto ingiuntivo n. 3592001 emesso da questo Tribunale;
2) ……………………………………………..;
3) ………………………………………………;
4) dichiara la inefficacia dell'interesse ultralegale in pregiudizio dell'opponente attuate dall'opposta in relazione ai rapporto di conto corrente;
5) dichiara la nullità delle c del contratto di conto corrente che prevedevano la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito del correntista;
6) ……………………………………………….;
7) ……………………………………………….;
8) ……………………………………………….;
9) compensa integralmente tra le parti le spese processuali.
Così deciso in Viterbo il 19 settembre 2005
Depositato in cancelleria il 28 settembre 2005
Il Giudice
Dott. Michele ROMANO


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